L’idrogeno verde ci salverà? All’Abu Dhabi Sustainability Week vantaggi e svantaggi

All'Abu Dhabi Sustainability Week va in scena il Green Hydrogen Summit. Quanto è davvero sostenibile l'idrogeno green e quale ruolo per l'Italia

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 16 Gennaio 2025 10:31

All’interno del ricco – e come spesso accade in questi contesti, retorico – programma dell’Abu Dhabi Sustainability Week che si sta tenendo negli Emirati Arabi si svolge anche il Green Hydrogen Summit: un momento di confronto tra le economie del mondo per provare ad accelerare lo sviluppo dell’idrogeno verde in una serie di settori, in particolare industriali. Il summit riflette chiaramente le ambizioni di Abu Dhabi di diventare, così come la Tunisia, un hub internazionale per lo sviluppo dell’idrogeno green.

La Commissione europea ha deciso di investire sull’idrogeno verde per agevolare il processo di decarbonizzazione e anche l’Italia, un po’ a sorpresa, si sta posizionando. Ma cosa sappiamo di questa tecnologia verde? Quanti interessi, economici, sta generando attorno a sé? Quali vantaggi presenta e quali rischi invece possono farla arrancare o, peggio, schiantare?

Idrogeno verde, il nuovo obiettivo degli Emirati

Il Green Hydrogen Summit in occasione dell’Abu Dhabi Sustainability Week ha l’obiettivo dichiarato di sbloccare opportunità di investimento, implementare modelli finanziari sostenibili e far fare quel salto di qualità che in molti si attendono dall’idrogeno verde per contribuire concretamente a strategie di sviluppo sostenibile.

Gli Emirati hanno l’obiettivo di produrre 1 milione di tonnellate all’anno di idrogeno verde o derivati entro dieci anni. Per questo, hanno avviato un grande processo di decarbonizzazione in settori difficili da abbattere, come l’aviazione, il marittimo e l’acciaio, e stanno sviluppando progetti per stabilire catene di approvvigionamento affidabili per ammoniaca verde, eMetanolo, SAF, eMetano e idrogeno liquido, supportando la trasformazione dei sistemi energetici globali.

Investimenti e domanda di idrogeno sostenibile

Secondo i dati riportati nella Global Hydrogen Review 2024, pubblicazione annuale dell’Agenzia internazionale per l’energia che traccia la produzione, la domanda e gli sviluppi, anche regolamentativi, relativi all’idrogeno, la domanda globale di questo combustibile ha raggiunto nel 2023 le 97 Mt (tonnellate metriche), facendo registrare un +2,5% rispetto al 2022. La domanda rimane concentrata soprattutto nei settori della raffinazione e della chimica.

Gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo sull’idrogeno sono in crescita dal 2016 e qualche segnale positivo inizia a intravedersi: numerose tecnologie sono già disponibili sul mercato, diverse sono le applicazioni nell’industria e nella generazione di elettricità, così come nel trasporto, in particolare nel settore marittimo. Anche il numero di domande di brevetti è aumentato di ben il 47% nel 2022.

Ma ad interessare sempre di più, ormai da un po’, è l’idrogeno verde, che rappresenta appunto la variante “pulita” dell’idrogeno: si ottiene dall’elettrolisi dell’acqua usando solo elettricità prodotta da fonti rinnovabili, come il fotovoltaico, l’eolico o l’idroelettrico e si definisce verde in contrapposizione all’idrogeno grigio e blu.

Come negli anni precedenti, anche nel 2023 e 2024 l’idrogeno a basse emissioni di CO2 ha svolto solo un ruolo marginale, con una produzione inferiore a 1 Mt. Il dato interessante è però quello relativo alla proiezione futura: la produzione di idrogeno verde potrebbe raggiungere le 49 Mt all’anno entro il 2030, quasi il 30% in più rispetto di quanto ci si attendesse fino a un anno fa.

Solo nel 2023, i progetti hanno continuato a crescere, aumentando di circa il 40% in un solo anno, un terzo dei quali localizzati in Europa. Il volume totale di investimenti è addirittura stimato in 570 miliardi di dollari per circa 45 milioni di tonnellate annue di capacità prodotta a livello globale.

L’accordo tra Italia e Arabia Saudita

A Riad, proprio ieri, Italia e Arabia Saudita hanno stretto un importante accordo. Il ministro dell’Ambiente del governo Meloni, Gilberto Pichetto Fratin, e il ministro dell’Energia saudita Abdulaziz Bin Salman Al Saud, hanno firmato un memorandum d’intesa di 5 anni che punta a rafforzare la collaborazione bilaterale su idrogeno, energie rinnovabili e cattura e stoccaggio della CO2.

“Conosciamo bene il ruolo dell’Arabia Saudita nella produzione di idrogeno rinnovabile e derivati a basse emissioni come l’ammoniaca” ha sottolineato il ministro Pichetto Fratin. “L’Italia può rappresentare un’alternativa strategica e competitiva rispetto alle rotte tradizionali, grazie alla sua posizione nel Mediterraneo e alle interconnessioni con il resto d’Europa”.

