Omicron, la guida per la quarantena: quali farmaci assumere

Il successo della campagna vaccinale ha portato ad un crollo delle ospedalizzazioni e così sono sempre di più i pazienti che possono curarsi in autonomia

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Redazione

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Gli ultimi dati divulgati dalle autorità sanitarie per quanto riguarda la pandemia mostrano in maniera piuttosto evidente come il quadro epidemiologico generale in Italia sia in netto miglioramento, soprattutto se rapportato alla situazione dei due anni precedenti.

Trascurando il paragone con la primavera del 2020 in cui il mondo intero tratteneva il fiato per il nuovo grande nemico globale, anche rispetto al 2021 i numeri sono molto più confortanti: non tanto dal punto di vista dei casi (in tutta Europa e non solo il numero dei contagi varia di mese in mese, impennandosi o abbassandosi), quanto da quello degli ospedali e delle occupazioni dei reparti, neanche paragonabili rispetto ai periodi di massima difficoltà del sistema sanitario del nostro Paese.

Contrastare la variante Omicron: l’azione congiunta dei vaccini e dei farmaci

Questa situazione è frutto sia dei confortanti risultati della campagna vaccinale – con quasi 137 milioni di dosi somministrate e una copertura immunitaria che sfiora il 95% della popolazione over 12 – sia del fatto che molte persone che risultano positive al virus non hanno più l’esigenza di curarsi presso una struttura ospedaliera, ma possono far fronte alle complicanze legate al coronavirus tramite un trattamento domiciliare.

Ma quali sono i farmaci da utilizzare per chi può curare il Covid-19 – e, in particolare, l’infezione riportata per la variante Omicron – trascorrendo la quarantena in casa?

Farmaci per la quarantena a casa: le indicazioni per pazienti asintomatici e malati gravi

Per gli asintomatici o cosiddetti paucisintomatici (ossia la stragrande maggioranza dei positivi), il trattamento si basa sull’assunzione di paracetamolo e dei prodotti denominati Fans (i farmaci antinfiammatori non steroidei). Queste due tipologie di medicinali sono indicate in caso di comparsa di sintomi quali la febbre, il mal di testa e i dolori articolari.

Chi invece rischia la malattia grave a causa della compresenza di patologie pregresse (come diabete o obesità) o per uno stato di compromissione del proprio sistema immunitario (pazienti oncologici o trapiantati) o anche semplicemente per l’età avanzata, può essere candidato ai farmaci costruiti specificamente su Sars CoV-2. Per questa categoria di medicinali sono indicati gli antivirali ma anche gli anticorpi monoclonali.

I primi agiscono bloccando la replicazione del virus, mentre i monoclonali forniscono al paziente una barriera difensiva immediatamente attiva. Però – come ribadito più volte dal professor Giuseppe Remuzzi (direttore dell’Istituto di Ricerche farmacologiche “Mario Negri”) – né gli uni né gli altri hanno effetto profilattico: per prevenire l’infezione, e ancor più la malattia severa, l’unica soluzione allo stato attuale rimane quella dei vaccini.

Antivirali e monoclonali, quali effetti sulla variante Omicron?

Ma come si comportano questi farmaci con le varianti ad oggi nettamente più diffuse, ossia Omicron e le sue subvarianti?

I medicinali antivirali usati in Italia in questo momento (remdesivir, molnupiravir e nirmatrelvir/ritonavir) hanno mantenuto la propria efficacia nei confronti dei nuovi ceppi, a patto che la loro somministrazione avvenga tra i 5 e i 7 giorni successivi all’insorgenza dei sintomi. Per quanto riguarda invece gli anticorpi monoclonali, i dati mostrano come si siano rivelati utili fino all’arrivo della variante Delta, ma purtroppo molto meno con la comparsa di Omicron.