Nuovi obblighi fiscali per le piattaforme online su cui avvengono operazioni di vendita. L’Italia ha recepito la direttiva dell’Unione Europea sulla tracciabilità dei guadagni digitali, varata al fine di recupere un gettito extra e assicurare il pagamento delle tasse dovute. Secondo le stime di Bruxelles la norma permetterà di ottenere complessivamente 30 miliardi di euro circa. Non tutti i venditori online sono però tenuti a rispettare i nuovi adempimenti: l’esclusione o meno dipende dalla somma totale incassata in un anno e dal numero di operazioni effettuate.
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La normativa europea sui guadagni online
La direttiva Ue in questione è la 2021/514 (Dac 7). Il Consiglio dei ministri l’ha approvata tramite decreto legislativo di attuazione lo scorso 23 febbraio, nonostante la scadenza prefissata fosse al 31 dicembre 2022. La norma obbliga di fatto le società proprietarie di piattaforme online, come possono essere Booking o Vinted, a comunicare i guadagni dei loro utenti al Paese membro dell’Unione europea in cui hanno sede.
Per fare un esempio pratico, se un privato vende servizi (affitti brevi) o prodotti (vestiti usati) tramite le rispettive piattaforme citate, queste devono comunicare i suoi dati all’amministrazione finanziaria di riferimento e tutte le autorità fiscali degli altri Stati europei possono averne libero accesso. In questo modo è possibile verificare il pagamento regolare di tutte le tasse. In Italia i redditi accumulati online saranno tracciati e segnalati dall’Agenzia delle entrate.
Essendo la direttiva già applicata dal 31 dicembre 2022, le prime comunicazioni dovranno arrivare entro il 31 gennaio 2024 ed essere quindi relative ai redditi del 2023. La nuova regola non include coloro che hanno incassato meno di 2.000 euro o hanno compiuto un numero di operazioni di vendita inferiore a 30.
Redditi sulle vendite online: il tracciamento
La direttiva Ue prevede specifici obblighi di privacy per il trattamento dei dati e impedisce alle piattaforme digitali di accettare i venditori che non forniscono le informazioni richieste. Nel caso dei privati occorrono generalità, codice fiscale o partita Iva ed eventuale numero di identificazione fiscale (Nif).
Le aziende devono invece comunicare ragione sociale, indirizzo, partita Iva, eventuale numero di identificazione fiscale (Nif) e altri dati identificativi dell’attività come quelli relativi al conto finanziario (titolarità, corrispettivo versato, commissioni). Per i servizi che riguardano immobili, come gli affitti brevi, la piattaforma deve fornire tra le altre cose i dettagli su tutte le operazioni. quindi anche i giorni di affitto.
Gli obblighi per chi fa vendite online
I gestori delle piattaforme sono obbligati a registrarsi presso le autorità competenti del Paese Ue di appartenenza. Chi non lo fa va incontro a sanzioni: qualsiasi comunicazione mancata dei dati comporterà una multa da 3.000 euro fino a 31.500 euro.
Per quanto riguarda invece i venditori che utilizzano il servizio offerto dalle piattaforme digitali, l’assenza delle informazioni richieste comporterà due solleciti. A 60 giorni di distanza dal secondo i conti saranno chiusi, con il conseguente impedimento di registrarsi nuovamente. I gestori potranno trattenere il corrispettivo dovuto fino all’avvenuta comunicazione dei dati mancanti.
Tra le attività di vendita online oggetto della direttiva Ue rientrano la locazione di beni immobili (sia residenziali che commerciali), i servizi personali, la vendita di beni e anche il noleggio di mezzi di trasporto.