Gli effetti del cambiamento climatico sul turismo: cos’è il “Last Chance Tourism”

Viaggiare ai tempi del cambiamento climatico: l'impatto delle condizioni meteo estreme sul turismo

Foto di Alessandro Mariani

Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

La pianificazione di un viaggio ha sempre avuto un nemico con cui confrontarsi: le condizioni metereologiche. Alcune volte può essere più semplice, come ipotizzare trovare il sole ad agosto in Sicilia. Altre volte è una scommessa, come sperare che a Londra non piova. Talvolta è un tentativo senza speranza, come chi si mette in viaggio nella stagione dei monsoni.

In generale il meteo non è più una certezza. Il clima sta cambiando, come hanno dimostrato gli anni passati, che hanno offerto le prove più drammatiche e convincenti degli effetti del cambiamento climatico. Incendi devastanti hanno distrutto decine di migliaia di miglia quadrate di foreste negli Stati Uniti e in Sud America.

Alluvioni e tempeste estive hanno flagellato l’Europa centrale, l’Australia e il Sud Africa e l’Europa ha affrontato l’estate più calda da quando si effettuano le misurazioni, con il Regno Unito che ha raggiunto un nuovo record di 40,3°C a Coningsby il 19 luglio.

Anche il turismo contribuisce al cambiamento climatico

I fiumi africani sono secchi. Le località alpine sono calde e senza neve. Le spiagge nel Sud della Francia hanno registrato temperature tipiche di giugno a Natale e i residenti di Los Angeles hanno costruito pupazzi di neve. L’India ha emesso allarmi per ondate di calore a febbraio, Adelaide ha emesso un avviso di “codice rosso” per i colpi di calore la scorsa settimana, e a Mauritius i vacanzieri hanno cercato riparo mentre il ciclone Freddy ha colpito l’isola.

Le temperature in aumento portano ondate di calore, incrementano le malattie correlate al caldo, espandono le aree in cui prosperano malattie come la malaria e la febbre dengue, e riducono il tempo che gli esseri umani possono trascorrere all’aperto. I rendimenti delle colture e i valori nutrizionali stanno diminuendo, e vaste aree diventano inadatte all’abitazione umana. Secondo le Nazioni Unite, entro il 2050 1,2 miliardi di persone saranno costrette a spostarsi. Sono 100 volte più persone di quelle sfollate a causa del conflitto siriano.

L’industria turistica globale, responsabile dell’11% delle emissioni di gas serra, sta affrontando sempre più problemi a causa del climate change. Alcune destinazioni dovranno dire addio le loro stagioni estive. Altre vedranno deteriorarsi le loro attrazioni naturali, mentre alcune semplicemente scompariranno.

Cause ed effetti del riscaldamento globale per il turismo

Gli elementi alla base del cambiamento climatico sono semplici: le emissioni di gas serra prodotte principalmente dal consumo di combustibili fossili hanno riempito l’atmosfera, avvolgendo il mondo e intrappolando il calore del sole. Anche se tutte le emissioni cessassero domani, queste concentrazioni impiegherebbero tra 300 e 1.000 anni per dissiparsi.

Tuttavia, le emissioni di gas serra continuano ad aumentare e ad avere terribili conseguenze sul pianeta. Lo scioglimento delle calotte di ghiaccio sta riducendo la capacità del pianeta di riflettere l’energia solare. L’aria più calda può contenere più acqua, consentendo precipitazioni più intense e frequenti e aumentando la frequenza di tempeste e alluvioni.

Gli effetti del “Last Chance Tourism”

Gli effetti del cambiamento climatico sugli asset turistici, come la biodiversità, le barriere coralline, i ghiacciai e il patrimonio culturale, stanno portando a un aumento dei viaggi di Last Chance Tourism, cioè di ‘ultima possibilità’. Questi viaggi sono quelli diretti verso le destinazioni messe in pericolo dal riscaldamento globale prima che siano ulteriormente degradate; come avvertiva uno studio del Journal of Travel Medicine già nel 2019.

Il Last Chance Tourism non è solo di cattivo gusto, ma contribuisce anche al cambiamento climatico aumentando le emissioni complessive. Ma non è tutto così semplice. Nell’anno pre-pandemia, nel 2019, l’industria globale del turismo ha sostenuto 333 milioni di posti di lavoro. Se ognuno di quei posti di lavoro sostiene circa quattro persone, in Africa subsahariana otto, allora un sesto della popolazione mondiale dipende dal trasferimento di ricchezza del turismo.

Conseguenze anche per il turismo italiano

Prima della pandemia molti dei pernottamenti annuali era concentrato in zone montane, mentre la spesa dei turisti stranieri per le vacanze in montagna nel 2019 è stata di quasi 2 miliardi di euro. Gli sport invernali, che rappresentano un punto di forza dell’offerta turistica, dipendono strettamente dalla presenza di neve. È quindi importante comprendere gli impatti e i rischi dei cambiamenti climatici per pianificare efficaci politiche e strategie di gestione del rischio.

L’aumento delle temperature invernali comporta una stagione sciistica più breve e uno spostamento verso quote più elevate della linea di affidabilità naturale della neve. La mancanza di neve, la riduzione dello strato nevoso e l’altezza inadeguata della neve portano a una minore affluenza di visitatori e a minori ricavi.

Un aumento di 1°C della temperatura metterebbe in pericolo tutte le stazioni sciistiche del Friuli Venezia Giulia e circa il 30% di quelle venete, lombarde e trentine, mentre l’Alto Adige sarebbe la regione più colpita. Le ripercussioni sarebbero meno significative per il Friuli Venezia Giulia, dove il turismo invernale ha meno importanza, e per la Valle d’Aosta, poiché le stazioni sciistiche si trovano a quote più elevate. tutto ciò in un quadro in cui hotel e ristoranti hanno già visto aumentare i prezzi nel 2023.

Turismo invernale e cambiamento climatico in Italia

Una ricerca della Banca d’Italia sul “Turismo invernale e cambiamento climatico” evidenzia la relazione tra le condizioni della neve e il turismo invernale nelle principali regioni alpine italiane in termini di flussi di skipass e pernottamenti negli ultimi 20 anni. I risultati indicano una correlazione positiva significativa tra gli skipass venduti e la copertura nevosa. Migliori condizioni di innevamento corrispondono a un maggior numero di pernottamenti.

I modelli climatici prevedono ulteriori cambiamenti nei prossimi decenni, inclusa una riduzione dello strato nevoso, soprattutto alle quote più basse. Gli impatti del clima sul turismo invernale potrebbero essere rilevanti e particolarmente gravi per le stazioni sciistiche a quote basse.

L‘innevamento artificiale è ancora considerato la principale strategia di adattamento, ma gli studi confermano che non è sufficiente per sostenere i flussi turistici. Inoltre, i costi dell’innevamento artificiale aumentano non linearmente con l’aumento delle temperature e potrebbero diventare impraticabili se le temperature superano una certa soglia. La neve artificiale può ridurre le perdite finanziarie causate da inverni con poco innevamento, ma non può proteggere dalle tendenze a lungo termine verso inverni più caldi.