Campi Flegrei, magma in risalita e fumarole in aumento: quanto è concreto il rischio eruzione

Un nuovo studio rileva magma in risalita nei Campi Flegrei e sottolineano la necessità di monitoraggio continuo

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 24 Gennaio 2025 14:50

Un nuovo studio ha rilevato un’anomalia nella composizione dei gas che emergono dai Campi Flegrei, la zona vicino Napoli caratterizzata da sempre da un’intensa attività termale e di recente diventata epicentro di un lungo bradisismo. La nuova ricerca ha rivelato che questi gas non sono dovuti soltanto alle attività superficiali, ma anche a movimenti magmatici più profondi.

Questo potrebbe essere legato allo stesso bradisismo che sta caratterizzando da anni la regione. Non significa però che ci possa essere un risveglio imminente dell’attività vulcanica, anche se la presenza di zolfo in questi gas è tipica delle primissime fasi di questo processo, che è comunque di lungo periodo.

Lo studio sui gas dei Campi Flegrei

Il titolo dello studio è “Escalation of Caldera Unrest Indicated by Increasing Emission of Isotopically Light Sulphur” ed è stato pubblicato su Nature Geoscience grazie a una collaborazione dell’Istituto italiano di geofisica e vulcanologia con le università di Palermo e Cambridge e il Woods Hole Oceanographic Institute.

“La nostra analisi dimostra che le variazioni osservate nella composizione delle fumarole non sono esclusivamente attribuibili a processi idrotermali superficiali. Il nostro studio evidenzia che l’anomalia di zolfo registrata nelle fumarole sia imputabile a un crescente contributo di gas dal magma che alimenta il sistema vulcanico dei Campi flegrei, avvalorando l’ipotesi del coinvolgimento magmatico nell’attuale crisi bradisismica” ha spiegato Alessandro Aiuppa, professore dell’Università di Palermo.

I gas che emergono dalla terra della zona dei Campi Flegrei sono quindi diversi da quelli che normalmente si trovano in quella regione. L’aumento della quantità di zolfo indica che provengono da profondità più elevate, tra i 6 e i 9 chilometri dalla superficie. Da questo fenomeno proverrebbe l’aumento del numero di terremoti percepiti dalla popolazione che risiede nell’area.

Cosa dice lo studio su una possibile eruzione

Come ammette anche il team del professor Aiuppa in una dichiarazione riportata da la Repubblica, questi sono segnali di un aumento dell’attività vulcanica: “Un crescente rilascio di zolfo dalle fumarole è tipica dei vulcani quiescenti, che attraversano una fase di possibile graduale riattivazione”.

Questo però non significa che la zona o i vulcani vicini, come il Vesuvio, stiano per eruttare. Gli studi però sottolineano la necessità di mantenere alto il livello di attenzione e di monitoraggio delle attività vulcaniche e sismiche: “Il crescente contributo magmatico nei gas suggerisce una importante evoluzione nella dinamica del sistema vulcanico flegreo dal 2018” ha detto Giovanni Chiodini, Dirigente di Ricerca Associato presso l’Ingv.

I dati non sono stati raccolti soltanto di recente, ma hanno incluso molte rilevazioni fatte dagli anni ’80. In questo modo è stato possibile ricostruire la storia recente dei Campi Flegrei e dei loro movimenti magmatici sotterranei, in modo da stabilire se fosse in atto un’evoluzione di lungo periodo nella composizione dei gas.