Donald Trump è tornato a parlare di dazi. Si avvicina la scadenza del 9 luglio e per questo ha annunciato di aver firmato circa 12 lettere (non è ancora confermato il numero) destinate ai partner commerciali. Queste dovrebbero essere spedite lunedì.
Trump ha definito l’invio delle lettere come passo positivo per entrambe le parti, ma intanto torna a minacciare l’Ue con dazi al 17%, in particolare sul lettore agroalimentare. Quello che spaventa di più è la possibilità di non arrivare a un accordo, esito meno auspicabile persino di un compromesso sbilanciato a favore degli Stati Uniti.
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Le 12 lettere: nuove “minacce” di Trump
Donald Trump ha dichiarato di aver firmato alcune lettere che verranno spedite lunedì 7 luglio, con appena due giorni di margine rispetto all’ultimatum del 9 luglio. Il tema è ovviamente quello dei dazi e i destinatari dovrebbero essere i principali partner commerciali degli Stati Uniti, gli stessi con cui Trump avrebbe dovuto aprire dei negoziati.
Percorso mai avviato e anzi abbandonato dagli Stati Uniti in favore di silenzio, attesa e delle famose 12 lettere. Trump ha spiegato: “Le lettere sono migliori. È molto più facile spedirne una”. Si tratta di un processo semplificato, perché il presidente non dovrà dialogare con i partner commerciali, ma solo inviare lettere con i livelli tariffari che i Paesi dovranno affrontare sui beni esportati negli Stati Uniti. Sarebbe un’offerta “prendere o lasciare”.
Trump, che ha parlato con un giornalista a bordo dell’Air Force One durante il suo viaggio verso il New Jersey, ha però rifiutato di rivelare i nomi dei 12 Paesi coinvolti. La notizia sarà resa pubblica lunedì.
Ancora dazi al rialzo
La guerra commerciale inizia a farsi confusa tra dazi al rialzo poi bloccati, Paesi con tariffe diverse e ora anche le famose 12 lettere. Facendo un passo indietro, ricordiamo che ad aprile Trump aveva annunciato un’aliquota tariffaria del 10% come base per diversi Paesi. Altri invece avrebbero subito tariffe maggiori, alcuni fino al 50%.
Quelle dichiarazioni sui dazi avevano spaventato tanti Paesi e i mercati, mettendo in allarme produttori, cittadini, aziende e politici di tutto il mondo. Una reazione che ha poi portato Trump a sospendere i dazi per 90 giorni (mantenendo però il tasso del 10%) per avviare delle trattative e concludere accordi.
Quelle trattative non si sono mai concluse e ora, a pochi giorni dalla scadenza della sospensione, Trump ha firmato le famose 12 lettere. Lo scorso venerdì 4 luglio il presidente ha confermato che i dazi potrebbero essere ancora più elevati rispetto a quelli annunciati ad aprile, arrivando fino al 70%. Per l’avvio si parla del 1° agosto.
Chi ha chiuso un accordo e chi no
Donald Trump voleva fare in pochi giorni, o in pochi mesi, quello che gli Stati Uniti erano riusciti a fare in anni di negoziati. Ma non è andato tutto secondo i piani.
È vero che l’amministrazione Trump è riuscita a portare a casa qualche vittoria, chiudendo accordi con alcuni Paesi, ma la guerra commerciale non è stata ancora vinta. Gli accordi commerciali raggiunti sono:
- con il Regno Unito, aliquota al 10% (trattamento preferenziale per alcuni settori, come automobilistico e motori aeronautici);
- con il Vietnam, raggiunto accordo per il 20%, con diversi prodotti statunitensi esenti da dazi.
Tra i negoziati non concretizzati ci sono invece quelli con l’India e con l’Ue. I diplomatici confermano che non sono stati raggiunti gli obiettivi.
E l’Italia? Il rapporto tra Meloni e Trump è tra i più interessanti in questi negoziati. Proprio la premier italiana è tra le sostenitrici di un accordo con l’amministrazione Trump e lo ha ribadito durante il suo intervento al forum in Masseria. Ha detto di aver sentito Trump e di aver lavorato “per fare in modo che il rapporto con gli Usa fosse franco e costante, teso a cercare di risolvere insieme i problemi”. Secondo Meloni “dobbiamo ritenerci soddisfatti per essere riusciti a ricostruire un dialogo, ma ognuno deve fare la sua parte”.