Più tutela per i consumatori. Questa la logica della direttiva Ue del 2019 appena recepita con decreto dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto e del Ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
Molti non sanno infatti che, a livello europeo, l’Unione ha adottato una serie di misure per migliorare la conoscenza dei diritti dei consumatori fra i consumatori stessi, i professionisti e gli operatori del diritto, e per rafforzare l’attuazione dei diritti dei consumatori e dei rimedi.
Per quanto esistano regole comuni, le direttive non sono state recepite da tutti i 27 Paesi membri, e restano rilevanti carenze negli ordinamenti nazionali per quanto riguarda le sanzioni veramente efficaci e proporzionate per scoraggiare e sanzionare le pratiche scorrette, e i rimedi sono insufficienti per i consumatori danneggiati. Le multe dovrebbero essere in ogni Stato Ue effettive, proporzionate e dissuasive, ma così nella realtà non è.
Per garantire che le sanzioni pecuniarie abbiano un effetto deterrente, gli Stati membri dovrebbero fissare nel loro diritto nazionale – spiega Bruxelles – la sanzione pecuniaria massima per queste infrazioni a un livello che è almeno pari al 4 % del fatturato annuo del professionista nello Stato membro interessato o negli Stati membri interessati.
Indice
Cosa cambia per i consumatori italiani
Ora, finalmente, anche l’Italia compie un importante passo avanti in materia di tutela dei diritti dei consumatori. Il decreto varato dal Cdm amplia la tutela dei consumatori nel caso di contratti con clausole vessatorie, di condotte commerciali scorrette, di concorrenza sleale o di comunicazioni commerciali non veritiere, con conseguente modifica della disciplina delle sanzioni pecuniarie amministrative.
Tra le novità più importanti, si prevede che gli annunci di riduzione del prezzo debbano ora indicare quello praticato nei 30 giorni precedenti. Da questa nuova regola sono esclusi solo:
- i prodotti presenti sul mercato da meno di 30 giorni e
- i prodotti agricoli e alimentari deperibili.
Ampliato l’elenco delle pratiche ingannevoli: le novità
Esteso anche il concetto di pratica ingannevole o greenwashing, in cui adesso viene inserita anche la promozione di un bene, in uno Stato membro dell’Unione europea, e dunque anche in Italia, identico a un altro bene commercializzato in altri Stati membri, anche se evidentemente diverso per composizione o caratteristiche, e si arricchisce l’elenco delle informazioni considerate ingannevoli, includendo anche quelle relative alle caratteristiche dell’offerente.
Lo stesso elenco delle pratiche commerciali considerate ingannevoli si amplia. D’ora in avanti diventano ingannevoli anche:
- la mancata chiara indicazione di annunci pubblicitari a pagamento per ottenere una classificazione migliore dei prodotti
- la rivendita di biglietti per eventi acquistati utilizzando strumenti automatizzati
- l’utilizzo di recensioni del prodotto false o senza averne verificata l’autenticità.
Multe più salate ai venditori: le nuove sanzioni
Per quanto riguarda invece le multe a chi non rispetta le regole, il decreto emanato dal governo Meloni, in ottemperanza a quanto previsto dalla direttiva Ue, prevede:
- un inasprimento importante delle multe che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) può comminare in caso di pratica commerciale scorretta: il limite massimo viene alzato da 5 a 10 milioni di euro
- l’innalzamento da 5 a 10 milioni anche del massimo della sanzione irrogabile dall’AGCM per l’inottemperanza ai provvedimenti di urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti e degli impegni assunti
- una sanzione da 5mila euro a 10 milioni per violazioni in materia di clausole vessatorie.
- in caso di sanzioni a operatori transfrontalieri sulla base di informazioni acquisite anche da Autorità europee, la sanzione è pari al 4% del fatturato realizzato in Italia. In mancanza, il massimo è pari a 2 milioni di euro
- il diritto del consumatore di adire il giudice ordinario in caso di pratiche commerciali sleali
- il prolungamento a 30 giorni del termine per l’esercizio del diritto di recesso con riferimento ai soli contratti conclusi nel contesto di visite non richieste presso la casa del consumatore e di escursioni organizzate per vendere prodotti.
Nell’irrogare le sanzioni, l’AGCM tiene conto anche delle condizioni economiche e patrimoniali del professionista.
Diritto di recesso
Tra le altre regole introdotte dalla direttiva, ce n’è una anche particolarmente importante, e spesso ignorata, riguardo al diritto di recesso.
I professionisti, per i contratti negoziati fuori da locali commerciali e per contratti a distanza, sono tenuti a ottenere il previo consenso espresso del consumatore per iniziare l’esecuzione del contratto prima della scadenza del periodo di diritto di recesso.
E’ anche prevista una sanzione nel caso in cui il professionista non rispetti questa condizione, cioè che il consumatore non debba pagare per i servizi forniti.
Il requisito di ottenere il previo consenso espresso del consumatore è rilevante solo per i servizi, compresi i servizi digitali, forniti dietro il pagamento di un prezzo. In pratica, quindi, l’obbligo per i professionisti di ottenere il previo consenso espresso del consumatore si applica solo ai contratti di servizi che impongono al consumatore l’obbligo di pagare.
Vendite fuori dai negozi
Altra clausola da annotarsi riguarda le vendite negoziate fuori dai locali commerciali, che – recita la direttiva Ue – costituiscono un canale legittimo e consolidato, come le vendite presso i locali commerciali del professionista e le vendite a distanza.
Tuttavia, alcune pratiche commerciali o di vendita particolarmente aggressive o ingannevoli, nel contesto di visite presso l’abitazione del consumatore o in occasione di escursioni, possono mettere i consumatori sotto pressione inducendoli all’acquisto di beni o servizi che altrimenti non avrebbero comprato e/o all’acquisto a prezzi eccessivi, spesso con pagamento immediato.
Queste pratiche spesso prendono di mira persone anziane o altre categorie di consumatori vulnerabili. Alcuni Stati membri, in cui tali pratiche sono indesiderate, ritengono necessario limitare alcuni aspetti e forme delle vendite fuori dai locali commerciali. Se queste misure limitative sono adottate per motivi diversi dalla tutela dei consumatori, per esempio a difesa dell’interesse pubblico o ai fini del rispetto della vita privata del consumatore, sono lecite.
Ricordiamo che la Direttiva Europea del Parlamento e del Consiglio è la 2019/2161.