La sanità è da sempre il grande malato del sistema Italia. Nel 2022 sono state 15 le Regioni a chiudere l’anno con i conti in rosso relativamente alla gestione della spesa sanitaria. Il Ssn si trova su un piano inclinato in cui, anno dopo anno, la situazione va aggravandosi.
Regioni e sanità in rosso
Nel 2020 il buco nella sanità era di 800 milioni di euro. Nel 2022 il buco è passato a 1 miliardo e 470 milioni. È la Corte dei Conti a certificare che nel 2022 solo Lombardia, Veneto, Umbria, Marche, Campania e Calabria hanno chiuso i bilanci in attivo.
Le situazioni più drammatiche si registrano nella Provincia autonoma di Bolzano (buco da -297 milioni di euro), in Sicilia (-247), nella Provincia autonoma di Trento (-243) e nel Lazio (-216).
Il nodo della qualità delle prestazioni sanitarie
Oltre alla questione prettamente economica ce n’è un’altra, altrettanto seria, che riguarda la qualità delle prestazioni: sono 7 le Regioni (delle quali 5 sono meridionali) che non sono riuscite a raggiungere la sufficienza nell’erogazione dei Lea, ovvero di quei Livelli essenziali di assistenza relativamente a cure e prestazioni che la sanità pubblica garantisce gratuitamente o dietro pagamento del ticket.
In fondo alla classifica Lea pubblicata dal ministero della Salute ci sono sette realtà bollate come “inadempienti”: Campania, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano, Sicilia, Sardegna, Calabria e Valle D’Aosta.
Regioni e Province autonome vengono giudicate in base all’Nsg (Nuovo sistema di garanzia). In sintesi, ricevono un punteggio che va da 0 a 100 in tre aree nevralgiche: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. Un ente territoriale viene considerato adempiente se ottiene il punteggio minimo di 60 in tutte e tre le aree.
Tagli alla sanità nel 2024
Se la fotografia della situazione attuale non è rosea, il futuro sembra ancora meno incoraggiante: la nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza) prevede di ridurre la spesa sanitaria da 134,7 a 132,8 miliardi di euro nel prossimo anno. Ma il 2024 è un anno spartiacque: lo stesso documento prevede poi un innalzamento della spesa a 135 miliardi per il 2025 e a 138,5 per il 2026. Gli stanziamenti, però, vengono ipotizzati in base alle previsioni di crescita del Pil, che nei fatti potrebbe non rivelarsi favorevole.
Governo contro i gettonisti
Le opposizioni vanno all’attacco, ma il Governo si difende: è vero che ci saranno tagli immediati, ma l’obiettivo è quello di migliorare l’organizzazione andando a eliminare storture e criticità. Il primo obiettivo nel mirino dell’esecutivo è rappresentato dai gettonisti, ovvero quei medici liberi professionisti che appoggiandosi a coop o società private stipulano contratti con gli ospedali pubblici per tappare le croniche crisi di organico. Si tratta di una stortura dal momento che il costo di un gettonista è maggiore rispetto a quello di un medico assunto direttamente dall’ospedale. L’attrattività per la posizione di gettonista rischia di spingere sempre più medici a lasciare il pubblico per intraprendere la libera professione, andando così a impoverire ulteriormente gli organici del Servizio sanitario nazionale.
La sanità italiana sta attualmente affrontando una crisi senza precedenti legata alla carenza di personale. Per tamponare l’emergenza il governo ha intenzione, fra le altre cose, di reclutare 65mila infermieri indiani.
Al recente festival delle Regioni il ministro della Salute Orazio Schillaci ha toccato il tema dei liberi professionisti con parole dure: “Lo dico ai presidenti, visto che sono qui presenti: chiudiamola con i gettonisti, basta. È assurdo che nello stesso ospedale pubblico ci siano persone che vengono pagate tre volte di più rispetto agli altri colleghi. E chi va in un ospedale pubblico ha diritto a essere visitato da uno specialista. Io conto moltissimo sull’appoggio delle Regioni per cambiare questa situazione, quando non avremo più gettonisti vedrete che i medici torneranno al sistema pubblico e torneremo a essere attrattivi”.