Proteggere la vita e la biodivesità del Pianeta è fondamentale per poterci garantire un futuro. La bioeconomia circolare è la nuova sfida dell’Unione Europea, ecologicamente e socialmente sostenibile per contrastare il cambiamento climatico.
Cos’è la bioeconomia?
Con il termine “bioeconomia” si fa riferimento ad un sistema che utilizza le risorse biologiche rinnovabili e i flussi di scarti e rifiuti per produrre beni ed energia. La bioeconomia è considerata sostenibile perché permette la sostituzione di materia prima fossile o non rinnovabile con materiali di origine biologica provenienti da scarti che sarebbero, altrimenti, gestiti come rifiuti. La sfida della bioeconomia è quella di modificare, ad ogni passo della catena di valore, i processi tradizionali con processi bio-based.
Così facendo si diminuisce il ricorso a fonti non rinnovabili, la quantità di rifiuti da gestire, valorizzando materiale che andrebbe altrimenti perso e gestito con costi aggiuntivi, riducendo a cascata, gli impatti negativi. Attraverso varie tecnologie, processi produttivi e organizzativi, lo scopo è quello di garantire la sostenibilità nel suo insieme e per ogni attore che ne fa parte.
Il modello di bioeconomia circolare vuole rispettare i noti pilastri della sostenibilità: il capitale ambientale, sociale, culturale ed economico. Le catene di valore della bioeconomia prevedono il coinvolgimento di attori di diversi settori e il concetto stesso di bioeconomia racchiude tanti concetti che meriterebbero approfondimenti dedicati.
Chris Patermann, il funzionario europeo che lanciò la politica/strategia bioeconomica di Bruxelles, riporta: “La bioeconomia è un formato nuovo e allo stesso tempo il più antico dell’economia in cui si vive, perché si basa su risorse biologiche e poco su fossili o minerali. La bioeconomia ci aprirà darà le risposte anche alle grandi sfide dei nostri giorni: clima, cibo, energia e benessere nelle aree rurali ma anche negli agglomerati urbani“.
Si stima che la metà del PIL del mondo, (circa 44 trilioni su 85), è direttamente associato e dipendente dalla biodiversità. Le risorse naturali non sono infinite, e non possono continuare ad essere prelevate senza limiti perché il loro eccessivo sfruttamento sta portando al degrado del Pianeta.
L’ultimo rapporto “The Economic Case for Nature” della Banca Mondiale ha stimato che il crollo dei servizi ecosistemici forniti dalla natura (suolo fertile, l’impollinazione di animali ed insetti, il legname dalle foreste primarie ecc) potrebbe comportare un calo del PIL globale di 2,7 mila miliardi di dollari all’anno entro il 2030.
Niente più “business as usual”, il modello economico deve essere ripensato
L’attuale modello di crescita economica è il principale responsabile della perdita di biodiversità e devastazione di ecosistemi perché ancora tradizionalmente inteso e perpetuato seguendo un modello lineare che estrae, produce, usa e getta e cerca in questo processo di coinvolgere più attori ed intermediari per aumentare il suo valore di mercato. Questo modus operandi ha alterato gli ecosistemi naturali, ha fatto estinguere migliaia specie animali e vegetali e continua a farlo.
Di fronte ad una sempre maggiore consapevolezza dei limiti di questo modello economico che ci ha portato a crisi economiche, ambientali, sociali, climatica, sanitaria intersecate tra loro che stanno mettendo a repentaglio la sopravvivenza della vita stessa del pianeta, oggi c’è la consapevolezza che c’è da spostarsi verso un modello economico che restituisce alla Terra più di quello che le toglie.
Ora è necessario cambiare questo modello di economia lineare e rimettere al centro di tutto una visione ecologista del Pianeta, usando dati basati sulla scienza e obiettivi comuni e vincolanti. Dissociare la crescita economica dall’uso delle risorse è una necessità alla quale non ci si più sottrarre.
