Se una rivoluzione nel binomio automotive-IA doveva esplodere da qualche parte, era quasi scontato che succedesse in Cina. Nella città di Chongqing, il marchio elettrico Avatr ha inaugurato in diretta streaming un impianto 5G-native capace di sfornare un’auto al minuto, stabilendo un nuovo record di produzione mondiale.
Mentre la fabbrica-robot promette efficienza da record, cresce il timore che l’automazione spinga migliaia di lavoratori umani fuori dalle catene di montaggio.
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Il nuovo record industriale della linea Avatr
Con il nuovo impianto “full-digital”, Avatr registra un primato di produzione. Grazie all’utilizzo del 5G, dell’IA e di un sistema di connessione tra server, è capace di realizzare un veicolo completo in circa 60 secondi.
La completa digitalizzazione e robotizzazione della fabbrica porta vantaggi nell’intero ciclo di produzione e anche in seguito. Infatti i server contengono, e muovono di conseguenza, i dati di ordine, logistica e qualità: tutto nella fabbrica è tracciabile, dall’ingresso del pezzo al collaudo finale.
Avatr punta a produrre 800mila unità all’anno entro il 2030, contando su questa “fabbrica-pilota” per replicare l’approccio in altri hub in Cina e nel mondo.
Da un SUV a 800mila auto l’anno: l’obiettivo
La nuova linea 5G-IA servirà innanzitutto a produrre un SUV co-sviluppato con Huawei, primo tassello di un piano industriale che prevede 17 modelli entro il 2030 fra berline, crossover, sportive e monovolume.
Avatr punta a 800mila vendite annuali nel mondo: un traguardo ambizioso ma credibile se si considera che nel 2024 il marchio ha consegnato 73mila vetture, oltre il doppio del 2023. Nel 2025, con soli due modelli elettrici (Avatr 11 e Avatr 12) venduti in 25 mercati extra-europei (in Europa ci sono troppo limiti), l’azienda viaggia già su 10mila unità al mese, pronta a sfruttare la fabbrica-robot per scalare la produzione e aggredire nuovi segmenti.
L’altra faccia dell’automazione: a rischio i posti di lavoro
Se un’auto al minuto è sinonimo di produttività, il rovescio della medaglia riguarda i lavoratori. Con linee presidiate da visori AI e bracci meccanici, si riducono le possibilità di impiego per la manodopera diretta. Al momento non è ancora chiaro quale sarà l’impatto sul mercato del lavoro per la categoria degli operai, ma le cifre potenziali sono alte.
Inoltre l’automotive è già in crisi e diverse fabbriche, anche in Europa, sono a rischio chiusura o ridimensionamento. Si può immaginare uno scenario simile anche per la Cina? È presto per dirlo, ma non impossibile. È chiaro che, con il tempo, il mercato si sposterà verso una forma più specifica di lavoratore, aggiornato a nuovi settori come manutentori dei robot o del 5G, ingegneri software, data-analyst e altri ruoli legati al processo di digitalizzazione.
La sfida è quindi conciliare innovazione e produttività con la salvaguardia occupazionale. In vista di una tale rivoluzione, sarebbe utile arrivare in tempo: spingere sulle politiche di reskilling e aggiornare le competenze verso ruoli di supervisione dei macchinari, come già avvenuto con la rivoluzione industriale.