Pavel Durov, storia della fuga da Putin

L'incredibile storia di Pavel Durov che, armato di grande coraggio, ha per alcuni anni combattuto Putin, rischiando in prima persona: ecco perché ha creato Telegram

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato a Leningrado nel 1984, Pavel Durov è uno degli imprenditori più celebri al mondo, così come uno dei più facoltosi. Basti pensare che nel 2022 Forbes lo ha indicato nella propria speciale classifica come il 115esimo uomo più ricco al mondo. Ciò grazie a un patrimonio “notevole” di 15.1 miliardi di dollari. In termini generali, volendo fornire due titoli, Pavel Durov è il padre del social russo VK e, in quanto a rilevanza nel resto del mondo, dell’app di messaggistica Telegram.

Il contrasto con Putin

Nel 2011 si può dire come la vita di Pavel Durov sia cambiata radicalmente, senza chance di tornare indietro a ciò che era prima. Sul finire dell’anno, in quello che sembrava un giorno come tanti, una squadra di agenti in tenuta di antisommossa si è presentato alla porta della sua casa di San Pietroburgo.

Un’azione repentina, a distanza di appena qualche giorno dal rifiuto dell’imprenditore di rimuovere le pagine degli oppositori politici di Putin dal suo social network, VKontakte, noto nel resto del mondo come il Facebook russo. Il sito era online da cinque anni, al tempo, e da un po’ era entrato nel mirino del governo.

In seguito Durov ha avuto modo di raccontare quell’esperienza assurda al New York Times, spiegando come quegli agenti fossero armati di tutto punto ma, con coraggio, decise di non aprire loro la porta. Nessuno di loro tentò un ingresso forzato e dopo circa 1 ora di grandi minacce andarono via.

Non qualcosa di così anomalo in Russia, ha spiegato un giornalista di Mosca a Fortune. Generalmente la strategia più diffusa è quella di restare in silenzio. Il creatore di Telegram, invece, ha reso la vicenda di dominio pubblico.

La fuga dalla Russia

Gli agenti in tenuta antisommossa dinanzi la porta di casa sono stati però soltanto il primo passo. Gli scontri con il Cremlino sono stati svariati, in un crescendo di tensione che ha poi costretto Pavel Durov ad abbandonare la Russia una volta per tutte nel 2014.

Come se non bastasse, le autorità hanno allontanato il fondatore dalla sua creatura, VKontakte, che ormai non gli appartiene più. È ancora online ma nelle mani di soggetti vicini a Putin. Tutto ciò non ha però messo a tacere l’imprenditore, che ha oggi tre cittadinanze, nevisiana, francese ed emiratina.

Vive ancora oggi in esilio, essendosi trasferito dapprima ai Caraibi, precisamente a Saint Kitts and Nevis, dove ha ottenuto la cittadinanza dopo una ricca donazione, per poi approdare a Dubai. Ben lontano dalla sua Russia, non l’ha mai dimenticata e così ha generato uno spazio libero, Telegram, che anno dopo anno continua la propria crescita.

Se da un lato si tratta dell’app di messaggistica preferita per chi ha necessità di chat lavorative, dall’altro si tratta di un contenitore di libero scambio, di opinioni e non solo. Al netto di numerosi lati oscuri e criminali, dipendenti dal tipo di gestione che determinati utenti ne fanno, senza Telegram la guerra in Ucraina non sarebbe stata raccontata in maniera così efficace. C’è chi parlerebbe di vendetta ben servita, fredda.