Si consuma sempre meno gas in Italia, le cifre

Da inizio anno sono stati utilizzati 3,8 miliardi di metri cubi, il 6,7% in meno rispetto allo stesso mese del 2022

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

A maggio 2023, in Italia, i consumi di gas hanno mostrato un calo significativo, attestandosi a 3,8 miliardi di metri cubi, ovvero il 6,7% in meno rispetto allo stesso mese del 2022. Nonostante il calo dei prezzi rispetto all’anno precedente, il 2022, il gas sul Ttf di Amsterdam ha raggiunto i minimi dal 2021, scendendo sotto i 24 euro al MWh (mentre nel 2022 era quasi il doppio). Successivamente, ha registrato un aumento fino a 40 euro per poi stabilizzarsi tra i 25 e i 30 euro nella seconda metà di luglio.

Il bilancio del gas pubblicato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica evidenzia che, dall’inizio dell’anno, i consumi di gas hanno subito una flessione del 16,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questa tendenza al calo dei consumi è stata confermata anche nell’andamento mese su mese del 2023: ad aprile si è registrata una riduzione del 12,3%, a marzo del 26,2%, a febbraio dell’8,5% e a gennaio del 22,3%.

Le cause della flessione

Nella recente analisi del primo semestre realizzata da Enea è stata messa in luce una contrazione significativa dei consumi di gas sia nel settore civile che nell’industria. Nel settore civile, si è registrata una flessione del 12% dei consumi di gas. Questa riduzione è stata principalmente influenzata dal minor impiego di gas per il riscaldamento, a causa delle misure amministrative e di efficienza adottate. Tuttavia, un altro fattore importante che ha contribuito alla diminuzione è stato il clima eccezionalmente mite dei primi mesi dell’anno, soprattutto a gennaio.

Nel settore industriale, la contrazione dei consumi di gas è stata del 10%. Questa diminuzione è stata determinata soprattutto dal calo fino al 20% della produzione nei settori a elevato consumo di gas, come la chimica di base, la carta, i minerali non metalliferi e la siderurgia. I consumi energetici di questi settori risultano ormai inferiori di oltre il 5% rispetto a quelli del 2020.

In generale, l’analisi di Enea evidenzia una tendenza di contrazione dei consumi di gas nel primo semestre dell’anno, sia nel settore civile che nell’industria, e ciò è stato attribuito a una combinazione di fattori quali le misure per la maggiore efficienza energetica, le condizioni climatiche favorevoli e i cambiamenti nella produzione industriale.

La dipendenza dall’estero

La provenienza del gas che arriva in Italia ha subito dei cambiamenti significativi, confermando una riduzione notevole del flusso di gas proveniente dalla Russia. A maggio, la flessione del flusso di gas dalla Russia è stata del 77,2%, con un totale di 282 milioni di metri cubi, rispetto agli 1,3 miliardi di metri cubi registrati nello stesso mese del 2022.

Dal gennaio, il gas russo in transito dal Tarvisio verso l’Italia ha subito una diminuzione del 75,3%. Questo risultato ha fatto sì che la Russia scivoli nella classifica dei maggiori fornitori di gas dell’Italia, con soli 2 miliardi di metri cubi esportati da gennaio a maggio. Attualmente, al primo posto tra i fornitori di gas dell’Italia si trova l’Algeria con 9,3 miliardi di metri cubi nei primi cinque mesi, seguita dall’Azerbaigian attraverso il Tap con 4,1 miliardi di metri cubi e dal Nord Europa con Norvegia e Olanda che hanno fornito 3,1 miliardi di metri cubi.

D’altro canto, è in aumento l’importazione di GNL, ovvero il gas naturale liquefatto, che viaggia via mare. Dai rigassificatori di Panigaglia (La Spezia), Cavarzere (attraverso il terminale GNL Adriatico di Rovigo), Livorno e Piombino (per la prima volta) sono transitati 6,9 miliardi di metri cubi, il 30% in più rispetto allo scorso anno. Questo ha portato a una nuova geografia dei fornitori di gas per l’Italia, che va dal Qatar agli Stati Uniti fino all’Egitto.

Le scorte di gas

I crolli dei prezzi del gas, dopo la sua cavalcata senza precedenti dalla seconda metà del 2021 fino al record di 346 euro al MWh registrato ad agosto 2022, sono stati causati da diversi fattori che hanno contribuito alla situazione attuale.

  • Scorte ai massimi: L’eccessiva domanda di gas nel periodo di rialzo dei prezzi aveva portato a una diminuzione delle scorte, ma successivamente, le aziende e i paesi hanno incrementato le riserve di gas per far fronte a eventuali situazioni di emergenza. Questo ha portato le scorte a livelli più elevati, contribuendo a una pressione al ribasso sui prezzi.
  • Clima mite: Durante la seconda metà del 2021 e nel 2022, si sono verificati in alcuni periodi invernali condizioni climatiche insolitamente miti in alcune regioni, riducendo la richiesta di gas per il riscaldamento e generando un surplus di offerta.
  • Rallentamento della domanda: A causa dell’aumento dei prezzi del gas, sia le famiglie che l’industria hanno adottato misure per razionalizzare i consumi energetici. Il rallentamento della domanda ha contribuito a una diminuzione della pressione sui prezzi.

A prospettiva, questi stessi indicatori si stanno ripresentando in vista della stagione autunnale, portando a una previsione di ulteriore pressione al ribasso sui prezzi del gas.

La comunicazione del CEO di Snam, Stefano Venier, riguardo agli stoccaggi di gas pieni all’87% rappresenta un ulteriore segnale che le riserve di gas sono ad un livello più elevato rispetto all’anno precedente (quando erano al 70%), il che potrebbe avere un impatto sulla stabilità dei prezzi e sull’approvvigionamento durante la prossima stagione autunnale.