Rimborsi Irpef, occhio alla prescrizione: così si perde tutto

Esiste la prescrizione dei rimborsi Irpef? Cosa è necessario fare per essere sicuri di non perdere le proprie spettanze?

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Il rimborso di un eventuale credito Irpef va in prescrizione nell’arco di 10 anni: entro questo arco di tempo il contribuente ha diritto di ottenere quanto gli spetta. Discorso diverso, invece, per un eventuale rimborso da dichiarazione dei redditi, che non viene riconosciuto: in questo caso il contribuente ha tempo 48 mesi per presentare l’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate.

I rimborsi Irpef costituiscono uno degli anelli più importanti dei rapporti che ogni singolo contribuente ha con l’amministrazione finanziaria. A seguito della presentazione della dichiarazione dei redditi, infatti, emerge la situazione Irpef del singolo soggetto, che può essere a credito o a debito.

Nel caso in cui il contribuente abbia versato al fisco più di quanto dovuto nel corso dell’anno lavorativo, si ritrova in una situazione di credito. Quando, invece, nel corso dell’anno ha pagato di meno, si ritrova in una situazione di debito.

In questa sede ci soffermeremo sui rimborsi Irpef: entro quando è necessario richiederli, ma soprattutto dopo quanto tempo vanno in prescrizione. È importante ricordare che tutte le pratiche relative al Modello 730 possono essere fatte in maniera autonoma, attraverso il portale ufficiale dell’Agenzia delle Entrate.

Il rimborso Irpef

Il primo passo per poter chiedere correttamente un rimborso Irpef è presentare la dichiarazione dei redditi. Per assolvere a questo adempimento, l’Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione un Modello 730 precompilato, che il contribuente può visionare in qualsiasi momento ed inviare in assoluta autonomia. Il documento fornito dall’AdE può essere corretto, nel caso in cui il contribuente dovesse ritenere che le informazioni che vi sono contenute siano errate o incomplete.

Il legislatore ha previsto che il contribuente presenti obbligatoriamente il Modello 730 entro e non oltre il 30 settembre, per i redditi che sono stati percepiti nel corso dell’anno precedente. La dichiarazione dei redditi serve a determinare in quale posizione sia il singolo soggetto nei confronti dell’Erario: in credito o in debito.

Ma come avvengono i rimborsi per i lavoratori dipendenti? La restituzione di eventuali tasse pagate in sovrappiù avviene direttamente in busta paga, il primo mese disponibile. Nel caso in cui il contribuente dovesse essere in una situazione di debito, dovrà provvedere a pagare le tasse non versate. Anche in questo caso, le tasse vengono trattenute dallo stipendio.

Come si determina un eventuale credito

Se, a seguito della presentazione della dichiarazione dei redditi, dovesse emergere un credito Irpef, il contribuente ha la possibilità di chiedere il rimborso o di utilizzarlo in compensazione. Ma in quale modo si viene a determinare un credito Irpef? Questa situazione si viene a generare nel momento in cui è stata versata un’imposta superiore rispetto a quella dovuta (per i lavoratori dipendenti, l’imposta viene trattenuta direttamente nella busta paga).

La formazione del credito permette al contribuente – nel momento in cui scelga l’opzione del rimborso – di ottenere quanto gli spetta direttamente in busta paga o tramite bonifico, a seconda del tipo di modello dichiarativo che è stato scelto, l’importo del credito.

La prescrizione dei rimborsi Irpef

Per i rimborsi Irpef è opportuno tenere a mente che il termine di prescrizione è pari a dieci anni. Il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il contribuente ha manifestato la volontà di chiedere il rimborso, andando ad esercitare l’opzione presente all’interno della dichiarazione dei redditi. Il contribuente, in alternativa, ha la possibilità di presentare un’apposita istanza di rimborso cartacea presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso in cui il rimborso non dovesse passare dalla dichiarazione dei redditi, è necessario tenere a mente alcune peculiarità. Il rimborso deve essere richiesto entro e non oltre 48 mesi dal versamento dell’eccedenza Irpef. In altre parole, presentare la richiesta dopo 49 mesi dal versamento dell’imposta significa perderlo: il rimborso, infatti, non opera per decorrenza dei termini. Se invece la richiesta viene presentata nei tempi utili, inizia a decorrere dal momento della presentazione della richiesta il termine di prescrizione decennale. Questo termine può essere fatto ripartire presentando un sollecito o proponendo un ricorso tributario.

In estrema sintesi, il contribuente ha tempo 48 mesi per richiedere il pagamento di un eventuale credito Irpef che non ha mai ricevuto o utilizzato. Superato questo termine, si perde ogni tipo di diritto sul credito.

Il contribuente che ha intenzione di presentare la domanda per ottenere il credito, può rivolgersi direttamente all’Agenzia delle Entrate, che può confermare che il credito ci sia o meno. Una volta presentata la richiesta del credito entro i 48 mesi, si attiva la prescrizione rimborsi Irpef decennale. In questo caso, l’arco temporale per cui si può ricevere il credito sale a 10 anni. In ogni caso si può procedere con un ricorso se ancora la risposta non arriva, o non si ottiene l’accoglimento.

Il sostituto d’imposta

Nella maggior parte dei casi il sostituto d’imposta si occupa della gestione fiscale dei lavoratori dipendenti. Chi è il sostituto d’imposta? È l’azienda che versa lo stipendio o l’ente previdenziale che eroga la pensione: il suo compito è quello di sostituire il contribuente nei suoi rapporti con l’amministrazione finanziaria.

A differenza di quanto accade con i lavoratori autonomi, la presenza di un sostituto d’imposta garantisce che vengano applicate le normative fiscali sui lavoratori dipendenti da parte del sostituto d’imposta.

Il lavoratore dipendente che dovesse trovarsi in una situazione di credito con il fisco, si vedrà accreditare direttamente in busta paga la somma che gli spetta. Quando c’è un sostituto d’imposta è difficile che il credito non venga erogato al lavoratore dipendente. È quasi impossibile, quindi, che possa andare in prescrizione.

Regime forfettario e Irpef

Anche i titolari di partita iva, quando hanno optato per il regime ordinario, sono sottoposti all’Irpef. In questo caso, però, non avendo un sostituto d’imposta devono gestire in autonomia eventuali crediti Irpef. Nella maggior parte dei casi, chi lavora con partita Iva ha un professionista che presenta la dichiarazione dei redditi per conto del contribuente: gli eventuali rimborsi Irpef possono essere utilizzati per compensare altre imposte, come ad esempio l’Iva.

Discorso a parte riguarda la partita Iva a regime forfettario, che non è soggetta a tassazione Irpef. in questo caso, infatti, il contribuente presenta un altro tipo di tassazione. Questi soggetti non possono trovarsi in una situazione di credito nei confronti del fisco e non si può parlare di prescrizione rimborsi Irpef, proprio perché questo tipo di tassa non viene applicata.