Aumenti da 435 euro al mese per i bancari: il nuovo contratto

I sindacati dei lavoratori del settore bancario hanno presentato la proposta di Ccnl all'Abi chiedendo un aumento dello stipendio adeguato all'inflazione

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Una busta paga con 435 euro lordi in più, circa 6mila euro all’anno, per bilanciare l’impoverimento dello stipendio causato dall’inflazione. È l’aumento chiesto dai sindacati dei lavoratori del settore bancario sulla retribuzione di una figura media, nel rinnovo del contratto nazionale con l’Abi. I termini della piattaforma, proposta dalle cinque sigle del settore ai 280mila iscritti, sono stati votati quasi all’unanimità (con il 99,5% delle preferenze). Adesso la palla passa all’associazione dei banchieri che dovrà valutare le rivendicazioni e negoziare l’accordo con i rappresentati sindacali.

Il negoziato per il contratto nazionale

L’aumento chiesto dai bancari per il rinnovo di uno dei primi contratti nazionali, rivalutato sui livelli del caro-vita, potrebbe spingere ancora più su la maggiorazione di 200 euro ottenuta dai lavoratori del comparto assicurativo, all’interno del quale a dicembre ci sarà un’altra valutazione da parte dell’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) per verificare che gli stipendi siano effettivamente adeguati all’inflazione (qui abbiamo parlato della stangata dell’inflazione sulla spesa).

Come spiegano le sigle sindacali degli impiegati nel settore bancario, la richiesta, riferita ai quarti livelli, “tiene conto delle dinamiche inflattive del triennio 2023-2025 e della redistribuzione della maggiore produttività”. In più c’è la rivalutazione di ogni voce delle tabelle retributive (scatti, diarie e indennità), una riduzione da 37,5 a 35 ore settimanali (che potrebbe far salire gli straordinari pagati) e un raddoppio del buono pasto da 4 a 8 euro, da garantire anche a chi fa smart working.

Tra i 190 punti della proposta dei banchieri all’Abi, oltre al ritocco della busta paga di cui abbiamo parlato qui, ci sono altri due nodi centrali per il raggiungimento dell’accordo. Innanzitutto quello dello smart working, che i sindacati chiedono di regolamentare il più e il meglio possibile, contro rischi di esternalizzazione e per “il diritto alla sede fisica di lavoro”. Il secondo riguarda il cosiddetto “assetto contrattuale”, con le le banche che vorrebbero snellire il contratto nazionale per dirigersi sempre più verso la contrattazione di secondo livello, in azienda.

La posizione di Intesa Sanpaolo

A scombinare le carte in tavola sulle previsioni dell’accordo è stata l’uscita di Intesa Sanpaolo dalla rappresentanza sindacale dell’Associazione bancaria italiana. Nonostante il colosso italiano abbia avviato una contrattazione separata con i suoi 75mila dipendenti, l’ad Carlo Messina, intervenendo al congresso del sindacato autonomo Fabi, ha sostenuto le rivendicazioni dei lavoratori: “In una fase di incremento della redditività significativo non è in nessun modo accettabile non concedere aumenti consistenti ai lavoratori in banca” (qui avevamo parlato del rinnovo contrattuale dei lavoratori di Intesa Sanpaolo).

Per arginare l’inflazione la Bce ha alzato i tassi negli ultimi 11 mesi, facendo salire la redditività degli istituti di un 40% nel 2022 con circa 15 miliardi di euro di utili netti (qui abbiamo spiegato come l’aumento dei tassi abbia arricchito le banche).  La disponibilità da parte degli istituti bancari dunque non mancherebbe, ma l’apertura senza indugi concessa da Intesa Sanpaolo ha messo in difficoltà l’Abi, in particolare la parte costituita dalle banche più piccole che hanno meno risorse e raccolgono la quota maggiore dei contratti al minimo sindacale.