Semplificazione, stabilizzazione e “democratizzazione”. Si potrebbero riassumere così i punti cardine della riforma del Fisco che il viceministro dell’Economia Maurizio Leo sta portando avanti in seno al Governo. In un’intervista a Il Messaggero, Leo parla dei decreti già approvati (“Questo mese – promette – si vedranno anche i primi benefici del taglio dell’Irpef”) e avanza ipotesi future.
Giorgia Meloni ha detto che il Fisco quest’anno sarà la priorità. “Meloni ha fatto molto bene a soffermarsi sull’importanza della riforma fiscale” ha detto Leo al Messaggero. “È un tema che rappresenta una priorità per il governo, perché parte fondamentale del programma con il quale ci siamo presentati agli italiani”.
Concordato preventivo e le altre novità
Ora, dopo i sei decreti legislativi approvati in maniera definitiva e già entrati in vigore, Leo e la squadra di governo puntano a portare a casa anche quelli riguardanti il concordato preventivo biennale e la disciplina dei giochi a distanza. “E non ci fermiamo qui: presenteremo anche i decreti su sanzioni e riscossione, altri due temi sui quali urge un intervento normativo”.
Leo ha in mente di intervenire sul versante della collaborazione e della semplificazione, “per evitare che si accumuli una montagna del genere”. In altre parole, significa “un’idea di Fisco che interviene ex ante piuttosto che ex post. E questo noi lo stiamo facendo, mettendo a punto provvedimenti come l’adempimento collaborativo, che è uno dei sei provvedimenti già in vigore, ma anche il concordato preventivo biennale, che al momento è all’esame del Parlamento, in attesa di essere definitivamente approvato, entro questo mese, dal consiglio dei Ministri”.
Il punto dolente riguarda senz’altro le cartelle esattoriali, che dopo la pandemia sono tornate a “piovere” sulle tasche già vuote degli italiani. “Vogliamo ripensare il meccanismo di riscossione nel suo complesso, rendendolo più semplice, più accessibile e venendo incontro ai contribuenti onesti che hanno difficoltà finanziarie” ha spiegato. Nei magazzini dell’Agenzia delle entrate oggi ci sono 1.185 miliardi di tasse non riscosse, “una cifra abnorme, che dobbiamo cercare di smaltire”.
Arriva il “discarico”: cos’è e come funziona
Dunque cambieranno gli atti di riscossione. Ma come? “Uno dei punti centrali – prosegue Leo – è il discarico, ovvero la restituzione all’ente impositore, dopo 5 anni, delle cartelle inesigibili da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione”. E dopo cosa succede? A quel punto, l’ente impositore potrà valutare se intraprendere nuove verifiche e rimandare la richiesta di recupero del credito all’Agenzia, integrando ulteriori informazioni utili per l’estinzione del debito. “In questo modo, la riscossione potrà concentrarsi maggiormente sui quei crediti che invece sono esigibili”.
IA, tecnologia e Fisco
Altra novità riguarderà un utilizzo “sempre più frequente” degli strumenti digitali e dell’Intelligenza artificiale, “perché il Fisco che vogliamo deve sfruttare al massimo la tecnologia esistente, senza mai diventare invasivo”.
Rateizzazione strutturale fino a 120 rate
La rateizzazione delle cartelle sarà quindi resa strutturale, almeno in parte. In una logica di rapporto fiduciario tra amministrazione finanziaria e contribuente, per Leo “è sicuramente una cosa positiva semplificare e rendere strutturale la rateizzazione fino a 120 rate“. Anche qui, però, andrà tenuto conto di vari fattori. “L’intenzione è di venire incontro al contribuente, quando ci si trova effettivamente davanti a soggetti che non possono pagare. Il Fisco deve avere un volto umano, ma ovviamente anche essere inflessibile con chi fa il furbetto, senza fare sconti. Non possiamo permettere che ci siano soggetti che si ‘finanziano’ con le tasse”.
Un decreto ad hoc sulle sanzioni
L’altro decreto, dicevamo, sarà quello sulle sanzioni, che Leo da sempre definisce troppo alte e inique, un sistema “sproporzionato”. Anche la Corte costituzionale ha mosso rilievi in tal senso. In materia di Iva ci sono sanzioni che vanno dal 120 al 240%. “Bisogna arrivare massimo al 60%, come nella media europea. Dall’altro lato, inasprire le sanzioni accessorie per chi veramente ha posto in essere un comportamento fraudolento nei confronti dello Stato”.
Il futuro dell’Irpef: mani sulla classe media
Nell’intervista al Messaggero Leo affronta anche il tema dell’Irpef. La riforma dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche è finanziata per un solo anno, ma è stato creato un fondo alimentato dall’abolizione dell’Ace per le aziende e dai decreti attuativi, dalla Global minimum tax al concordato preventivo.
Il governo, chiarisce Leo, prevede un aumento del gettito fiscale, tenendo conto che le stime sulla nostra economia sono di crescita, superiori rispetto alla media europea. “Inoltre, dall’adempimento collaborativo e dal concordato preventivo biennale ci aspettiamo di ottenere gettito per alleggerire ulteriormente il carico fiscale”. Ma il viceministro mette le mani avanti: “Da quando ricopro questo incarico di enorme responsabilità mi sono dato una regola: non giocare con i numeri e non creare aspettative non fondate”.
Ciò che sappiamo ad oggi è che il prossimo passaggio della riforma dell’Irpef riguarderà la classe media, cioè chi guadagna da 50mila euro in su. Ancora tutto tace sulle aliquote – “Vedremo in base alle risorse a disposizione” – ma Leo si dice convinto che “non si può pensare di tassare chi ha 50mila euro lordi di reddito con un’aliquota che, comprendendo anche le addizionali regionali e comunali, raggiunge in alcuni casi anche il 50%”.
Le risorse per la riforma dovrebbero arrivare anche da una revisione delle spese fiscali. In Manovra è stata introdotta la franchigia di 260 euro per le detrazioni dei redditi superiori a 50mila euro. “La strada che abbiamo individuato è quella dell’equità e della giustizia sociale. In questo ambito si dovranno rivedere le spese fiscali superflue, ovvero quelle che non interessano la generalità dei contribuenti. Non vogliamo lasciare indietro nessuno, quindi chi ha un reddito davvero alto, e non stiamo parlando di chi guadagna 50mila euro, deve concorrere alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva. Proprio come prescrive la nostra Costituzione” conclude.