I mari si acidificano a causa della CO2, a rischio le creature marine

L’acidificazione degli oceani è un fenomeno pericoloso con numerosi effetti collaterali, colpisce diverse specie marine, ma anche l'uomo, servono rimedi urgenti

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il mare si trova in uno stato critico a causa dell’impatto delle attività umane. Questa denuncia è emersa nel corso del convegno “Mare e salute” tenutosi a Roma e organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità. Si tratta di un forte grido d’allarme che ha sottolineato senza mezzi termini l’importanza della salute del mare per il benessere degli esseri umani e delle società in generale. Da anni, la biologa marina Sylvia Earle, pioniera nell’esplorazione delle profondità oceaniche, ci ricorda che la conservazione degli oceani è essenziale perché, come dice il suo slogan, “senza blu non c’è verde”.

L’acidificazione degli oceani: un problema di lungo corso

Il fenomeno dell’acidificazione degli oceani è un termine relativamente recente, sebbene sia un problema che affligge da molto tempo. Con questo termine si fa riferimento alla diminuzione del pH degli oceani causata dall’assorbimento di anidride carbonica prodotta dalle azioni umane. La definizione di questo fenomeno è stata coniata nel 2003, quando l’accelerato cambiamento osservato in alcune specie marine, in particolare i coralli, ha attirato l’interesse degli scienziati.

La scienza, tuttavia, ha da tempo riconosciuto la capacità dell’oceano di assorbire grandi quantità di CO2. Infatti, esso trattiene circa il 30% della CO2 rilasciata nell’atmosfera, quando i suoi livelli aumentano a causa delle attività umane come la combustione di combustibili fossili e la deforestazione. Di conseguenza, aumenta anche la quantità di anidride carbonica assorbita dall’oceano.

Il processo di assorbimento di CO2 da parte dell’acqua di mare ha effetti rilevanti. Si verificano infatti, diverse reazioni chimiche che portano ad un aumento della concentrazione di ioni idrogeno. Questo processo ha conseguenze significative tanto per gli oceani quanto per gli esseri che vi abitano. Attualmente, il pH medio degli oceani si attesta intorno a 8 o poco più, dunque neutro o lievemente basico. Tuttavia, continuando ad assorbire sempre più biossido di carbonio, il pH diminuisce e l’oceano diventa più acido.

Implicazioni ambientali ed economiche

L’acidificazione crescente dei mari e degli oceani ha gravi conseguenze sulle creature che li abitano, così come sull’esistenza umana stessa. Questo perché miliardi di persone in tutto il mondo dipendono principalmente dall’oceano per il loro sostentamento. Oltre all’impatto ambientale, va considerato anche l’impatto economico e occupazionale: sono a rischio milioni di posti di lavoro e numerosi settori produttivi e commerciali, non solo quelli legati al pesce e ai molluschi che abitano l’oceano.

Gli impatti dell’acidificazione sulle specie marine

L’acidificazione degli oceani ha già un impatto sugli organismi marini, tra cui i coralli. Alcuni coralli sono in grado di utilizzare il bicarbonato invece degli ioni di carbonato per costruire il loro scheletro, il che offre loro maggiori opzioni in un ambiente oceanico sempre più acido. Tuttavia, nei prossimi cento anni ci si aspetta cambiamenti significativi nelle varie specie di corallo presenti nelle barriere coralline.

Lo pteropode, noto anche come “farfalla di mare”, è una minuscola lumaca marina con un ruolo cruciale nelle catene alimentari, poiché costituisce il nutrimento di numerose specie, tra cui il krill e le balene. Quando i gusci degli pteropodi sono stati esposti ad acqua di mare con un pH e livelli di carbonato previsti per l’anno 2100, si sono gradualmente dissolti in 45 giorni. Già oggi, i ricercatori hanno rilevato elevati livelli di dissoluzione dei gusci degli pteropodi nell’Oceano del Sud.

I cambiamenti nella chimica degli oceani possono anche influenzare il comportamento degli organismi non calcarei. Ad esempio, la capacità di alcuni pesci come il pesce pagliaccio di individuare i predatori è diminuita in acque più acide. In generale, i pesci sono fortemente influenzati da cambiamenti nelle condizioni acido-base. Anche una piccola variazione del pH può avere un enorme impatto sulla loro sopravvivenza. Negli esseri umani, ad esempio, una diminuzione del pH del sangue di 0,2-0,3 può avere importanti conseguenze sulla salute. Allo stesso modo, i pesci subiscono queste alterazioni. Una delle conseguenze è che devono incrementare il loro dispendio energetico per cercare di eliminare l’acido in eccesso nel sangue. Ciò comporta conseguenze sulle loro attività biologiche e potrebbe anche rallentare la loro crescita.

Impatti su piante, alghe e meduse

In uno studio sono considerati anche gli effetti causati da questa situazione sulle piante e sulle alghe. Mentre alcune specie risulteranno danneggiate a causa dell’acidificazione degli oceani, piante e alghe potrebbero trarre beneficio da livelli più elevati di CO2 nell’oceano, in quanto necessitano di anidride carbonica per la fotosintesi, proprio come le piante sulla terraferma.

Un’incognita di grande importanza riguarda l’influenza dell’acidificazione sulle popolazioni di meduse, che competono con i pesci e altri predatori per ottenere cibo e si nutrono anche di giovani pesci. Se queste meduse prosperano in condizioni più calde e più acide, mentre la maggior parte degli altri organismi soffrono, c’è la possibilità che esse finiscano per dominare alcuni ecosistemi, causando uno sconvolgimento.