
Si torna a parlare con insistenza di settimana lavorativa corta anche in Italia, con i sindacati che spingono decisamente in questa direzione nel dibattito aperto sul tema. I numeri Eurostat stando ai quali nel nostro Paese il 9,4% dei lavoratori dedica alla propria occupazione quasi 50 ore a settimana, contro il 7% della media europea. E’ il momento buono per introdurla anche nel Belpaese? Qualcuno lo sta già facendo, un importante guppo bancario ha appena siglato un accordo con le rappresentante sindacali in cui si mette nero su bianco la settimana lavorativa da 4 giorni e un monte di 120 giorni l’anno in cui lavorare da remoto in modalità smart working.
L'accordo di Intesa Sanpaolo
L'accordo siglato dal grupopo Intesa Sanpaolo riguarda la settimana corta con la distribuzione del lavoro su 4 giorni per 9 ore al giorno. Il monte ore settimanale cala dunque da 37,5 a 36 ore, il tutto a parità di retribuzione ma nel rispetto delle esigenze tecnico-operative dell’azienda e di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Saranno 40 le filiali di grandi dimensioni della Banca dei Territori dove troverà applicazione la nuova distribuzione oraria. E a partire da novembre la sperimentazione si estenderà al personale di oltre 250 filiali più piccole. I lavoratori potranno richiedere la settimana corta su base volontaria.
Viene estesa ai lavoratori di oltre 280 realtà, fra Banca dei Territori e Divisione Private, la possibilità di aderire al lavoro agile. Per le giornate di lavoro da casa si avrà diritto a un buono pasto da 4,50 euro. Allo smart working viene posto un limite di 120 giornate all’anno, che salgono a 140 per alcune lavorazioni.
Viene garantita anche la flessibilità in entrata e in uscita con la possibilità di iniziare l’attività lavorativa tra le 7:00 e le 10:00, con relativo spostamento dell’orario di fine turno. La misura si applica sia al lavoro in smart working che in presenza in filiale.
L'adesione allo smart working in Intesa Sanpaolo
Secondo quanto riferisce Intesa Sanpaolo le nuove misure, introdotte lo scorso 1 gennaio e ora regolate da un nuovo accordo sindacale, hanno già trovato una forte adesione tra i lavoratori. Hanno aderito allo smart working 40mila persone, pari al 70% di chi poteva essere abilitato. Alla settimana corta hanno aderito oltre 17mila persone, pari al 60% del personale full time delle strutture di governance e di 12 grandi filiali.
L’accordo sullo smart working fra Intesa e sindacati si chiude mentre nel settore bancario sono in corso i confronti per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Le richieste comprendono la riduzione dell’orario a 35 ore settimanali e un aumento salariale pari a 435 euro.
I commenti
"Quello di oggi è un accordo importante che, raccogliendo il contributo dei tanti colleghi che hanno partecipato alle recenti assemblee, consente di superare i contratti individuali, ribadendo quindi che gli accordi collettivi sono il modo migliore per gestire i grandi cambiamenti della banca in un contesto in continua evoluzione", commenta il coordinatore Fabi Intesa Sanpaolo, Paolo Citterio.
Con l’accordo siglato oggi, tra altro, viene introdotta in via sperimentale la settimana corta, da 4 giorni per 9 ore ciascuno, in circa 250 filiali del gruppo. "Obiettivo della Fabi è estendere a tutti i colleghi della rete la possibilità effettiva di fruire dello smart working e della settimana corta. Confermando la centralità del contratto nazionale si è ribadito inoltre che l’adibizione allo smart working non rappresenta strumento e/o presupposto di rami d’azienda oggetto di future esternalizzazioni, così come non incide sulle modalità di misurazione della prestazione lavorativa del dipendente", aggiunge Citterio.
"Intesa Sanpaolo ha sottoscritto con tutte le organizzazioni sindacali un accordo che integra e amplia le misure, fortemente innovative, del nuovo modello di organizzazione in corso dal 1 gennaio 2023", si legge in una nota diffusa dall'istituto di credito.
Settimana corta, ecco quanti italiani la vorrebbero
Secondo il Randstad Workmonitor - l’indagine realizzata da Randstad in 34 Paesi del mondo, che ha intervistato 1000 lavoratori dipendenti di età compresa tra 18 e 67 anni in Italia (35mila a livello globale) sulle ultime tendenze del lavoro - ben il 29% dei dipendenti in Italia preferirebbe la settimana corta. Il 9% invece vorrebbe lavorare in orari tradizionali, ma in giorni diversi della normale settimana lavorativa. Il 14% in turni divisi, alla mattina presto e alla sera tardi. Il 6% vorrebbe lavorare di notte. Meno di un lavoratore italiano su due, invece, il 43%, preferisce l’opzione di giorni e orari tradizionali.
Sull’ipotesi della settimana corta, età diverse dimostrano sensibilità differenti. A preferirla sono soprattutto le persone tra i 35 e i 44 anni, il 32% del totale, percentuale che scende al 31% tra i 55 e i 67 anni, al 30% tra i 25 e i 34 anni e al 28% tra i lavoratori di età compresa tra i 45 e i 54 anni. La percentuale più bassa si riscontra tra i giovani compresi tra i 18 e il 24 anni, che vorrebbero lavorare su 4 giorni solo nel 16% dei casi.