Russia e Ucraina riprendono i contatti, con Trump riaperti i canali diplomatici

Grazie a un’iniziativa diplomatica di Trump, Russia e Ucraina tornano a parlarsi dopo tre anni di guerra, aprendo uno spiraglio di tregua tra incognite geopolitiche e riflessi sui mercati

Foto di Francesca Secci

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 20 Maggio 2025 08:47

Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha reso noto che Mosca e Kiev hanno riallacciato i contatti. Una dichiarazione scaturita dopo una telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, che ha assicurato l’immediata apertura di negoziati tra le due parti. Secondo Peskov, il riavvio del dialogo rappresenta un passaggio rilevante, simbolico, ma non ancora di certo determinante.

Di fatto, siamo di fronte al primo contatto formale dopo oltre tre anni di guerra convenzionale su scala industriale nel cuore d’Europa. L’annuncio non implica alcuna svolta automatica, ma indica che il Cremlino ha scelto di rilegittimare l’interlocuzione con il governo ucraino.

A determinarlo non è tanto un mutamento militare sul campo, quanto la valutazione strategica della Russia, che si prepara a un lungo confronto, e del blocco occidentale, che mira a congelare il conflitto prima di un suo allargamento. La partita si apre ora su tavoli multipli, e per questo, come sempre, va interpretata nel suo insieme.

Trump rilancia il negoziato: colloqui di pace possibili in Vaticano

Alla base della ripresa dei contatti vi è un’attività diplomatica incessante. L’intervento di Donald Trump (che ha tenuto colloqui separati con Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky) ha contribuito a creare una finestra di opportunità. Ha suggerito un’immediata apertura dei negoziati, ipotizzando persino il Vaticano come sede, definendolo “un luogo ideale”.

La Santa Sede avrebbe confermato la propria disponibilità, ma Mosca, pur ringraziando, non ha ancora assunto una posizione definitiva sul luogo degli incontri.

Negli ultimi giorni si sono tenuti colloqui riservati in Turchia, altra piattaforma utilizzata da entrambe le delegazioni sin dalle fasi iniziali del conflitto. Il dato di fondo è che le parti stanno sondando vie d’uscita, pur restando lontane su ogni questione sostanziale.

Zelensky ha ribadito che nessuna decisione potrà essere presa “senza l’Ucraina” e che Kiev non è disposta ad accettare concessioni territoriali.

Cresce la pressione internazionale, Ue e Italia valutano nuove mosse

L’Europa segue da vicino gli sviluppi: alcuni leader dell’Unione, tra cui il cancelliere tedesco Friedrich Merz, ritengono che i colloqui tra Mosca e Kiev vadano sostenuti da un rafforzamento delle sanzioni. Merz ha confermato l’intenzione di proseguire su questa linea dopo aver parlato con Donald Trump.

Roma, attraverso Giorgia Meloni, ha espresso disponibilità a facilitare i contatti. Non si tratta tanto di un’iniziativa autonoma quanto di un tentativo di posizionamento in un contesto multilaterale, dove l’Italia cerca di non restare ai margini.

L’enfasi sulla necessità di interrompere le ostilità e sul ruolo dell’Ucraina nei colloqui riflette la linea atlantica, ma anche il tentativo di salvaguardare spazi di manovra nel medio termine, quando la trattativa entrerà in una fase più tecnica e meno visibile.

A livello geopolitico, la riapertura del dialogo non implica affatto un rapido accordo di pace. Il Cremlino stesso avverte che la trattativa sarà lunga e complessa: Peskov ha affermato che non è stata fissata alcuna scadenza per il memorandum di pace, poiché “il diavolo si nasconde nei dettagli”. Putin ha infatti chiesto che il memorandum definisca i principi di soluzione e la tempistica di un eventuale accordo, compresi i termini di un cessate il fuoco.

Le tensioni permangono: Kiev rifiuta di considerare qualsiasi riduzione del proprio controllo territoriale, nelle parole del governo ucraino, non ci sarà ritiro da alcuna area contesa. Parallelamente, le cancellerie occidentali sono scettiche riguardo alle intenzioni del Cremlino, temendo che Mosca utilizzi il negoziato per congelare il conflitto alle proprie condizioni.

L’annuncio della ripresa del dialogo arriva in un momento delicato: gli Stati Uniti appaiono in parziale divergenza rispetto ad alcune posizioni europee, segnale di un attrito interno all’Alleanza Atlantica. Il memorandum di pace, nella sua versione preliminare, cerca di offrire un perimetro di stabilizzazione regionale. Ma come spesso accade in questi contesti, ciò che conta non è il principio ma la sua applicazione concreta: ogni dettaglio, ogni formula giuridica, sarà oggetto di confronto serrato.

Sul piano regionale, un’intesa potrebbe cambiare l’equilibrio militare e diplomatico in Europa orientale. Le riserve strategiche di armi per l’Ucraina sono ingenti, mentre la Russia deve contemperare il conflitto in Ucraina con tensioni in altre aree (Caucaso, Asia Centrale).

Un cessate il fuoco, anche temporaneo, ridurrebbe il rischio di escalation nucleari e libererebbe risorse globali. Restano aperte le questioni di Crimea e Donbass, che Mosca considera proprie, e dei confini di fatto creati dalla guerra.

In assenza di un mandato formale di pace, l’unico elemento nuovo è la disponibilità a negoziare senza “precondizioni”, come riportato da Putin. L’attenzione geopolitica si concentra ora sul compromesso possibile: se la tregua dovesse reggere, l’Europa potrebbe imprimere un nuovo corso, diversamente la retorica bellica riprenderà vigore.

Tregua in vista? Le reazioni dei mercati tra oro, gas e titoli energetici

I mercati hanno reagito con un moderato ottimismo. L’ipotesi di una tregua ha ridotto la domanda di beni rifugio: il prezzo dell’oro è sceso dello 0,5%, dopo un periodo di crescita legato all’incertezza.

Le Borse europee hanno registrato rialzi: il DAX tedesco ha toccato nuovi picchi e il titolo BASF, sensibile alle forniture di gas, è cresciuto oltre il 5% dopo l’annuncio delle trattative. Bloomberg scrive che un cessate il fuoco potrebbe ridurre i costi dell’energia, uno dei principali fattori di pressione sull’economia europea. Già nei giorni precedenti, il prezzo del gas naturale europeo era sceso di oltre il 10%.

Ci sono però rischi concreti. La dipendenza europea dalle forniture energetiche russe come gas, petrolio e metalli, non si dissolve facilmente. Le forniture potrebbero riprendere solo parzialmente, nonostante gli sforzi per diversificare.

L’euro resta sotto pressione per le tensioni geopolitiche e l’inflazione, oscillando tra 1,02 e 1,05 dollari negli ultimi mesi. Se la pace dovesse consolidarsi, si prevede un rallentamento dell’inflazione globale grazie a minori pressioni su petrolio e grano, oltre a una riduzione delle spese militari straordinarie in Europa.

C’è ancora la questione delle sanzioni: finché Mosca sarà soggetta a embargo, gli investitori manterranno un atteggiamento prudente rispetto a possibili allentamenti.