Grano italiano, prezzi in calo e semine ai minimi storici. Pesa la concorrenza con l’Est Europa

I primi dati indicano una diminuzione di 130mila ettari di grano duro, si prevede un raccolto tra i più bassi mai registrati

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

L’incremento record di questi mesi delle importazioni da Turchia, Russia e Ucraina sta mettendo a rischio la cerealicoltura italiana. Da oltre una settimana, le quotazioni sono in netta discesa: su Euronext, il prezzo del grano con consegna a marzo si è fissato a 183,5 euro per tonnellata, raggiungendo così sul mercato europeo il minimo registrato da agosto 2020. 

Crollo dei prezzi e di semina, i motivi

Se già il 2023 era stato un anno molto difficile per la semina e il raccolto del grano, anche il 2024 si prospetta complicato. I primi dati della CIA Agricoltori Italiani sulle nuove semine indicano una diminuzione di 130mila ettari di grano duro. E a causa dei cambiamenti climatici, si prevede un raccolto tra i più bassi mai registrati.

“Stiamo perdendo terreno come in una guerra”, denuncia Gennaro Sicolo, presidente di CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani. “Poiché le semine sono ai minimi storici, si rinuncia a coltivare grano, aumentando la dipendenza dall’estero. È essenziale garantire maggiore trasparenza sui mercati e riconoscere i costi ai cerealicoltori italiani. È inaccettabile che non si proceda con l’istituzione del registro telematico sulle giacenze dei cereali, Granaio Italia, fondamentale per una tracciabilità più accurata e continuamente rimandata nella sua attuazione. È altrettanto urgente l’implementazione di uno strumento che certifichi i costi di produzione per definire in modo chiaro i termini di contrattazione.”

L’Italia si trova ad importare una parte significativa dei suoi cereali essenziali, con il 40% del fabbisogno di grano duro, il 65% di grano tenero e il 55% di mais che provengono dall’estero. Questo accade nonostante la carenza di produzione nazionale e la crescente richiesta da parte dei consumatori di prodotti totalmente italiani, evidenziando una contraddizione nel panorama agricolo del paese.

“Attualmente, considerando le recenti quotazioni del grano duro intorno ai 34 euro al quintale e una resa agricola di circa 30 quintali per ettaro, si arriva a una produzione lorda vendibile di circa 1.100 euro per ettaro, mentre i costi di produzione superano nettamente i 1.400 euro per ettaro. Foggia e l’intera Puglia, principale regione produttrice di grano duro italiano, sono particolarmente colpite da questa situazione”, afferma Angelo Miano, presidente di CIA Capitanata.

Questa discrepanza tra produzione e importazione ha un impatto significativo sull’agricoltura italiana, con particolare rilievo nelle regioni come la Puglia, dove l’agricoltura del grano duro è un settore fondamentale dell’economia locale. La sfida per garantire una produzione nazionale sostenibile e competitiva diventa sempre più urgente, soprattutto considerando il ruolo cruciale che l’agricoltura svolge nella sicurezza alimentare e nell’economia del paese.

Grano canadese trattato con glifosato, l’allarme di Coldiretti

Il dibattito sulle importazioni è stato ampliato da Coldiretti Cuneo, che ha evidenziato un aumento drammatico delle importazioni di cereali dal Canada, trattati con glifosato secondo modalità vietate a livello nazionale, che sono più che raddoppiate, superando complessivamente il miliardo di chili. Nonostante il Canada rimanga il principale fornitore, l’importazione di grano russo e turco è cresciuta in modo significativo, registrando un aumento del +1164% e del +798% rispettivamente, come riportato da un’analisi pubblicata dal Centro Studi Divulga.

Coldiretti evidenzia che a incidere su questo scenario ci sono anche gli accordi commerciali agevolati, i quali portano in Italia prodotti stranieri che competono in modo sleale con quelli italiani, causando una depressione dei prezzi pagati ai produttori e rappresentando una minaccia per la salute dei cittadini. La necessità di affrontare questa situazione con misure urgenti è evidente, considerando gli impatti negativi sia sull’agricoltura nazionale che sulla sicurezza alimentare della popolazione.