Dazi su auto e formaggi Ue dalla Cina: cosa rischia l’Italia

Dura risposta di Pechino alla proposta dell'Ue sui dazi contro le auto elettriche: cambieranno le tariffe sulle auto di grossa cilindrata e su latte e formaggi

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

È ormai guerra commerciale aperta sulle auto, a suon di dazi e limitazioni, tra la Cina e l’Unione Europea. A rimetterci, visti gli sviluppi degli scorsi giorni, potrebbe essere l’intero comparto caseario italiano, fiore all’occhiello dell’export Made in Italy, con un duro colpo ai formaggi Dop. Ma non solo: Pechino ha in mente nuove misure per contrastare le decisioni sull’automotive prese a livello comunitario. A farne le spese saranno anche i produttori europei di auto a benzina di grossa cilindrata.

Dazi cinesi sulle auto europee di grossa cilindrata

Oggi, venerdì 23 agosto, è stato aperto un tavolo al Ministero del Commercio cinese con i produttori di autovetture e con le associazioni di settore per discutere su un aumento delle aliquote per l’import di auto a benzina di grossa cilindrata, in risposta alla misura contro le e-car asiatiche.

I 27 voteranno a ottobre l’adozione di dazi fino al 36,3% per i veicoli elettrici cinesi, in aggiunta alla tariffa di importazione del 10%. Lo scopo è quello di fermare “l’invasione” di  veicoli a basso costo provenienti dalla potenza orientale. La proposta è già stata rivista al ribasso – originariamente, a luglio, era del 37,6%, ma le minacce di Pechino sono servite a farla cambiare.

In un comunicato ufficiale, il Cofcom ha fatto sapere di aver ascoltato le opinioni e i suggerimenti delle aziende dell’automotive, degli esperti e di accademici riguardo l’aumento delle tariffe di importazione sulle auto con motori a combustione di grossa cilindrata.

Export di auto europee penalizzato: i Paesi a rischio

La misura penalizzerebbe maggiormente la Germania, dato che l’export verso la Cina di veicoli con motori oltre i 2,5 litri o superiori è valso, solo nel 2023, oltre 1 miliardo di euro e il 36% delle importazioni cinesi totali. Al secondo posto la Slovacchia, con il 20%. Se Pechino dovesse proseguire su questa strada, i Paesi Ue produttori ed esportatori di auto dovranno cambiare idea sui dazi anti e-car.

Solo se la maggioranza qualificata – 15 stati membri rappresentanti il 65% della popolazione comunitaria – dovesse votare contro l’aumento, la Cina continuerebbe a vendere le auto elettriche alle tariffe attuali. La Germania, la Finlandia e la Svezia si erano già astenute dalle decisioni sui dazi durante le riunioni preliminari di luglio.

C’è anche da considerare l’ingerenza di potenze straniere e multinazionali. Un incremento dei dazi, infatti, penalizzerebbe anche operatori internazionali come Tesla, di proprietà di Elon Musk, che a Pechino ha uno dei più importanti poli produttivi. Non è da escludere che le grandi aziende possano convincere l’Europa a fare un passo indietro.

Le “indagini” della Cina sui sussidi ai formaggi europei

Mercoledì la Cina ha annunciato anche l’apertura di una nuova indagine sui prodotti importati dall’Unione Europea, e in particolare sulle sovvenzioni che riguardano formaggi, latte e derivati, in aggiunta ai controlli contro il dumping sulla carne di maiale e il brandy.

L’Italia, la Francia e la Spagna, che sostengono apertamente i dazi contro le auto elettriche cinesi, sarebbero i Paesi comunitari più colpiti da misure contro le esportazioni alimentari. Solo Roma ha esportato verso Pechino, nel 2023, prodotti caseari per oltre 80 milioni di euro. Grana Padano, Pecorino Romano, Fontina, mozzarella di bufala e Gorgonzola sono solo alcune delle eccellenze che ora sono a rischio.

La Cina ipotizza che i sussidi al settore, con 20 programmi che riguardano 8 stati membri, non siano conformi alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Una violazione delle norme del Wto significherebbe rinunciare dunque alle agevolazioni per il settore agricolo che, agli occhi dello Zhongnanhai, creerebbero condizioni di concorrenza non equa e dumping.

La guerra dei dazi danneggia l’industria casearia italiana

Coldiretti lamenta come ancora una volta il cibo italiano sia diventato “merce di scambio nei contenziosi politici ed economici scoppiati in altri settori” e l’intero export agroalimentare italiano, che in Cina vale 590 milioni di euro, “rischia di avere contraccolpi”.

“Saremo sicuramente penalizzati”, dichiara Stefano Berni, direttore generale del Consorzio di Tutela del Grana Padano. “È un brutto segnale”, gli fa eco Pier Maria Saccani, responsabile del Consorzio di Tutela della mozzarella di bufala campana Dop, aggiungendo che si tratta di un “utilizzo strumentale dei formaggi di eccellenza per polemiche che non riguardano il settore”.

Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop, spiega che “come al solito pagano i produttori”, come già avvenuto nel caso dell’embargo della Russia. “Tutti se la prendono con l’Europa, però poi chi esporta subisce le conseguenze” della guerra dei dazi.