Spiagge libere a rischio in Italia? Cosa succede

L'ultimatum dell'Unione Europea al Governo in materia di concessioni balneari potrebbe servire a poco per liberare le spiagge dagli stabilimenti

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

Non è ancora chiaro come intende muoversi il Governo sulla questione balneari. Di sicuro dovrà dare risposte all’Unione Europea entro l’estate, visto che l’ultima sentenza della Corte di Giustizia europea ricorda al Governo che è necessario procedere con l’assegnazione degli spazi delle spiagge attraverso delle gare per le concessioni. Da 13 anni l’Italia continua a non essere allineata agli altri Paesi comunitari. Ma non è detto che la fine dei rinnovi automatici possa restituire a residenti e turisti più spiagge libere.

Senza una cornice normativa a livello nazionale che indichi chiaramente dei limiti, c’è addirittura il rischio che vengano istituite delle gare in aree non ancora occupate, e il 2023 potrebbe vedere un vero e proprio boom di nuovi stabilimenti in tutte le regioni con l’affaccio sul mare.

Perché l’Europa chiede un cambio di rotta sulle concessioni balneari

Il settore balneare rappresenta una parte significativa dell’economia di molti Paesi europei, ma la gestione delle spiagge è caratterizzata da problemi di corruzione e mancato rispetto delle norme ambientali. Le concessioni balneari su piccole porzioni di litorale per un periodo limitato di tempo sono considerate dall’UE uno strumento indispensabile per regolamentare l’accesso al mare e renderne sostenibile lo sfruttamento.

La sentenza della Corte UE, riportata qua, ribadisce che le concessioni balneari in Italia non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una valutazione delle condizioni di mercato. I gestori delle spiagge non devono dunque aspettarsi di ricevere un nuovo contratto alla scadenza del precedente, ma devono dimostrare di avere le competenze e le risorse necessarie per gestire la concessione in modo efficiente e a basso impatto ambientale.

Da parte del settore sono arrivare reazioni contrastanti. In molti hanno espresso preoccupazione per la possibilità di perdere le ingenti quote investite negli anni, soprattutto in un periodo di incertezza economica come è quello attuale. Per altri operatori, invece, si rende sempre più necessaria una rivoluzione dei lidi.

Quante sono le spiagge occupate dagli stabilimenti balneari in Italia

Come già detto, istituire bandi con la verifica dei requisiti dei balneari per la concessione dei lidi non è sinonimo del fatto che ci saranno più coste libere in futuro. L’Italia ha il triste record a livello europeo di occupazione delle spiagge. In Campania, Emilia Romagna e Liguria quasi il 70% delle spiagge è occupato dagli stabilimenti.

Addirittura ci sono comuni senza neanche un metro di spiaggia libera, in barba alle leggi locali. Ciò avviene perché le limitazioni sono spesso decise a livello regionale, e si contano anche gli scoli dei torrenti o le aree degradate come litorale libero.

Manca in molte zone d’Italia un equilibrio tra le aree demaniali in concessione e quelle in cui non sorgono stabilimenti, nonostante amministrazioni ed enti virtuosi che legiferano in materia. Fatta la legge, trovato l’inganno, come si suol dire in questi casi. Un problema serio, che mina il diritto delle famiglie di accedere al mare liberamente.

Di seguito i dati delle concessioni demaniali elaborati da Legambiente nell’ultimo Rapporto Spiagge.

  • In Abruzzo, su 114 km di spiagge si contano 1.663 concessioni, che occupano il 48,1% della costa.
  • In Basilicata, su 44 km di spiagge si contano 226 concessioni, che occupano il 28,2% della costa.
  • In Calabria, su 614 km di spiagge si contano 4.665 concessioni, che occupano il 29,4% della costa.
  • In Campania, su 140 km di spiagge si contano 4.772 concessioni, che occupano il 68,1% della costa.
  • In Emilia Romagna, su 131 km di spiagge si contano 3.824 concessioni, che occupano il 69,5% della costa.
  • In Friuli Venezia Giulia, su 64 km di spiagge si contano 1.447 concessioni, che occupano il 20,3% della costa.
  • Nel Lazio, su 243 km di spiagge si contano 4.508 concessioni, che occupano il 40,8% della costa.
  • In Liguria, su 114 km di spiagge si contano 9.707 concessioni, che occupano il 69,9% della costa.
  • Nelle Marche, su 113 km di spiagge si contano 4.392 concessioni, che occupano il 61,9% della costa.
  • In Molise, su 32 km di spiagge si contano 422 concessioni, che occupano il 19,6% della costa.
  • In Puglia, su 303 km di spiagge si contano 5.570 concessioni, che occupano il 39,1% della costa.
  • In Sardegna, su 595 km di spiagge si contano 5.394 concessioni, che occupano il 20,7% della costa.
  • In Sicilia, su 425 km di spiagge si contano 5.365 concessioni, che occupano il 22,4% della costa.
  • In Toscana, su 270 km di spiagge si contano 5.090 concessioni, che occupano il 52,7% della costa.
  • In Veneto, su 144 km di spiagge si contano 4.381 concessioni, che occupano il 42,8% della costa.

Qua la decisione di Giorgia Meloni presa a gennaio sulla proroga ai balneari e spiegato bene qua l’ultimatum UE sulle concessioni al Governo.