Da metà gennaio il prezzo del petrolio è sceso di 20 dollari, attestandosi attorno ai 60 dollari al barile, di rifesso all’aumento dell’offerta dell’OPEC ed alle aspettative di un calo della domanda conseguente a prospettive di crescita più deboli.
Oggi, il Future sul WTI scambia a 60,74 dollari al barie, in ribasso di oltre il 15% da inizio anno, mentre il Brent del Mare del Nord scambia a 64,41 dollari al barile, in calo del 14% da inizio anno. Secondo i commodities strategist di Goldman Sachs, potrebbe verificarsi un ulteriore calo dei prezzi per la restante parte del 2025 e nel 2026 e questo ulteriore calo avrebbe impatti diversi su inflazione e PIL.
L’impatto del calo del petrolio sull’inflazione
Il calo dei prezzi del petrolio, secondo gli esperti, peserà sui prezzi al consumo dell’energia, il che rallenterà l’inflazione complessiva e compenserà una piccola parte dell’impatto inflazionistico dei dazi. Il contributo dei prezzi dell’energia all’inflazione complessiva PCE su base annua è già sceso da circa 0,05 punti percentuali a gennaio a -0,2 punti percentuali a marzo e, secondo le previsioni rimarrà a circa -0,2 punti percentuali per il resto del 2025.
L’effetto contrario dei dazi
Solitamente, le aspettative di inflazione dei consumatori tendono a essere molto sensibili alle variazioni dei prezzi della benzina. Tuttavia, le preoccupazioni tariffarie hanno recentemente determinato un forte aumento delle aspettative di inflazione dei consumatori, nonostante la pressione al ribasso derivante dal calo dei prezzi della benzina registrato finora. Su questa base gli esperti ritengono che un ulteriore calo della benzina influenzerà in misura sempre minore l’inflazione.
Modesto impulso alla crescita del PIL
Il calo dei prezzi energetici avrà un effetto positivo sul reddito disponibile reale, che a sua volta stimolerà la crescita dei consumi. Tuttavia, il calo dei prezzi del petrolio inciderà anche sugli investimenti in conto capitale nel settore energetico, che s ridurranno. Sebbene gli investimenti in conto capitale nel settore energetico siano diventati meno sensibili alle variazioni dei prezzi del petrolio rispetto al boom dello scisto (Gli esperti stimano che un calo di 10 dollari al barile inciderà sulla crescita del PIL nel prossimo anno di appena 0,05 punti percentuali rispetto agli 0,15 punti percentuali di dieci anni fa), l’effetto netto dell’aumento dei consumi e del trascinamento degli investimenti in conto capitale potrebbe tradursi in un modesto impulso alla crescita del PIL.