Scoppia la contestazione contro il Governo da parte degli expat, rientrati in Italia con la promessa di una fiscalità agevolata e che adesso si sentono ingannati a causa della riduzione dello sconto sulle tasse per chi ritorna dall’estero. La diminuzione degli incentivi per il rimpatrio di migliaia di italiani è stata disposta con il decreto legislativo sulla fiscalità internazionale di attuazione della legge delega e va nella direzione di una stretta sulle condizioni fiscali del “regime degli impatriati”.
La stretta sull’agevolazione per i rimpatriati
Non si tratta necessariamente di “fuga di cervelli”, ma di un fenomeno migratorio consolidato di anno in anno dagli italiani, provenienti soprattutto dal Sud, che si trasferiscono all’estero dove trovano condizioni di vita e stipendi migliori.
Secondo i dati Eurostat, gli italiani tra i 20 e 39 anni andati a vivere all’Estero tra il 2013 e il 2023 sono circa 1,3 milioni, un flusso che stando a uno studio del forum economico ‘Fondazione Nord-Est’ “è paragonabile a quello degli anni 50”, con la differenza che in quest’epoca è costituito per il 30% da persone laureate.
Dall’indagine di un altro think-thank, il ‘The European House-Ambrosetti’, risulta come tra i 337mila, con più di 25 e meno di 34 anni, che hanno deciso di andare a vivere all’estero, oltre 120mila (il 35,6%) abbiano una laurea, mentre tra il 2013 e il 2021 sono stati 94mila le persone della stessa fascia di età che sono rimpatriati, di questi il 43,6% ha completato il percorso di studi universitario, circa 41mila (qui per sapere quali sono le città italiane e europee dove i neolaureati guadagnano di più).
La petizione
Il gruppo WhatsApp ‘Rientro Italia’ conta più di duemila giovani expat, tra donne, uomini, coppie, single, avvocati, informatici, impiegati e lavoratori del campo della ristorazione coinvolti nella decisione del Governo Meloni di ridimensionare le agevolazioni fiscali in vigore fino ad oggi per incentivare il rientro degli expat nel nostro Paese.
I partecipanti di questa chat hanno lanciato una petizione online per chiedere che Governo e Parlamento di rivedere una norma “che danneggia il Paese e ne mina la credibilità” e, si legge, “crea di fatto una nuova categoria di ‘esodati’: chi si è stabilito in Italia, dando dimissioni e accendendo mutui, o sta per farlo, rimarrebbe senza diritto agli incentivi, con un effetto retroattivo in violazione di elementari principi di certezza del diritto e ragionevolezza”.
Alla base della protesta ci sono altre ragioni, spiegano, come “l’assenza di un regime transitorio, la rimozione degli incentivi legati alla natalità e al trasferimento al Sud, l’obbligo di cambiare datore di lavoro, una riduzione dell’importo dei benefici. Le modifiche proposte costringeranno molti a emigrare nuovamente o a non rientrare mai in Italia, perdendo così la possibilità di veder tornare un’ingente quantità di capitale umano su cui il Paese ha investito anni di formazione” (qui per conoscere tutte le misure della Manovra 2024).
La norma
Secondo quanto prevede il provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri, a partire dal periodo d’imposta 2024 la deduzione Irpef potrà essere applicata al 50% del reddito imponibile, non più al 70%, e soltanto entro la soglia reddituale massima di 600mila euro (qui per sapere cosa cambia con la nuova Irpef).
Il regime agevolato sarà dedicato a chi ha mantenuto per tre anni la residenza fiscale all’estero e ed è rimasto in Italia per i cinque anni successivi al rientro. Inoltre riguarderà solo i lavoratori ad alta qualificazione o specializzazione che rientrino nei seguenti livelli di classificazione Istat delle professioni Cp 2011, attestata dal Paese di provenienza e riconosciuta nel nostro:
- livello 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza);
- livello 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione)
- livello 3 (professioni tecniche)
Le restrizioni al regime fiscale agevolato non toccano i docenti e ricercatori rientrati dall’estero.