La fase di preparazione dell’euro digitale è iniziata nel novembre 2023 e dovrebbe terminare ad ottobre 2025. Successivamente il consiglio direttivo Bce deciderà se passare alla fase successiva di sviluppo della Central Bank Digital Currenc (CBDC).
L’emissione della valuta digitale sarà definita soltanto al termine del percorso legislativo Ue. Gli importi in euro digitali saranno memorizzati in un portafoglio elettronico, wallet, che gli utenti creeranno presso la propria banca o un intermediario pubblico. Con questo strumento sarà possibile effettuare tutti i consueti pagamenti elettronici tramite telefono o carta, online o offline.
La differenza tra bancomat ed euro digitale
Nell’eurozona sono previste solo due forme di moneta:
- quella fisica, banconote e monete metalliche, stampate dalle singole Banche centrali, oggetto di scambio direttamente tra cittadini e imprese, per qualsiasi pagamento
- quella usata dalle banche commerciali, costituita dalle loro riserve presso la Bce. La Bce fa da banca per le banche commerciali, che si rivolgono alla Bce per contrarre prestiti, ossia riserve presso la Bce.
L’euro digitale andrà a costituire la terza forma di moneta, che presenta le caratteristiche della moneta fisica e delle riserve digitale, come riserva, ma è disponibile per tutti per i pagamenti al dettaglio, come il contante. Bancomat e carte di credito, monete elettroniche, richiedono l’esistenza di un conto presso una banca commerciale. L’euro digitale sarà una moneta digitale emessa dalla Bce.
Avviati i lavori
La Bce ha avviato i lavori per definire la metodologia che porterà a stabilire i limiti al possesso di euro digitali, determinanti per scongiurare effetti indesiderati per il settore finanziario, con il pericolo di ingenti deflussi dai depositi bancari e la riduzione della raccolta bancaria. Il gruppo di lavoro comprende esperti delle banche centrali nazionali dell’Eurosistema e delle autorità nazionali competenti.
La Bce sta ipotizzando una soglia di 3.000 euro. Il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, propende per una soglia più morigerata, che non va oltre 2.000 euro, a differenza della Bank of England, che sta lavorando su una forbice tra le 10.000 e le 20.000 sterline inglesi.
Si pensa, inoltre, a creare dei wallet non remunerati, che si potranno collegare ai conti correnti, senza necessità di doverli ricaricare in anticipo.
Modalità per garantire transazioni offline
La Bce vuole focalizzare la sua attenzione anche sulle transazioni offline, garantendo sempre e comunque controlli antiriciclaggio e tenendo conto del fatto che i dettagli delle transazioni saranno note solo al pagatore e al beneficiario, non essendo prevista alcuna condivisione con i fornitori di servizi di pagamento e di servizi di supporto.
L’euro digitale si presenta come un complemento, non un sostituto, del contante e dei depositi bancari.
Un esempio per tutti proviene dal Brasile. All’interno del Brazilian instant payment (IP) ecosystem, il Banco Central do Brasil (BCB) ha creato PIX, operante già dal 2020, che supporta persone, entità governative e aziende, per chi riceve pagamenti o trasferimenti di moneta, in qualsiasi momento. Ispirandosi a PIX, l’euro digitale offrirebbe un mezzo di pagamento rapido, sicuro e accessibile a tutti i cittadini dell’eurozona e potrebbe fungere da piattaforma per lo sviluppo di nuovi servizi finanziari innovativi.
Come funzionerà l’euro digitale
L’euro digitale potrebbe essere utilizzato principalmente in due modalità:
- attraverso portafogli digitali offerti da banche, che avranno l’opportunità di utilizzare i protocolli della blockchain
- attraverso una propria applicazione per smartphone dedicata ai pagamenti digitali.
Sarà possibile effettuare transazioni anche offline tra due consumatori, creando un’infrastruttura pubblica attraverso la quale effettuare delle transazioni.
La Bce ha sempre chiarito che la Cbdc è un mezzo di pagamento per il mondo digitale, non per fare concorrenza alle banche. Rimane plausibile pensare che queste transazioni possano essere effettuate senza il supporto di realtà come Amex o Visa.
Questa situazione potrebbe far comprendere il perché queste realtà si siano imbattute nello studio attento di soluzioni che consentano di prevenire possibili perdite di quote di mercato, consentendo un collegamento tra banche centrali, banche digitali ed exchange di criptovalute.
Le Big Tech possono essere un rischio?
Se la Bce ha più volte evidenziato di essere in possesso di strumenti per contenere il rischio di fuoriuscita di depositi dagli istituti di credito a vantaggio di quelli della banca centrale, in caso di grande successo della valuta digitale, ci si sofferma poco sul rischio derivante dalla possibile emissione di uno stablecoin legato all’euro, da parte di una Big Tech.
Il regolamento Micar statuisce che “i prestatori di servizi per le criptoattività dovrebbero collocare i fondi dei clienti presso un ente creditizio o una banca centrale, ove sia disponibile un conto presso la banca centrale”.
Nella direttiva Psd2 e 3 gli istituti di pagamento e di moneta elettronica (Imel) possono comportarsi nello stesso modo. Questa situazione, almeno in teoria, potrebbe far ipotizzare che una Big Tech acquisisca una licenza bancaria o Imel ed emetta uno stablecoin, di pari valore con l’euro. Lo stablecoin, passività della società, avrebbe caratteristiche simili a quelle di una Cbdc.
Le Big Tech, che hanno un forte impatto sulla stabilità finanziaria, potrebbero depositare un ammontare generico non solo in una banca, ma anche presso la banca centrale, togliendo liquidità al settore.