Tari, perché la tassa sui rifiuti è aumentata in tutta Italia

La Tari è aumentata, quest'anno, in tutta Italia. Cerchiamo di capire i motivi che hanno determinano questi maggiori oneri

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 4 Dicembre 2024 06:00

Sono in molti a chiedersi perché la Tari – la tassa sui rifiuti – sia più alta degli scorsi anni. In questi giorni, infatti, in molti si sono trovati alle prese con il versamento di questo obolo, che può essere effettuato utilizzando un Modello F24 o attraverso la bolletta che il Comune o l’azienda municipalizzata inviano ai residenti di una determinata località. Chi non dovesse già aver fatto il versamento, dovrà passare alla cassa a breve.

Trasversalmente, un po’ in tutti i paesi d’Italia, le famiglie si sono ritrovate con una Tari più alta da pagare. Secondo alcuni calcoli la raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti sono arrivati a costare quasi il 24% in più rispetto a quanto si era pagato nel nel 2023.

Ma perché i costi sono cresciuti? L’inflazione pesa anche sulla Tari? Cerchiamo di capire quali siano i motivi che stanno dietro a questi aumenti.

Perché la Tari nel 2024 è più cara

A determinare gli aumenti della Tari quest’anno è la delibera n. 41 del 6 febbraio 2024 dell’Arera, grazie alla quale l’autorità ha avviato un’indagine per conoscere quali fossero i criteri per determinare il costo relativo ai servizi per la gestione dei rifiuti urbani.

L’Arera, in questo modo, ha cercato di fare chiarezza su quali fossero i regimi adottati dalle amministrazioni comunali. Nell’analisi si è tenuto conto anche dell’estrema frammentazione delle tariffe, che rendono di fatto particolarmente eterogenei le tariffe che vengono applicate alle singole utenze.

Grazie a questa indagine, l’Arera ha sostanzialmente accertato che:

  • sulle utenze domestiche viene generalmente applicata una quota superiore rispetto a quelle non domestiche;
  • entrando un po’ più nel dettaglio, si scopre che una quota del 54% viene attribuite alle utenze domestiche, che scende al 46% per quelle non domestiche. Le percentuali che abbiamo appena visto si riferiscono al totale delle entrate che sono previste per coprire i costi dei servizi di raccolta dei rifiuti.

Almeno fino al 2023 sono molte le amministrazioni comunali che hanno percepito, grossomodo, la stessa percentuale – quindi siamo intorno al 50% – dalle due differenti utenze.

Cosa cambia a livello locale

Ai fini pratici la situazione a livello locale cambia. Per quanto riguarda il pagamento della Tari, con delle apposite delibere, si è cercato di porre rimedio. Si è arrivati ad innalzare la percentuale a carico delle utenze domestiche, facendola arrivare al 60% e, contestualmente, è stata abbassata al 40% quella prevista per le utenze non domestiche.

Le motivazioni di questa scelta sono molto chiare: le amministrazioni comunali hanno deciso di spostare la Tari e il relativo carico fiscale dai commercianti e dagli artigiani ai privati.

Ai fini pratici questo ha avuto una conseguenza ben precisa: i tributi a carico delle utenze non domestiche – scelta effettuata per alleggerire la pressione tributaria sui negozi, che ne ha determinato la chiusura di molte attività – sono leggermente scesi. Contestualmente è stato registrato un sensibile aumento – che è compreso tra il 10 ed il 50% in più rispetto al 2023 – per le utenze domestiche.

Facendo una media degli aumenti della Tari, per le utenze non domestiche i maggiori oneri hanno raggiunto il picco del 24%. A mettere in evidenza questi darti è l’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva.

Chi deve pagare la Tari

Prima di addentrarci ulteriormente sugli aumenti della Tari nel 2024 è meglio soffermarsi un attimo su chi debba mettere mano al portafoglio per pagare questo obolo. A determinare la tariffa sulla tassa rifiuti ci pensano direttamente le amministrazioni comunali, che la calcolano sulla base alla superficie e alla quantità di immondizia prodotta. O alla quantità e qualità dei rifiuti per unità di superficie. Nel determinare gli importi vengono presi in considerazione anche la tipologia dell’attività svolta e il costo del servizio rifiuti.

L’articolo 1, comma 6421, della Legge n. 147/2013 prevede che il pagamento della Tari debba essere effettuato da chiunque sia in possesso – o detenga a qualsiasi titolo – dei locali o delle aree scoperte che possano produrre dei rifiuti urbani. La Tari deve essere versata da quanti siano proprietari:

  • dei locali. Con questo termine si devono intendere tutte quelle strutture fissate al terreno e chiuse almeno su tre lati;
  • delle aree scoperte. Ossia quei terreni nei quali non siano presenti degli edifici o delle strutture edilizie, degli spazi circoscritti che non facciano parte integrante del locale. Ma che, ad ogni modo possano essere utilizzati e come tale possano produrre dei rifiuti urbani e assimilati.

Sono tenuti a pagare la Tari quanti occupino l’immobile, indipendentemente dal fatto che ne siano un inquilino in affitto o il proprietario. Devono effettuare il versamento della tassa:

  • il proprietario dell’immobile, che in quel momento lo sta occupando;
  • l’inquilino che abbia sottoscritto un contratto di locazione superiore a 6 mesi. Nel caso in cui il contratto abbia una durata inferiore decade in automatico l’obbligo al pagamento della Tari.

Chi è escluso dal pagamento

Non sono soggette al pagamento della Tari le aree che, almeno oggettivamente, risultano essere inutilizzabili e che quindi sono state escluse dal servizio pubblico di nettezza urbana. Tra queste rientrano:

  • le aree scoperte pertinenziali o accessorie alle civili abitazioni;
  • le aree condominiali comuni.

È bene sottolineare, ad ogni modo, che la Tari deve essere versata anche per le pertinenze, la cui superficie deve essere sommata a quella dell’abitazione principale.

Dove la Tari costa di più

La Tari non ha lo stesso costo in tutte le città italiane, che applicano delle tariffe differenti. Mediamente costa più al Sud rispetto che al Nord, una differenza determinata da una gestione della raccolta rifiuti più inefficiente. Stando all’ultimo rapporto redatto da Cittadinanzaattiva, le prime cinque città nelle quali la Tari costa di più sono le seguenti:

  • Catania: 594 euro;
  • Pisa: 512 euro. Nel 2023 era pari a 481;
  • Genova: 501 euro. Fino allo scorso anno si pagavano 492 euro;
  • Napoli: 482 euro. Rispetto a quello che abbiamo visto in precedenza p in controtendenza: nel 2023 si pagavano 491 euro;
  • Reggio Calabria: 478 euro, lo scorso anno si pagavano 443 euro.

In sintesi

Nel 2024 molte famiglie hanno notato che la Tari è stata più cara rispetto a quella dello scorso anno. A determinare questo aumento dei costi è stata la decisione di far pesare maggiormente sulle famiglie – rispetto che alle attività commerciali – il costo della gestione del servizio della raccolta dei rifiuti.