Allarme microplastiche, trovate anche nelle alghe dell’Artico

Un gruppo di ricercatori internazionali ha scoperto che all'interno di un metro cubo di alghe dell'Artico si trovano fino a 57.000 frammenti di microplastiche

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

È noto che l’uomo abbia interferito eccessivamente con la natura al punto da alterare e inquinare ciò che era bello e sano. Purtroppo, ogni giorno le scoperte scientifiche aggiungono un nuovo elemento alle conseguenze disastrose causate dalle attività industriali, soprattutto nel settore alimentare. Non si parla solo dell’impatto ambientale sulle piante, la vegetazione e gli animali, ma anche delle dannose conseguenze per gli esseri umani. Una delle maggiori minacce è rappresentata dalla presenza diffusa di microplastiche.

Alta concentrazione di microplastiche nelle alghe marine artiche

Un gruppo di ricerca internazionale, composto dagli scienziati dell’Alfred Wegener Institut Helmholtz Zentrum für Polar- und Meeresforschung di Bremerhaven, in Germania, in collaborazione con l’Ocean Frontiers Institute dell’Università Dalhousie in Canada e la School of Geography, Earth and Environmental Science dell’Università di Birmingham nel Regno Unito, ha recentemente condotto uno studio che ha rivelato risultati sorprendenti. Utilizzando la nave Polar Stern come base operativa, i ricercatori hanno prelevato campioni di un’algaplankton chiamata melosira artica, che era intrisa di acqua marina. Le analisi di laboratorio hanno rivelato una presenza abbondante di microplastiche, con una quantità compresa tra 13.000 e 57.000 frammenti per metro cubo. Durante una conferenza stampa, i ricercatori hanno evidenziato che questa quantità corrisponde approssimativamente a dieci volte la concentrazione di microplastiche rispetto all’acqua circostante, sottolineando così l’entità straordinaria di questa scoperta.

Una trappola per la microplastica nel mare artico

La Melosira arctica, un tipo di alga, si sviluppa sotto il ghiaccio marino durante la primavera e l’estate. Questa alga forma lunghe catene di cellule che hanno una consistenza appiccicosa e viscosa, catturando microplastiche provenienti dalle deposizioni atmosferiche sul mare, dall’acqua marina, dal ghiaccio circostante e da altre fonti presenti. Una volta intrappolate nella vischiosità dell’alga, le microplastiche si spostano rapidamente verso il fondo del mare, trasportando con sé materiali come polietilene, poliestere, polipropilene, nylon, acrilico e molti altri. Questa miscela di sostanze ha un impatto sull’ambiente e sulle creature viventi che non è facilmente valutabile.

Durante una spedizione condotta nel 2021 a bordo della nave da ricerca Polarstern, un gruppo di ricercatori ha raccolto campioni di Melosira e dell’acqua circostante le formazioni di ghiaccio. Successivamente, questi campioni sono stati analizzati per determinare la presenza di microplastiche. Il risultato ottenuto è stato davvero sorprendente: “I grumi di alghe contenevano in media 31.000 ± 19.000 particelle di microplastica per metro cubo, circa 10 volte la concentrazione dell’acqua circostante“, hanno affermato gli scienziati.

Una minaccia per la catena alimentare dell’Artico

Le alghe filamentose hanno una consistenza viscida e appiccicosa, quindi potenzialmente raccolgono microplastica dalla deposizione atmosferica sul mare, dalla stessa acqua di mare, dal ghiaccio circostante e da qualsiasi altra fonte che passa. Una volta intrappolate nella melma algale, le microplastiche viaggiano come in un ascensore fino al fondo del mare, o vengono mangiate da animali marini.

Poiché le alghe del ghiaccio sono un’importante fonte di cibo per molti abitanti delle profondità marine, la microplastica potrebbe quindi entrare nella rete alimentare. Ma è anche un’importante fonte di cibo sulla superficie del mare e potrebbe spiegare perché le microplastiche erano particolarmente diffuse tra gli organismi di zooplancton associati al ghiaccio, come mostra uno studio precedente con la partecipazione di AWI. In questo modo possono entrare anche qui nella catena alimentare quando lo zooplancton viene mangiato da pesci come il merluzzo polare e questi vengono mangiati da uccelli marini e foche e questi a loro volta dagli orsi polari.

L’analisi dettagliata della composizione della plastica ha mostrato che nell’Artico si trova una varietà di materie plastiche diverse, tra cui polietilene, poliestere, polipropilene, nylon, acrilico e molti altri, oltre a vari prodotti chimici e coloranti.

Una minaccia sottovalutata

La scienziata Bergman e il ricercatore Allen hanno lanciato l’allarme sulle conseguenze delle microplastiche per l’Artico e per l’intera catena alimentare. Secondo Bergman, le persone che dipendono dalla rete alimentare marina nella regione artica sono esposte alle microplastiche e alle sostanze chimiche, con possibili reazioni infiammatorie. Allen, invece, sottolinea che le micro e nano plastiche sono state trovate praticamente ovunque nel corpo umano e in molte altre specie, influenzando comportamenti, crescita, fecondità e mortalità degli organismi. Inoltre, molte sostanze chimiche plastiche sono note tossine per l’uomo. È urgente approfondire lo studio sulle conseguenze complessive di questa minaccia diffusa.

L’ecosistema artico minacciato dalla crisi climatica

Inoltre, l’ecosistema artico è già minacciato dai profondi sconvolgimenti ambientali causati dalla crisi climatica. L’ulteriore esposizione degli organismi marini alle microplastiche e alle sostanze chimiche che contengono possono indebolirli ulteriormente. Secondo il biologo dell’AWI, la soluzione più efficace per ridurre l’inquinamento da plastica è diminuire la produzione di nuova plastica.

Il biologo dell’AWI, partecipante al prossimo round negoziale sull’inquinamento da plastica che inizierà a Parigi alla fine di maggio, afferma che questa soluzione dovrebbe essere prioritaria nell’accordo globale sulla plastica attualmente in fase di negoziazione.