Residenza fiscale e cittadinanza, le differenze per Fisco e tasse

Un errore in cui cadono quanti si vogliono trasferire all'estero è ritenere che la residenza fiscale e la cittadinanza siano la stessa cosa. Ma per le tasse da pagare non è così

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Residenza fiscale e cittadinanza sono due concetti differenti, anche se nell’uso comune vengono spesso confusi. Il primo indica in quale Paese un contribuente è tenuto a versare le tasse, il secondo l’appartenenza legale e politica a un particolare Stato, in cui vengono esercitati i diritti e i doveri civili (compreso quello di voto).

L’errore nel quale cadono spesso molte persone – soprattutto quelle che si trasferiscono all’estero – è ritenere che i due status coincidano sempre. Questa confusione di massima può portare a un grossolano errore: ritenere di non essere tenuti a versare le tasse in Italia per il semplice fatto che si è presa la cittadinanza all’estero.

Cos’è la cittadinanza

La cittadinanza è l’elemento base che determina l’appartenenza di un individuo a un determinato Stato, dove può esercitare i propri diritti e al quale è legato per i relativi doveri.

Nei primi rientrano quello di voto o di ricoprire alcuni pubblici impieghi. Tra i doveri ci sono quelli di fedeltà e l’obbligo di difendere lo Stato nei modi e nelle tempistiche previste dalla legge.

In un certo senso è possibile affermare che la cittadinanza è un vincolo giuridico-politico che lega un singolo individuo a un Paese e dal quale scaturiscono i relativi diritti e doveri.

A disciplinare la materia è la Legge 91 del 5 febbraio 1992, al cui articolo 1 è stato stabilito che la cittadinanza italiana viene acquisita alla nascita nel momento in cui:

  • il nascituro sia figlio di cittadini italiani, anche quando lo sia solo un genitore – vale, quindi, il principio dello ius sanguinis;
  • quanti nascono sul territorio italiano, nel caso in cui i genitori siano ignoti, apolidi o se il Paese di origine non trasmette la cittadinanza a chi è nato all’estero.

È possibile acquisire la cittadinanza attraverso:

  • il riconoscimento di filiazione, che avviene in automatico per i minori ed è facoltativo entro un anno per i maggiorenni;
  • matrimonio con un cittadino italiano, ma solo dopo aver soddisfatto particolari requisiti;
  • naturalizzazione, che avviene dopo almeno 10 anni di residenza legale in Italia.

Da un punto di vista strettamente pratico, attraverso la cittadinanza un individuo riesce a ottenere il diritto al voto e l’accesso ai servizi pubblici. Può risiedere senza limiti temporali nel territorio di un Paese e, soprattutto, gode della protezione diplomatica.

In cosa consiste la residenza fiscale

Gli scopi e, soprattutto, la natura della residenza fiscale sono completamente diversi: è l’elemento base sul quale vengono applicate le imposte sui redditi.

Stando a quanto previsto dall’articolo 2, comma 2 del Dpr n. 917/86 sono considerate come residenti in Italia le persone fisiche che per almeno 183 giorni l’anno (che diventano 184 negli anni bisestili) sono in possesso di uno dei seguenti requisiti:

  • risultano essere iscritti nell’anagrafe della popolazione residente (questa è una presunzione relativa);
  • sono residenti nel territorio dello Stato – o, più correttamente, al suo interno hanno la dimora abituale;
  • hanno il domicilio in Italia, che è il luogo nel quale si sviluppano principalmente gli interessi personali e familiari;
  • sono presenti fisicamente.

Uno dei criteri più difficili da interpretare, in questo contesto, è quello del domicilio. Con la sentenza n. 26975/2019 la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento molto importante: il domicilio fiscale deve essere identificato con il luogo nel quale ci sono i rapporti patrimoniali, familiari e sociali più importanti del contribuente.

A partire dal 2024, inoltre, i collegamenti personali di un singolo soggetto costituiscono un peso indubbiamente più pesante rispetto ad altri.

Il legislatore, inoltre, ha previsto una presunzione legale relativa di residenza fiscale italiana per quanti decidano di trasferirsi in un Paese a fiscalità privilegiata che rientra nella blacklist. Sempre che il diretto interessato non sia in grado di presentare una prova contraria.

Quali sono le differenze tra i due status

Le differenze che intercorrono tra la residenza fiscale e la cittadinanza si possono riassumere nel seguente modo.

Permanenza nel tempo

Una delle caratteristiche principali della cittadinanza è quella di essere permanente. Al contrario la residenza fiscale, nel corso degli anni, può cambiare, condizionata da una serie di circostanze.

Modalità di acquisizione

Si riesce a ottenre la cittadinanza per nascita o grazie a una serie di procedimenti amministrativi formali. A condizionare la residenza fiscale sono degli elementi di fatto, come possono essere la presenza fisica o il centro di interesse.

Effetti giuridici

Attraverso la cittadinanza si acquisiscono alcuni status politico-civili, mentre la residenza fiscale determina unicamente l’obbligo di versare le imposte.

Prove, certificato e criteri

La cittadinanza può essere dimostrata, molto semplicemente, attraverso il rilascio di un certificato da parte del Comune. La residenza deve essere dimostrata attraverso la sussistenza di una serie di criteri ben precisi.

Doppia cittadinanza: cosa comporta per il Fisco

Le persone in possesso della doppia cittadinanza, purtroppo, devono affrontare una serie di complicazioni dal punto di vista della pianificazione fiscale.

Solo per fare un esempio, gli Stati Uniti applicano il principio della tassazione che si basa sulla cittadinanza, il cosiddetto citizenship-based taxation, non importa dove sia la residenza fiscale del singolo soggetto.

Questo significa, molto semplicemente, che un italiano in possesso anche della cittadinanza statunitense deve:

  • rispettare gli obblighi fiscali del Paese nel quale ha collocato la residenza fiscale;
  • presentare la dichiarazione dei redditi negli Stati Uniti perché cittadino statunitense;
  • gestire correttamente le convenzioni internazionali, in modo da evitare l’applicazione delle doppie imposizioni.

Attraverso la risoluzione n. 72/E/2016, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che essere un cittadino straniero non determina, in modo automatico, la perdita della residenza fiscale in Italia, nel caso in cui dovessero continuare a sussistere i criteri previsti dell’articolo 2 del Tuir.

Come effettuare il trasferimento di residenza fiscale

In questo ampio contesto, trasferire la residenza fiscale in modo corretto per evitare l’imposizione della doppia tassazione (o doppie imposizioni) è importante. Soprattutto per evitare che l’Agenzia delle Entrate apra dei contenziosi.

Le pratiche a cui è necessario prestare la massima attenzione sono le seguenti:

  • deve essere effettuata la cancellazione anagrafica e si deve procedere con l’iscrizione all’Aire, un requisito formale che però costituisce una presunzione relativa di residenza fiscale in Italia;
  • deve essere trasferito effettivamente il centro di interessi, quindi devono essere portati all’estero il conto corrente principale, gli investimenti e la famiglia;
  • è necessario rimanere all’estero per un numero sufficiente di giorni nel corso del periodo d’imposta;
  • è necessario essere in possesso della documentazione nominativa attraverso la quale venga attestato il reale trasferimento.

L’Agenzia delle Entrate, attraverso la circolare n. 304/E del 1997 ha sottolineato che il trasferimento debba essere reale ed effettivo, non solo formale.