Scuole chiuse in tutta Italia. Oggi lunedì 30 maggio, a pochi giorni dalla fine delle lezioni, la scuola si ferma in tutto il Paese per un nuovo sciopero generale, che coinvolge anche il settore dei trasporti. Sono frequentissimi i blocchi proclamati dalle sigle sindacali della scuola, ma spesso l’adesione non è mai alta. Questa volta, invece, il sistema scuola viene letteralmente paralizzato.
Massiccia, da Nord a Sud, la partecipazione alla protesta. Tantissime le famiglie italiane che questa mattina hanno trovato i cancelli chiusi e hanno dovuto riportare a casa i figli, con evidenti disagi. A scendere in piazza sono Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief. A Roma è previsto l’arrivo di un centinaio di pullman da tutta Italia: a partire dalle 10, a piazza Santi Apostoli, si terrà una manifestazione.
Indice
Sciopero della scuola del 30 maggio, le motivazioni
Reclutamento, formazione, risorse per il contratto e precari: questi i temi della protesta. “Lo sciopero avrà una alta adesione perché le ragioni della protesta sono motivate: il governo sceglie di costruire una formazione per pochi, finanziata con il taglio degli organici. In più si umiliano i precari con un nuovo sistema di reclutamento e gli si nega l’abilitazione”, attacca Francesco Sinopoli di Flc Cgil. “Un intervento da respingere, che io non chiamo nemmeno la riforma. Viene tradito il Patto per la scuola. Il contratto poi è scaduto da tre anni e ci aspettiamo un investimento serio per il rinnovo contrattuale: le risorse stanziate non bastano anche dato l’impegno della scuola tutta negli anni della pandemia. Evidenziamo l’inadeguatezza del governo rispetto alle esigenze della scuola”.
La legge 36/22 “invade” i campi della contrattazione. In questo caso, in materia di reclutamento e formazione, secondo il sindacato della scuola: “Capitoli che dovrebbero, essere, appunto regolate tra le parti. Quella disegnata dal decreto è una formazione (per nulla condivisa con i sindacati e calata dall’alto), tra l’altro, finanziata con un cospicuo taglio di personale (10mila unità), mentre le nuove modalità di reclutamento – oltre a dare un nuovo impulso al mercato dei crediti – non lasciano nessuna possibilità di stabilizzazione per i precari, quelli che da anni hanno permesso alle scuole di andare avanti”.
Il tutto, sottolinea ancora, “tradendo lo spirito del Patto per la scuola, siglato un anno fa, che invece prometteva scelte condivise. Infine il contratto: per i sindacati, le cifre stanziate sono assolutamente insufficienti per dare una risposta dignitosa all’impegno del personale della scuola”. La Cgil sarà a fianco dei lavoratori della scuola nello sciopero, come annunciato dal segretario generale Maurizio Landini. “Uno sciopero – sottolinea il leader del sindacato di Corso d’Italia – per contrastare le norme introdotte nel decreto Pnrr che tradiscono il patto per la scuola e negano il valore della partecipazione, del confronto e della contrattazione, come principali strumenti di valorizzazione e crescita delle professionalità che operano nel sistema di istruzione. “E’ inaccettabile – prosegue Landini – una formazione fatta per pochi, finanziata, peraltro, con i tagli di organico. Come pure sono inaccettabili le assenze di risposte per i precari che ogni giorno garantiscono il diritto allo studio”.
Cosa vogliono i sindacati per la scuola
Questi i punti della Cgil per tutto il personale della comunità educante:
- implementazione delle risorse per la revisione e l’adeguamento dei profili Ata;
- implementazione delle risorse per l’equiparazione retributiva del personale della scuola agli altri dipendenti statali di pari qualifica e titolo di studio e il progressivo avvicinamento alla retribuzione dei colleghi europei;
- eliminazione degli eccessi di burocrazia nel lavoro dei docenti;
- restituzione della formazione di tutto il personale della scuola alla sfera di competenza dell’autonomia scolastica e del collegio docenti;
- revisione degli attuali parametri di attribuzione degli organici alle scuole per il personale docente, educativo e Ata;
- riduzione del numero di alunni per classe;
- contenimento della dimensione delle istituzioni scolastiche entro il limite di 900 alunni per scuola;
- modalità specifiche di reclutamento e di stabilizzazione sui posti storicamente consolidati in organico di fatto, che superino il precariato esistente a partire dai precari con 3 o più anni di servizio;
- modalità semplificate, per chi vanta una consistente esperienza di lavoro, di accesso al ruolo e ai percorsi di abilitazione;
- previsione di un organico straordinario di personale della scuola, per gestire le emergenze legate al perdurare della pandemia e all’accoglienza degli alunni provenienti dalle zone di guerra per l’anno scolastico 2022/2023;
- reintegrazione dell’utilità del 2013;
- garanzia della presenza di un Assistente tecnico in ogni scuola del primo ciclo
- disciplina in sede di rinnovo del Ccnl dei criteri per la mobilità con eliminazione di vincoli imposti per legge;
- incremento dell’organico dei Collaboratori scolastici di 2.288 unita secondo l’impegno ministeriale;
- indizione del concorso riservato per gli Assistenti Amministrativi facenti funzione di Dsga con 3 anni di servizio nella funzione anche se sprovvisti di titolo di studio specifico (“nel nuovo a.s. 2022/2023, il 30% dei posti sarà vacante”);
- emanazione del bando di concorso per Dsga;
- semplificazione delle procedure amministrative per liberare le segreterie dai compiti impropri (pensioni, ricostruzione di carriera, graduatorie di istituto) re-internalizzando quelli di competenza dell’Amministrazione scolastica;
- revisione del regolamento sulle supplenze Ata;
- ricognizione sullo stato di attuazione delle posizioni economiche.
Il duro “no” dei presidi: cosa va cambiato davvero nella scuola
Contrario invece allo sciopero il sindacato Anp dei presidi, con cui si schierano moltissime famiglie. “Il ritornello è il solito: stabilizzare i precari, non considerando per nulla il diritto degli alunni ad avere insegnanti migliori, più preparati, più aggiornati”, osserva acutamente Cristina Costarelli di Anp Lazio.
“E si vuole evidentemente la distribuzione a pioggia di soldi per tutti. Non si vuol sentire parlare di merito e differenziazioni. Più soldi per tutti ha un sapore populista, senza utilizzare gli aumenti per restituire efficienza e premialità”, aggiunge Mario Rusconi di Anp Roma.
Perché le scuole non restano comunque aperte?
Ma non esiste il diritto allo studio come diritto fondamentale? Come mai le scuole possono letteralmente chiudere? Non si sarebbe potuto consentire la protesta ma garantendo la possibilità agli studenti di entrare a scuola?
La risposta in questo caso è no, perché altissima è anche l’adesione tra il personale Ata, non solo docente dunque. E se mancano i bidelli ad aprire le scuole, letteralmente, a scuola non si entra. Cosa che sta accadendo oggi in tantissime città italiane.