Fringe benefit e bonus aziendali, i chiarimenti dell’Inps

L'Istituto di previdenza ha fornito indicazioni sulle misure di welfare aziendale spiegando quando non concorrono alla formazione della retribuzione imponibile

L’Inps fa il riepilogo di tutte le disposizioni e le modifiche in materia di bonus aziendali, a partire da dall’ultimo intervento nel Decreto Lavoro che alza per il 2023 la soglia dei fringe benefit per i dipendenti con figli a 3mila euro. Ma sottolinea allo stesso tempo la necessità del rispetto di determinati requisiti affinché i premi non concorrano alla formazione del reddito.

Fringe benefit, la circolare Inps

Con la circolare n. 49 del 31 maggio, l’Istituto fa il punto sul quadro normativo delle misure di welfare aziendale riconosciute dal datore di lavoratore ai dipendenti con prestazioni, opere, servizi e i premi di risultato eventualmente convertiti, tutte indivudate nel Tuir, il Testo unico delle imposte sui redditi.

Nei cosiddetti ‘fringe benefit’ risultano le integrazioni al reddito dei lavoratori, anche sotto forma di rimborso spese, che al di sotto della soglia di 258,23 euro, o di 3mila per coloro che hanno figli ma solo per il 2023, non determinano parte della retribuzione imponibile.

Come ricorda l’Inps, questo criterio è valido sia che il datore di lavoro decida di erogare i bonus volontariamente sia che vengano previsti dalla contrattazione collettiva, a livello nazionale o territoriale.

Nel caso in cui si tratti di benefit corrisposti spontaneamente dal datore di lavoro potranno però essere dedotti attraverso il regime fiscale del cinque per mille. Mentre se sono misure di welfare previste dal contratto, i costi sono del tutto deducibili.

Nel corso del 2023 è inoltre, possibile ricevere dall’azienda buoni carburante per un ammontare pari a 200 euro, senza che questi siano considerati reddito da lavoro dipendente, in aggiunta ai 258,23 euro previsti di base (qui per sapere quante tasse devono pagare i lavoratori dipendenti sui fringe benefit).

In generale, non concorreranno alla formazione della retribuzione imponibile se sono destinati a tutti i dipendenti o a un gruppo omogeneo di questi, “a prescindere dalla circostanza che in concreto soltanto alcuni di essi ne usufruiscano” come precisato dall’Inps.

Se invece i benefit sono diretti soltanto ad alcuni lavoratori, concorreranno alla formazione del reddito da lavoro dipendente.

Cosa comprendono i fringe benefit

Lo scorso anno la soglia dei cosiddetti fringe benefit era stata alzata a 3mila euro nel Dl Aiuti quater, come avevamo spiegato qui, dopo essere già elevata a 600 euro, rispetto agli ordinari 258,23 euro, nel Dl Aiuti bis, con il quale erano state aumentate anche le voci ammesse all’agevolazione, tra cui le bollette.

Come abbiamo spiegato in questo approfondimento di QuiFinanza, i cosiddetti ‘fringe benefit’ rappresentano dei benefici accessori alla retribuzione, in forma di bonus erogati attraverso un determinato bene o un particolare servizio, e non sono necessariamente dei corrispettivi in denaro (qui avevamo spiegato cosa sono i fringe benefit e perché piacciono).

A stabilire direttamente come debbano essere trattati fiscalmente questi premi concessi dalle imprese è l’articolo 52 del DPR n. 917/86. Gli strumenti di welfare aziendale che i datori di lavoro possono prevedere nella contrattazione, vanno dai buoni spesa ai buoni benzina, e possono includere:

  • auto aziendale;
  • telefono cellulare, computer e tablet aziendali;
  • corsi di aggiornamento professionale;
  • prestiti agevolati;
  • servizio di mensa aziendale;
  • buoni pasto e buoni regalo;
  • rimborsi per spese sostenute dal dipendente;
  • polizze di previdenza complementare;
  • case in locazione;
  • sconti e convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ecc.;
  • borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli dei dipendenti;
  • stock options.