Addio Isee? Arriva il quoziente familiare: come funziona e chi ci guadagna

Rivoluzionare il meccanismo dell'assegno unico e l'Irpef, premiando in particolare le coppie con figli e le famiglie numerose. Il progetto del Governo incontra però diversi ostacoli

Il Governo Meloni è chiamato a diverse decisioni in tema di politica economica prima dell’approvazione della Legge di Bilancio. E i detrattori già fioccano, anche per quanto riguarda le nuove modalità di calcolo dei contributi alle famiglie e della relativa situazione economica. L’intento dell’Esecutivo sarebbe quello di introdurre un “quoziente familiare” per rivoluzionare l’Irpef. Dando così meno peso all’Isee come parametro per la quantificazione dell’assegno unico (qui trovate tutte le “promesse” del Governo Meloni).

Cos’è il quoziente familiare e come funziona

L’applicazione dell’aliquota del nuovo quoziente familiare si basa in sostanza su un rapporto: quello tra la somma dei redditi dei coniugi, divisa per i componenti del nucleo familiare. Sebbene Fratelli d’Italia non abbia fornito dettagli né schemi programmatici sul provvedimento, il parametro del quoziente familiare è stato già introdotto, con il Decreto Aiuti quater, per calcolare il limite di reddito che consente di accedere al Superbonus per le abitazioni unifamiliari (e a proposito di Superbonus, cambia di nuovo tutto per cessione credito e sconto in fattura). La portata della “rivoluzione” incarnata dalla misura, però, porterà con ogni probabilità all’ufficializzazione del quoziente familiare non prima del 2024.

La necessità di un nuovo meccanismo è stata evidenziata anche dalla ministra Roccella, secondo la quale “circa un milione di potenziali beneficiari ha scelto di rinunciare all’assegno”. Da qui la volontà di riformare l’assegno unico nell’ottica di premiare le famiglie più numerose che, afferma la titolare del Dicastero della Famiglia, “finora sono state generalmente maltrattate dal Fisco”. Ecco che nel mirino è finito l’indicatore Isee, che non avrebbe tutelato a sufficienza i nuclei con più figli.

La situazione dell’assegno unico

Attualmente l’assegno unico universale sintetizza in un unico contributo altre agevolazioni come il bonus nascita, l’assegno di natalità, l’assegno temporaneo e infine quello per le famiglie con almeno tre figli. Per ottenerlo è necessaria la presenza di figli minorenni a carico dal settimo mese di gravidanza ai 21 anni, se studenti o senza lavoro, e/o di figli disabili senza limiti di età (per chi arrivano gli aumenti: le tabelle con i nuovi importi).

Una volta presentata e accettata la domanda, il contributo verrà erogato dall’INPS tramite bonifico bancario sui conti correnti delle famiglie. Il tutto facendo ovviamente riferimento all’Isee.

Chi ci guadagna?

A una prima analisi, il quoziente familiare sembra premiare le coppie con figli e i nuclei più numerosi. Non è però ancora chiaro se il meccanismo presenterà svantaggi per gli altri contribuenti, in particolare se dovesse essere introdotto a gettito invariato, e per il mondo del lavoro femminile, sul quale potrebbe esercitare un effetto disincentivante. La misura prevede infatti un’aliquota marginale media per entrambi i coniugi, a metà tra quella del contribuente più ricco e quello più povero.

Parlando in termini pratici, e traducendo l’ipotesi in numeri, nel caso di beneficiari single il “coefficiente” sarà di 1. Nel caso invece di una coppia senza figli il coefficiente sarà 2, mentre con un familiare a carico sarà di 2,5, con due familiari sarà pari a 3 e con tre o più familiari sarà di 4.

Un esempio

Scendendo ancora più in ambito pratico, consideriamo la situazione di un contribuente con un reddito di 60mila euro e coniuge senza entrate. Il “reddito di riferimento” sarà di 15mila euro se il coniuge non ha reddito e nel nucleo familiare ci sono almeno tre figli a carico. La somma salirebbe a 20mila per una coppia con due figli e a 24mila euro per una coppia con un solo figlio. Tornando al caso del cittadino non coniugato, cioè con coefficiente 1, il valore di riferimento corrisponderà ovviamente al totale dei redditi dichiarati.

Prendendo un altro esempio, possiamo osservare differenze che chiariscono meglio il funzionamento del meccanismo. In un nucleo in cui l’uomo dichiara un reddito di 50mila euro e la donna di 15mila, entrambi sarebbero chiamati a pagare l’Irpef come se percepissero un reddito di 25mila euro.