Istruttoria su Google aperta dall’Antitrust per pratiche commerciali scorrette

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un'istruttoria contro Google sul consenso richiesto agli utenti sul collegamento dei servizi offerti

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Pubblicato: 18 Luglio 2024 23:59

Google finisce sotto la lente di ingrandimento dell’Antitrust. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti del gigante di Mountain View e della sua capogruppo Alphabet, in merito all’invio agli utenti della richiesta di consenso al “collegamento” dei servizi offerti.

Il procedimento

Da quanto ipotizzato dall’Agcm nella sua indagine, l’autorizzazione chiesta da Google “potrebbe rappresentare una pratica commerciale ingannevole e aggressiva“, in quanto sarebbe “accompagnata da una informativa lacunosa, incompleta e ingannevole e potrebbe condizionare la scelta sul rilascio del consenso e sulla portata del consenso stesso”.

Secondo quanto spiegato dall’Autorità in una nota, “questa richiesta sembrerebbe infatti non fornire informazioni rilevanti – o le fornirebbe lacunose e imprecise – riguardo al reale effetto che il consenso produce sull’uso da parte di Google dei dati personali degli utenti. Stesse criticità esisterebbero riguardo alla varietà e alla quantità di servizi Google, rispetto ai quali può aver luogo un uso ‘combinato’ e ‘incrociato’ dei dati personali, e riguardo alla possibilità di modulare (e quindi anche limitare) il consenso solo ad alcuni servizi”.

Per l’Antitrust, inoltre, Google utilizzerebbe “tecniche e modalità di presentazione della richiesta di consenso, e anche di costruzione dei meccanismi di raccolta del consenso stesso, che potrebbero condizionare la libertà di scelta del consumatore medio. Il cliente sarebbe infatti indotto ad assumere una decisione commerciale che non avrebbe altrimenti adottato, acconsentendo all’uso combinato e incrociato dei propri dati personali tra la pluralità dei servizi offerti”.

“Analizzeremo i dettagli di questo caso e collaboreremo con l’Autorità” è stata la replica dell’azienda di fronte alla decisione dell’Agcm, tramite le parole di un portavoce.

La reazione di Codacons

Soddisfazione da parte dell’associazione dei consumatori Codacons per l’istruttoria aperta dall’Antitrust nei confronti di Google sull’invio agli utenti della richiesta di consenso al ‘collegamento’ dei servizi offerti.

“Ancora una volta i giganti del web sono al centro di indagini dell’Autorità per la concorrenza per possibili violazioni dei diritti degli utenti e pratiche scorrette in tema di privacy e uso dei dati personali dei cittadini – ha fatto sapere l’associazione -. Ricordiamo che i dati degli utenti hanno enorme valore economico sul mercato, consentendo profilazioni, pubblicità e vendite di servizi e prodotti, dati che spesso vengono raccolti in modo subdolo senza fornire adeguate indicazioni ai consumatori”.

“Le informazioni circa il consenso all’uso dei propri dati personali devono essere sempre chiare e trasparenti, per mettere in condizione gli utenti di conoscere chi e come utilizza questi dati e permettere loro di compiere scelte consapevoli che hanno ripercussioni sua sul fronte della privacy, sia sul fronte economico”, ha concluso Codacons.

La violazione della privacy

Lo scorso aprile, Google ha dovuto scendere a patti in conseguenza di una class action risalente al 2020, che accusava Mountain View di aver violato le regole sulla privacy negli Stati Uniti.

Il Big Tech ha dunque accettato di eliminare miliardi di dati contenenti informazioni personali raccolte da oltre 136 milioni di persone che negli Usa navigano su Internet attraverso il suo browser Chrome.

I dettagli dell’accordo sono emersi in un documento del tribunale oltre di tre mesi dopo che Google e gli avvocati che si occupano della causa collettiva hanno rivelato la risoluzione del caso. Tra le altre contestazioni, il colosso era accusato di tracciare l’attività internet degli utenti di Chrome anche quando questi avevano impostato il browser sulla modalità “Incognito”.