Missili alla Serbia, la Cina spaventa l’Europa: cosa rischiamo

Si stringe l'asse Pechino-Belgrado. Il sistema terra-aria HQ-22 è stato consegnato settimane fa, preoccupando non poco la Nato. E la Russia non sta certo a guardare

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Che i Balcani fossero una zona caldissima dell’Europa, la storia lo ha insegnato e la guerra in Ucraina lo ha confermato. Da mesi infatti diversi analisti paventano un possibile ampliamento del conflitto ai territori situati all’altro capo del Mar Adriatico. In cima alla lista c’è la Serbia, il Paese più filorusso della regione.

A preoccupare la Nato, e quindi anche l’Italia, sono però le mosse di un’altra grande nazione, per certi versi ancora più temibile della Russia: la Cina. Non è un mistero che il gigante asiatico abbia inviato missili antiaerei alla Difesa serba, la quale non ha perso occasione di mostrare i muscoli al mondo intero, generando non poca preoccupazione.

Quali armi ha inviato la Cina alla Serbia e perché

Qualche settimana fa il governo guidato da Aleksandar Vucic si è visto recapitare dal regime di Xi Jinping un sofisticato sistema terra-aria HQ-22. Il pacchetto include i temibili missili antiaerei FK-3, paragonabili in prevalenza agli americani Patriot o ai russi S-300 pur avendo, secondo gli esperti, una gittata inferiore: 170 chilometri per un’altitudine di 27. La Serbia diventa così l’unico Paese europeo a detenere strumenti bellici di questi tipo, provenienti dalla Cina.

Una mossa che non piace per nulla agli Stati Uniti di Joe Biden, che già nel 2020 ne avevano sottolineato la pericolosità. Al punto da “vincolare” le aspirazioni serbe di ingresso nell’Ue o in altre alleanze occidentali all’impiego di sistemi difensivi con standard meno “esotici”. Un avvertimento che però sembra essere caduto nel vuoto, visto che Belgrado ha scelto di riempire i propri arsenali di armi russe e cinesi. Tra queste spiccano carri armati T-72, jet da combattimento MiG-29, elicotteri d’attacco Mi-35 e droni.

Il governo cinese, da parte sua, inquadra l’invio di armamenti alla Serbia come la conferma di un sodalizio in ottica anti Nato. La consegna, annunciata dal portavoce del ministro degli Esteri cinese, Zhao Lijian, riguarda “forniture militari regolari” nell’ambito di quella che è stata definita “la più grande operazione militare all’estero”. Il sodalizio serbo con la Cina va avanti ormai dal 1999, anno in cui la Nato bombardò l’ex Jugoslavia per oltre due mesi provocando migliaia di vittime. Tra queste, si contarono anche numerosi cittadini cinesi.

I missili FK-3: cosa sono

Gli ordigni balistici forniti dalla Cina alla Serbia meritano uno sguardo più attento e dettagliato. Cominciamo col dire che, come ricorda Il Messaggero, i missili FK-3 sono progettati per distruggere aerei e droni, missili da crociera ed elicotteri del nemico a tutte le altitudini. E possono farlo da un’altezza di soli 50 metri fino a 27 chilometri, a qualunque ora del giorno e con qualsiasi condizione atmosferica.

Il sistema missilistico denominato HQ-22, noto anche col nome di “Base 061”, è stato sviluppato dalla cinese Jiangnan Space Industry. Si tratta di un importante aggiornamento del sistema di difesa aerea HQ-12, presentato per la prima volta all’Airshow China nel 2016. Il 30 luglio 2017 è stato mostrato in una parata per il 90° anniversario della fondazione dell’Esercito popolare di liberazione cinese.

