Spid verso l’abolizione? Si apre la partita del governo sull’identità digitale

Le convenzioni con i gestori sono scadute il 31 dicembre, ora si attende la decisione dell'esecutivo

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Redazione

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Per mantenere attivo lo Spid – il sistema pubblico di identità digitale lanciato otto anni fa e che oggi è utilizzato da 33,5 milioni di italiani – serve un accordo tra i gestori del servizio e il governo. Le convenzioni con i gestori sono infatti scadute il 31 dicembre scorso e al momento sul loro rinnovo non c’è ancora. Come riportato per primo da Wired al momento il servizio non è stato sospeso perché l’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) ha prorogato d’ufficio gli accordi al 23 aprile 2023. Ieri intanto si è tenuto un primo incontro tra il direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid), Francesco Paorici, e le undici aziende autorizzate a erogare le credenziali Spid che hanno chiesto innanzitutto di rendere Spid economicamente sostenibile.

La questione economica

Ad oggi lo Stato paga alle aziende 1 milione di euro complessivi l’anno per il servizio. Risorse che però sembrano non essere più sufficienti visto che i volumi sono aumentati e i costi di conseguenza. Da quanto è emerso dalla riunione le aziende avrebbero chiesto che tale cifra arriva almeno a 50 milioni di euro complessivi da dividere poi tra gli operatori in proporzione alle identità gestite. Ma oltre alla questione economica ci sono altre condizioni che gli operatori hanno avanzato al governo.

Le condizioni

In una lettera ad Alessandro Musumeci, capo della segreteria tecnica del sottosegretario all’Innovazione, Alessio Butti, Assocertificatori, che rappresenta il 95% delle transazioni, ha fatto sapere che oltre all’incremento del corrispettivo economico, gli operatori vogliono essere coinvolti nel caso in cui agenzia e esecutivo dovessero ripensare il futuro stesso dell’identità digitale degli italiani, l’eliminazione di schemi concorrenti e la candidatura dello Spid per il futuro sistema europeo comune di identità digitale. Se verranno soddisfatte tali condizioni le aziende si impegneranno a mantenere in piedi i servizi alle condizioni attuali fino a giugno 2023.

La posizione del governo

Il dibattito intorno allo Spid si è acceso lo scorso dicembre quando lo stesso Butti ha affermato che il sistema doveva cominciare ad essere “spento”, in favore della Carta di identità elettronica per evitare spese eccessive per lo Stato. Da quel momento però non è arrivato più alcun segnale da parte del governo, un silenzio che ha spinto le aziende erogatrici del servizio a chiedere chiarezza. La più coinvolta nella vicenda è Poste, che da sola ha erogato l’80% di Spid in circolazione. Condizioni che, se non soddisfatte, potrebbero portare almeno il 95% degli identity provider a cessare il servizio il prossimo 23 aprile, giorno in cui termina la proroga dei contratti, come anticipato da Wired. La parola adesso passa a Palazzo Chigi.