Decreto cybersicurezza tra tensioni e rinvii: perché divide l’esecutivo

Il decreto cybersicurezza, rimandato all'ultimo, rivela tensioni tra ministeri su poteri e competenze. Nordio e Frattasi restano divisi sulle scelte

Foto di Francesca Secci

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 31 Ottobre 2024 08:55

Un decreto attesissimo in materia di cybersicurezza, che avrebbe dovuto stabilire linee guida definitive, sembra ancora in attesa. Dopo un rinvio strategico, il provvedimento potrebbe essere discusso nella seconda metà di novembre, all’indomani del terzo appuntamento del tavolo tecnico a Palazzo Chigi.

Il testo, nelle intenzioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio, assegnerebbe alla Procura nazionale antimafia la gestione delle indagini legate alla criminalità informatica, affiancando le autorità giudiziarie in uno scenario sempre più complesso.

Il decreto cybersicurezza fantasma: dietro le quinte di uno scontro politico

Il decreto sulla sicurezza informatica, comparso e poi misteriosamente ritirato dall’ordine del giorno del Consiglio dei ministri in meno di un’ora, non è solo un colpo di scena burocratico. È piuttosto il riflesso di una tensione crescente ai vertici dell’esecutivo, con un’agenzia governativa e figure istituzionali pronte a difendere i propri ruoli in un ambito tanto delicato quanto strategico.

Il provvedimento, che avrebbe assegnato nuovi poteri alla Procura nazionale antimafia per contrastare la criminalità informatica, limitando le competenze dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, ha generato un duro confronto tra ministeri. Nordio, non favorevole all’accelerazione sul suo testo, ha evitato la riunione, mentre Frattasi, capo dell’Agenzia, ha espresso apertamente il proprio dissenso. Palazzo Chigi ha poi giustificato il rinvio con impegni istituzionali e questioni legate alla Legge di Bilancio, lasciando tuttavia spazio a un possibile ritorno del decreto, influenzato anche dalle nuove rivelazioni dell’inchiesta di Milano.

Una pausa tattica?

Il decreto, sospeso all’ultimo momento, ha fatto emergere nuove dinamiche istituzionali. Prima del Consiglio dei ministri, un fitto dialogo tra i vari ministeri e il sottosegretario Alfredo Mantovano avrebbe evidenziato la necessità di rivedere i tempi, per far sì che il testo non solo venga discusso in Parlamento ma anche condiviso con il Quirinale.

Alcune voci indicano che il Presidente della Repubblica potrebbe fornire suggerimenti decisivi. Intanto, il nucleo per la cybersicurezza, a cui prendono parte figure di spicco come il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, ha avviato un confronto per mettere a fuoco il tema degli accessi abusivi ai database digitali, una questione resa ancora più spinosa dalle inchieste milanesi sui dossier riservati.

Nordio: democrazia a rischio

Intervenendo alla Camera, il ministro Nordio ha espresso un netto allarme rispetto ai recenti attacchi hacker che hanno coinvolto anche la presidente Giorgia Meloni: “Ciò che è accaduto e sta accadendo è inaccettabile e inquietante, costituisce un serio e concreto pericolo per la nostra democrazia”.

Nordio ha assicurato che il governo ha previsto investimenti sostanziali per prevenire future minacce, puntando a una difesa totale contro gli intrusi digitali, grazie a “un intervento normativo e tecnologico”.

Cybersicurezza pubblica: 715 milioni sul tavolo

Il potenziamento dei sistemi digitali della Pubblica amministrazione è già avviato, con finanziamenti per oltre 715 milioni di euro, stanziati dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Ma la difesa dei dati non finisce qui: anche la Farnesina ha deciso di mettere in campo una task force per garantire la sicurezza delle ambasciate, concentrandosi sull’intelligenza artificiale e sulla protezione dei dati.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato: “Credo lo faranno anche tutti gli altri ministeri per le altre banche dati. Correremo ai ripari e attiveremo tutti gli strumenti necessari per difendere il diritto alla vita privata dei cittadini, ed anche le istituzioni”.

Piantedosi e la fiducia nelle banche dati interne

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha voluto rassicurare sul livello di sicurezza dei sistemi italiani: “La sicurezza in Italia non è a rischio, ci sono dei presidi da dover tenere fermi, degli alert da migliorare, c’è un’indagine, ma non è il caso di lanciare messaggi fuorvianti”.

Pur riconoscendo la necessità di una gestione più rigorosa per evitare utilizzi impropri dei dati, Piantedosi ha affermato che “le banche dati del ministero dell’Interno si stanno rivelando sicure, non ci risultano hackeraggi dall’esterno”.