Le dichiarazioni della Serbia: cosa vuole Vucic

Nelle ultime settimane, la Serbia di Vucic ha mostrato senza filtri i nuovi missili cinesi ai propri cittadini. “Non saremo più il sacco da boxe di nessuno”, ha detto il presidente della Repubblica serba al termine dell’esibizione delle nuove armi in un aeroporto militare nei pressi di Belgrado. Parole che suonano molto poco distensive, visto il chiaro riferimento al bombardamento compiuto dalle forze Nato sulla Serbia in risposta alla repressione dei separatisti albanesi del Kosovo nel 1999 da parte dei serbi.

La posizione della Serbia, sospesa politicamente e geograficamente tra l’Europa e l’Est, è però meno netta di quanto non appaia. Dall’altro lato, Vucic ha voluto infatti tranquillizzare l’Occidente affermando che le consegne cinesi non devono essere viste come una sorta di minaccia, quanto piuttosto un “potente deterrente” nel caso in cui l’escalation militare dovesse coinvolgere anche il Paese.

Da anni ormai il governo serbo si mostra prudente nel danneggiare i ponti con l’Occidente, ma allo stesso tempo dà adito alla diffusa simpatia della popolazione per la Russia di Vladimir Putin come vittima di un “torto” inflitto dalla Nato. “La Serbia sta cercando di prendere decisioni completamente indipendenti riguardo al proprio destino, senza imporre sanzioni contro la Russia e portando avanti più rapidamente un percorso d’integrazione europea”, ha affermato il ministro degli Affari esteri, Nikola Selakovic, all’emittente televisiva pubblica Rts.

Cina e Serbia contro la Nato

Le rimostranze serbe e cinesi nei confronti della Nato sembrano fatte apposta per agitare il mare delle relazioni internazionali, con Putin nel ruolo di guardiano del faro. L’ambasciata cinese in Serbia ha ribadito che “il popolo cinese non dimenticherà mai le atrocità commesse” in questo angolo d’Europa.

Dichiarazioni alle quali fanno eco quelle del ministro degli Affari interni, Aleksandar Vulin. Per quest’ultimo l’intervento militare della Nato nel 1999 è stato “un crimine contro una nazione sovrana, una grave violazione il diritto internazionale”. Non solo: ha aggiunto che la Serbia “non smetterà mai di chiedere all’Alleanza Atlantica di assumersi la responsabilità dei suoi crimini” e che “sarà sempre un amico affidabile per la Cina”.

Cosa succederà ora? Rischi e scenari

Il timore principale di Nato e Unione europea è che gli aiuti militari cinesi alla Serbia possano avere un impatto negativo sulla già incerta stabilità della regione balcanica. E che la Russia possa volgere la situazione a proprio vantaggio.

Le preoccupazioni del blocco occidentale si basano proprio sugli strettissimi legami, commerciali e politici, che il neo rieletto Vucic intrattiene con la Russia. Legami che sono tornati alla ribalta con l’ambigua posizione assunta nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina. Belgrado ha infatti votato a favore delle risoluzioni Onu che condannano l’aggressione voluta da Putin, ma al contempo non ha sostenuto le sanzioni internazionali contro Mosca. “Non stiamo imponendo sanzioni alla Federazione Russa, ma il nostro obiettivo prioritario è un percorso europeo più rapido per cambiare la società, rafforzare lo stato di diritto, attrarre quanti più investimenti possibili”, ha sottolineato il ministro Selakovic.

Secondo le intelligence occidentali, non è escluso che la Russia possa spingere la Serbia verso un conflitto armato che coinvolga gli Stati limitrofi per cercare. Il motivo sarebbe duplice: ampliare il conflitto e aprire un altro fronte, spostando inoltre l’attenzione dell’opinione pubblica dalla guerra sul suolo ucraino. Del resto proprio uno dei territori vicini, il Kosovo, aveva espresso timori e insieme parole dure nei confronti della Serbia filorussa. Il primo ministro Albin Kurti, in un’intervista a La Repubblica, aveva infatti definito Vucic “una marionetta del Cremlino alla guida di un Paese che imita la Russia pur non essendolo”.