Bankitalia taglia il Pil, prezzi in aumento con i contro dazi Ue

La Banca d'Italia ridimensiona le previsioni di crescita del Pil Italiano per l'anno in corso e fino al 2027 dopo l'annuncio dei dazi al 20% imposti da Trump ai prodotti europei

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 5 Aprile 2025 10:41

La Banca d’Italia ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Pil, principalmente a causa dell’inasprimento delle politiche commerciali. Per il 2025, la crescita stimata a dicembre era pari a +0,8%, ma è stata ora corretta a +0,6%. Si tratta di una delle prime ripercussioni dei dazi introdotti dal presidente statunitense Donald Trump sui prodotti europei.

Anche le previsioni per gli anni successivi sono state tagliate:

  • per il 2026 la stima scende da +1,1% a +0,8%;
  • per il 2027 passa da +0,9% a +0,7%.

Bankitalia: “Proiezioni sul Pil soggette a elevata incertezza”

Lo si legge nelle Proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel triennio 2025/2027, dove si precisa che le proiezioni si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. In assenza di tali aggiustamenti, il Pil crescerebbe:

  • dello 0,5% nel 2025;
  • dello 0,9% nel 2026;
  • dello 0,7% nel 2027.

Le stime diffuse, puntualizza l’istituto, rappresentano solo una prima e parziale valutazione dell’impatto dei dazi e non includono eventuali contromisure o evoluzioni future del contesto internazionale. Bankitalia sottolinea che:

Le proiezioni sono soggette a un’elevata incertezza, connessa soprattutto con l’evoluzione del contesto internazionale. Esportazioni e investimenti potrebbero risentire in misura maggiore di quanto previsto dell’inasprimento delle politiche commerciali e dei suoi riflessi sulla fiducia delle imprese.

Effetti negativi marcati potrebbero derivare da un ulteriore aumento dell’incertezza sulle politiche commerciali, da eventuali misure ritorsive e da tensioni prolungate sui mercati finanziari. Esportazioni e investimenti potrebbero risentire in misura maggiore di quanto previsto dell’inasprimento delle politiche commerciali e dei suoi riflessi sulla fiducia delle imprese.

Per contro, effetti positivi potrebbero manifestarsi a seguito di un orientamento più espansivo della politica di bilancio a livello europeo, anche in connessione con gli annunci di incremento delle spese per la difesa.

Unc: “Nessun rischio inflazione dai dazi di Trump ma dall’Ue”

Secondo la Banca d’Italia, quindi, i dazi potrebbero generare pressioni inflazionistiche nel breve periodo, soprattutto nel caso di una risposta simmetrica da parte dell’Unione Europea. Tuttavia, l’eventuale indebolimento della domanda interna potrebbe avere un effetto contrario, destinato a prevalere nella parte finale del triennio considerato nelle previsioni.

Una questione che confermano anche le associazioni di consumatori. Come afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori:

Bankitalia conferma che il rischio di inflazione in Italia non dipende certo dai dazi di Trump – che invece danneggeranno i consumatori americani, costretti a comperare i prodotti italiani a prezzi maggiorati – quanto piuttosto dai dazi ritorsivi che l’Unione Europea imporrà sulle importazioni statunitensi, anche se il calo della domanda che alla fine genererà questa assurda guerra commerciale iniziata da Trump potrebbe nel lungo periodo prevalere, contenendo l’inflazione, al prezzo ovviamente di un calo del Pil e dell’occupazione.

Un'infografica di ANSA sulle reazioni dei Paesi europei ai dazi di Trump
Fonte: ANSA
Le risposte dell’Europa ai dazi.

I prodotti che vedranno i maggiori aumenti

Lancia un allarme simile anche il Codacons, che parla dei possibili effetti sull’inflazione derivanti dai contro dazi dell’Ue verso i prodotti Made in Usa:

Il valore delle importazioni dagli Usa in Italia è salito nel 2024 a 25,9 miliardi di euro, con una crescita del +2,6% su anno. Tralasciando il settore dell’industria, eventuali dazi imposti dall’Europa sulle importazioni dagli Usa provocherebbero aumenti dei prezzi al dettaglio per beni di largo consumo come rossetti, cipria e numerosi cosmetici prodotti negli Stati Uniti e largamente utilizzati in Italia.

Non sarà solo il settore della bellezza, però, a essere interessato dal piano europeo contro la guerra commerciale:

Sarà più costoso bere succo d’arancia, mangiare riso e fumare prodotti da tabacco, e ad aumentare saranno anche snack e dolciumi vari, onnipresenti sugli scaffali dei supermercati italiani.

Sarà anche il settore dell’abbigliamento a soffrire, con aumenti per jeans, magliette, scarpe e intimo. Anche numerosi alcolici subiranno incrementi dei listini e proibitivo risulterà l’acquisto di un’auto nuova, specie se prodotta negli Usa.