Proseguire le attività economiche come si è sempre fatto, non è più una opzione perseguibile. Preservare la biodiversità e i servizi ecosistemici è invece cruciale per la vita sul Pianeta e ri-pensare ad un’economia ristorativa e rigenerativa che torni ad essere a servizio della vita e delle persone.
Grazie alla capacità rigenerativa della natura, alla ricerca e all’innovazione tecnologica, l’approccio bioeconomico punta allo sfruttamento intelligente di risorse rinnovabili di origine biologica, verso una logica circolare. La bioeconomia può rappresentare la chiave di volta per un nuovo modello economico più sostenibile.
Quali sono alcune delle questioni controverse della bioeconomia?
In primis, sempre Christian Patermann, citato precedentemente, ci mette in guardia dicendo: “Il rischio è che al pari di tante soluzioni ecologiche legate alla bioeconomia, c’è il rischio che alcune diventino appannaggio delle sole classi più abbienti e che la massa non possa invece permettersele” riferendosi alle auto elettriche o alla necessità di educare anche le classi sociali meno abbienti a prestare attenzione alla raccolta differenziata.
In secondo luogo, i rincari dei costi delle materie prime e dell’energia avranno un impatto significativo per alcuni comparti della bioeconomia (agricoltura, pesca, carta per citardi alcuni) ed è questo il momento giusto per ripensare questi comparti e accompagnarli ad una transizione graduale a base vegetale. Infatti, per il modello economico vigente, una animale genera profitto quando gli si toglie la vita, come un albero genera profitto nel momento in cui è abbattuto e non quando si trova ancora in vita.
La bioeconomia deve tenere conto della responsabilità di preservare e tutelare la rigenerazione di questo Pianeta, dei servizi ecosistemici che ci offre e del prezzo inestimabile che ha un ecosistema preservato.In questo momento, la bioeconomia non tiene considerazione la soggettività delle altre specie viventi sul pianeta, considerandole alla stregua di beni o risorse rinnovabili, che possono essere sfruttate per generare valore.
Anche questo aspetto, che riguarda gli animali senzienti, deve essere preso in considerazione se si vuole rivoluzionare l’approccio che abbiamo sul mondo e sulle specie che lo condividono con noi. Inoltre, il rapporto tra la quantità di cibo necessaria per alimentare un animale e la sua crescita, rimangono, nel loro complesso, svantaggiose, il che determina l’inadeguatezza ecologica di un modello zootecnico esteso come quello attuale.
Quali sono le nuove opportunità dalla bioeconomia?
La bioeconomia potrà generare nuovi posti di lavoro in diversi ambiti; In primis, la conversione del sistema socioeconomico energetico ed estrattivo verso modelli circolari ed efficienti, un’agricoltura a minor impatto ambientale, la gestione sostenibile delle foreste, la bonifica di siti contaminati, la riqualifica di siti e poli industriali dismessi, la transizione dell’’industria zootecnica ad altri tipi di reddito agricolo che non coinvolgano gli animali.
Quelle riportate sono alcune delle proposte da prendere in considerazione quando pensiamo alla costruzione di un nuovo sistema guidato da un paradigma diverso, che ha come scopo principale quello di restituire alla Terra più di quando le venga tolgo, e di garantire il benessere di tutti i suoi abitanti. Per fare tutto questo, la ricerca scientifica sarà fondamentale ad individuare le migliori tecnologie per contrastare i cambiamenti climatici e progettare il futuro di domani.
Anche i cittadini avranno un loro ruolo nella creazione di una bioeconomia più sostenibile: modificando i loro stili di vita, potranno impattare meno scegliendo una dieta a base vegetale, prevenendo lo spreco di cibo e gestendo correttamente gli scarti organici per convertirli in fertilizzanti tramite compostaggio o digestione.
Le sfide che ci attendono sono tutte interconnesse e si possono fronteggiare utilizzando un approccio pragmatico.