A gennaio 2024, la Commissione Europea ha stanziato 550 milioni di euro per sostenere gli investimenti nell’utilizzo dell’idrogeno nei processi industriali. Proprio qualche giorno fa la notizia che a Carbonia, in Sardegna, sono stati finanziati progetti per sviluppare un hub europeo dell’idrogeno verde (l’obiettivo dichiarato è creare 54 Hydrogen Valley riqualificando siti industriali dismessi).

Secondo l’Hydrogen Innovation Report 2024 dell’Energy&Strategy del Politecnico di Milano, il fabbisogno italiano di idrogeno sostenibile necessario alla decarbonizzazione dei settori industriali hard-to-abate – settori come acciaio e fonderie, ceramica, chimica, produzione di vetro – e trasporto pesante viene stimato in 7,5 milioni di tonnellate. Per raggiungere questo obiettivo dovremmo aumentare la nostra capacità produttiva sulle rinnovabili di 250 GW, pari al triplo degli obiettivi previsti per il fotovoltaico al 2030.

I vantaggi dell’idrogeno verde

Ma cerchiamo di capire meglio quali sono i vantaggi. L’idrogeno verde non è presente in natura, quindi si può ottenere ovunque, e si produce solo attraverso fonti rinnovabili dopo un processo chiamato elettrolisi.

Può essere stoccato e utilizzato in diversi settori e ha molte applicazioni: può essere utilizzato come materia prima, come carburante, come accumulatore di energia da impiegare nei trasporti, nei processi industriali e può diventare vettore per la produzione decentralizzata dell’energia. L’idrogeno green, soprattutto, è in grado di produrre energia e vapore acqueo senza inquinare.

L’idrogeno rinnovabile – è stato studiato – per le sue proprietà a basso impatto ambientale, permetterebbe di limitare l’aumento della temperatura media globale tenendola, nel rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, sotto la soglia dei 2°C. Un passo determinante verso il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 e per la transizione ecologica.

Ancora troppi problemi: gli svantaggi

Tuttavia, le politiche governative e gli obiettivi di domanda sono molto al di sotto degli obiettivi di produzione fissati dai governi, che ammontano a 43 milioni di tonnellate l’anno nel 2030.

Ad oggi, diversi progetti hanno subito ritardi e cancellazioni, che stanno mettendo fortemente a rischio il futuro dell’idrogeno. Ci sono problemi finanziari, ritardi negli incentivi, incertezze sul piano normativo, problemi di licenze e permessi: insomma, un quadro non proprio invitante.

I costi di produzione poi sono ancora troppo alti. Oggi il costo dell’idrogeno verde oscilla tra i 3,74 dollari al chilo agli 11,70. L’idrogeno grigio, quello usato più comunemente e ottenuto da fonti fossili e quindi inquinante, costa circa il 30% in meno: dai 1,11 dollari al kg ai 2,35.

I costi degli elettrolizzatori sono anche stati rivisti al rialzo. Il futuro dipenderà da vari fattori, come lo sviluppo tecnologico, e in particolare dal livello e dal ritmo di implementazione. Secondo Bnef, tra 25 anni il costo dell’idrogeno verde non potrà scendere al di sotto di 1,60-5,09 dollari al kg, mentre il prezzo dell’idrogeno grigio dovrebbe restare stabile.

Senza sussidi o incentivi, e senza economie di scala, dunque, i costi per la produzione di idrogeno verde continueranno ad essere troppo alti. A questo si aggiunge il fatto che il suo impiego riguarda per lo più settori difficili da decarbonizzare, come la chimica, la raffinazione del petrolio, le acciaierie e le centrali elettriche.

Un altro problema è quello relativo alle infrastrutture attualmente esistenti, non ancora pronte a supportare una transizione completa all’idrogeno. Anche a livello legislativo siamo in alto mare: alcune delle azioni più ambiziose, come gli obiettivi Ue nelle applicazioni industriali o le quote di raffinazione in India, non sono ancora state normate.

Cina e India hanno già vinto?

Da notare che anche in questo settore la Cina sta rafforzando la propria leadership: cresce infatti sempre di più la sua produzione di massa di tecnologie green, tanto che ospita già oggi ben il 60% della capacità produttiva globale di elettrolizzatori, cioè delle macchine per la produzione di idrogeno verde.

Com’è avvenuto già per la produzione di energia solare fotovoltaica e di batterie, gli analisti prevedono che la continua espansione della capacità produttiva cinese porterà a una riduzione dei costi degli elettrolizzatori. Non a caso, diversi grandi produttori cinesi di pannelli solari hanno iniziato a produrre elettrolizzatori.

La concorrenza più spietata a Pechino la fa l’India. Solo in questi due Paesi la parità di prezzo tra idrogeno verde e grigio dovrebbe arrivare entro il 2040.

L’Europa, dal canto suo, seppur indietro ai due giganti asiatici, sta provando a far sentire la sua voce incrementando i suoi investimenti in progetti di elettrolisi. Nel 2020 la Commissione europea ha adottato la Strategia europea sull’idrogeno con l’obiettivo di creare mercati aperti e competitivi per portare l’idrogeno verde in tutti i settori energetici.