Mentre in Italia si tiene alto il volume sul caso Cospito, sulle polemiche sanremesi e sulla questione accise rispetto al prezzo dei carburanti, è in ambito internazionale che il governo targato Giorgia Meloni inizia seriamente a mostrare segni di preoccupante debolezza. La settimana appena trascorsa, fra la missione franco-tedesca in Usa e la visita di Zelensky a Bruxelles, ha evidenziato come l’Italia sia in una sorta di serie B comunitaria: da una parte è ripartito l’asse tra Francia e Germania – che puntano ad essere il motore dell’Ue e in cui la presenza dell’Italia post-Draghi non è più prevista – dall’altra i paesi residuali con Polonia e Ungheria che al momento rappresentano i nostri partner più stretti. Con tutti i rischi che ne derivano.
Lo schiaffo franco-tedesco
Andando con ordine, la settimana nera della Meloni si è aperta col viaggio negli Usa dei ministri economici di Francia e Germania, che hanno voluto rassicurazioni da Washington riguardo l’intervento del governo tramite il programma IRA che è un vero e proprio aiuto di stato alle imprese americane. Bruno Le Maire e Robert Habeck hanno voluto capire quale sia il margine per non entrare in conflitto commerciale con gli Usa. L’Italia, nonostante le sponde cercate a più riprese dal governo, non è stata della partita. I ministri economici di Francia e Germania si sono limitati ad un mortificante “informeremo il ministro Giorgetti”.
Addio asse Roma-Parigi-Berlino
Il che segna una grossa differenza rispetto a Mario Draghi, che pur con tutti i problemi che l’Italia si porta dietro era riuscito a ricavarsi un ruolo, dato dall’autorevolezza personale, all’interno dell’Unione. Paradigmatico in questo senso il famoso viaggio in treno a Kiev con Scholz e Macron, che designava apertamente lo schieramento italiano in chiave atlantista e pro Ucraina. Una scelta di campo decisamente annacquata dall’attuale governo, in cui emergono al contrario forti spinte filo russe e pro Putin soprattutto in area Lega e Forza Italia. Il che può anche essere legittimo, ma ha ovviamente un prezzo.
Anche perché Draghi aveva fatto più che altro di necessità virtù, ben consapevole che l’Italia non ha la forza economica (né tanto meno militare) per essere al centro dell’Europa, mentre Francia e Germania godono – fra solidità economica, debito pubblico sostenibile e maggiore capacità di spesa – di tutt’altra rilevanza. La scelta dell’ex presidente della BCE fu quella di guadagnarsi spazio negoziale stando “in scia” a francesi e tedeschi, quella della Meloni è stata di andare subito allo scontro, forse più ideologico che pratico, con Macron sui migranti e con Scholz sul fondo comune europeo, uscendone con le ossa rotte.
Lo ‘sgarbo’ di Zelenky a Parigi
A palazzo Chigi ha dato parecchio fastidio anche il viaggio di Zelensky a Parigi, che la Meloni ha definito ‘inopportuno’. Ma del resto Francia e Germania, insieme al Regno Unito, sono i maggiori ‘contribuenti’ dell’Ucraina sul piano militare, mentre qui il sesto decreto per le armi all’Ucraina, il primo per nuovo governo, slitta di settimana in settimana. E mentre Zelensky ha preferito evitare il passaggio a Sanremo, viste le polemiche politiche suscitate dall’ipotesi di una sua presenza, attovagliandosi invece ben volentieri in Francia e poi a Bruxelles. Dove è stato accolto con calore da tutti i leader europei tranne Orban, il nostro miglior amico.
Balneari: altro scontro con Bruxelles
A proposito di Bruxelles, non sembra promettere nulla di meglio l’ennesimo scontro innescato dal nostro governo sulla vicenda delle concessioni balneari. Laddove l’Europa ci chiede di liberalizzare il settore e mettere a gara le concessioni per avere i soldi del PNRR, la Meloni ha deciso di prorogare per tutto il 2023 le attuali concessioni, aprendo un nuovo fronte. E alla fine il conto è fatto: Francia e Germania non hanno alcun interesse a coinvolgere maggiormente un paese economicamente fragile, col debito pubblico fra i più alti in Europa, balbettante sul fronte ucraino e pronto allo scontro frontale per salvaguardare la lobby delle spiagge o i tassisti. E allora non ci resta che continuare a ‘flirtare’ con Polonia e Ungheria. Ma ci conviene?
Opposizioni all’attacco
La critica della premier Giorgia Meloni al presidente francese Macron – ‘reo’ di aver invitato ieri a Parigi il presidente ucraino Zelensky a una cena a tre con il Cancelliere tedesco Scholz all’Eliseo escludendo gli altri partner Ue – scalda gli animi delle opposizioni, che ora accusano la presidente del Consiglio di aver “isolato” l’Italia, condannando il Paese “all’irrilevanza internazionale”. Dal Pd ad Azione passando per il M5S, tante le voci dei partiti contro la posizione assunta oggi da Meloni.
“Siamo esclusi dai vertici internazionali più importanti, isolati come non accadeva da anni. Serve poco lamentarsi come fa la presidente Meloni. Siamo esclusi dai vertici economici e diplomatici a causa dell’atteggiamento ondivago e inadeguato del nostro Governo”, afferma Enrico Borghi, responsabile Sicurezza del Pd. “Se addirittura la premier ed un suo vicepremier parlano una lingua diversa, e per certi versi opposta, sulla politica estera, si hanno le conseguenze odierne. Il Governo italiano viene ritenuto inaffidabile su una vicenda cruciale della nostra cronaca e della nostra storia. Gli errori si pagano e purtroppo li paga il Paese”.
“Zelensky prima a Londra, poi a Parigi con Macron e Scholz: Meloni ignorata. Inutile lamentarsi dopo. Il sostegno all’Ucraina e la ricerca della pace passano per una attività diplomatica dalla quale l’Italia viene esclusa”, scrive quindi in un tweet il candidato alla segreteria dem e presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. “Ma se per anni denigri l’Europa – scrive poi Bonaccini in un altro ‘cinguettio’ -, poi raccogli ciò che hai seminato, condannandoci all’irrilevanza internazionale”.