Concordato preventivo in scadenza il 31 ottobre, si teme il flop con l’adesione al 10%

Il concordato preventivo, in scadenza il 31 ottobre, sarà un flop per i commercialisti che stimano un’adesione massima del 10%: per il governo sarebbe un problema non da poco. 

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Pubblicato: 30 Ottobre 2024 19:47

Scade il 31 ottobre 2024 la possibilità di aderire al concordato preventivo biennale, la misura pensata dal governo Meloni per permettere a determinate tipologie di contribuenti di sanare, a condizioni molto vantaggiose, le somme evase nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022.

L’esecutivo spera con questa mossa di aumentare il gettito delle entrate, ma al momento sembra che l’adesione sia ancora molto bassa e che si possa palesare l’ipotesi di un flop. Si tratta di un problema non di certo trascurabile, visto che i proventi derivanti da questo patto con i contribuenti (stimati 2 miliardi di euro) dovrebbero concorrere a coprire la riduzione dell’Irpef. Va specificato, tuttavia, che prudentemente il governo ha deciso di non prevedere nessun gettito dal concordato preventivo nella Manovra 2025, anche se i problemi nella maggioranza restano.

Scarsa adesione al concordato preventivo

Non essendoci ancora dati ufficiali sull’adesione al concordato preventivo biennale è utile guardare alle stime. Secondo un’indagine condotta da Cna (Confederazione Nazionale degli Artigiani), su un campione di 23mila imprese aventi i requisiti necessari per accedere alla misura, solo l’8,14% aveva aderito al concordato preventivo in data 22 ottobre 2024, mentre un altro 8,22% era indeciso sul da farsi.

Percentuali decisamente basse, che trovano riscontro anche in un recente sondaggio del Sole 24 Ore svolto tra i commercialisti italiani. Meno del 10% dei clienti dei loro studi, infatti, avrebbe deciso di aderire al concordato.

“Il sentiment che percepiamo nelle ultime ore – ha detto a Repubblica Marco Cuchel,  presidente dell’Associazione nazionale dei commercialisti (Anc) – è quello di un’adesione molto bassa, tra il 10% e il 15%” su una platea potenziale di 4,5 milioni di contribuenti.

Un danno annunciato dai commercialisti

Il flop del concordato preventivo sarà, almeno secondo il parere dei commercialisti, un danno che era ampiamente preventivatile. Gli stessi, infatti, hanno più volte chiesto all’esecutivo di prorogare la scadenza della misura oltre il 31 ottobre 2024, ma dal ministero dell’Economia era arrivato un secco no.

La situazione di tensione venutasi a creare ha spinto quattro delle principali sigle sindacali dei commercialisti, Anc, Andoc, Fiddoc e Unico, ha proclamare uno sciopero che partirà alle ore 24 del 30 ottobre e andrà avanti fino alla stessa ora del 7 novembre 2024. La contestazione riguarda nello specifico l’invio dei Modelli Dichiarazione Redditi 2024.

Per il governo sarà un successo

Contrario alle interpretazioni negative che in queste ore vengono fatte sul concordato preventivo biennale è apparso il viceministro dell’Economia Maurizio Leo che, senza mezze misure, ha parlato dell’iniziativa come di un successo.

“Avremo sicuramente delle notizie positive – ha detto Leo in commissione Bilancio del Senato -. Ci sarà necessariamente un aumento di gettito da questa operazione”. L’esponente dell’esecutivo ha anche sottolineato che sarà necessario del tempo per “elaborare tutti i dati delle dichiarazioni, consideriamo una decina di giorni”.

E poi sull’adesione e la possibilità auspicata dai commercialisti di una proroga della scadenza: “Avremmo voluto dare più tempo ai contribuenti, ma il nostro obiettivo era vedere quali risorse abbiamo su questo per lavorare sull’Irpef”.

I problemi per il governo

Dal gettito delle entrate del concordato preventivo dipendono molti degli equilibri all’interno della maggioranza di governo. Forza Italia, infatti, chiede di tagliare l’aliquota Irpef del 35%, di uno o due punti, per i redditi fino a 50 mila euro, con l’ambizione massima che è di estendere questo scaglione fino a 60mila euro.

Anche la Lega ha già detto come intende spendere il gettito del concordato, ovvero prevedendo l’estensione della flat tax per le partite Iva oltre l’attuale soglia degli 85mila euro.

Il venire meno dei fondi necessari a queste misure potrebbe quindi creare non pochi problemi a Giorgia Meloni e alla stabilità del suo governo.