Banche, cambia la tassa sugli extraprofitti

C'è l'intesa tra governo e Ministero del Tesoro per presentare un nuovo emendamento al dl Asset: cambierà il prelievo sugli istituti

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

La tassa sugli extraprofitti bancari sta attualmente creando tensioni all’interno del governo Meloni. Tuttavia, sembra che il governo stia dirigendosi verso un compromesso al fine di risolvere questa controversia entro la prima settimana di ottobre. Di conseguenza, è probabile che la tassa subisca delle modifiche. La maggioranza parlamentare ha raggiunto un accordo con il Ministero del Tesoro riguardo al decreto Asset, e il governo si appresta a presentare presto un emendamento in merito. In particolare, il partito Forza Italia ha insistito su una maggiore protezione per gli investimenti in titoli di Stato e per le banche di dimensioni minori.

Cos’è la tassa e come cambierà

Gli extraprofitti delle banche costituiscono quei profitti aggiuntivi che le istituzioni bancarie hanno accumulato nell’ultimo anno, in seguito all’incremento dei tassi d’interesse deliberato dalla Banca Centrale Europea (BCE). Questa tematica ha suscitato notevole attenzione e discussione, poiché da un lato, l’aumento dei tassi ha generato un incremento dei costi per gli interessi sui mutui, come ufficialmente dichiarato dall’esecutivo.

Tuttavia, dall’altro lato dell’equazione, si è verificato un fenomeno paradossale: gli interessi erogati dalle banche ai titolari di conti correnti non hanno seguito la stessa traiettoria di crescita. Questo divario tra l’incremento dei guadagni e la stabilità degli interessi sui conti correnti ha sollevato importanti interrogativi riguardo all’equità delle dinamiche finanziarie in gioco. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha spesso riferito questi guadagni come “profitti ingiusti”, evidenziando come essi siano stati ottenuti in modo non proporzionato rispetto all’impatto sulle famiglie e sui cittadini. In questo contesto, è stato ritenuto necessario intervenire attraverso una tassa sugli extraprofitti bancari per ristabilire una maggiore equità fiscale.

Nella prima bozza presentata al Senato, anziché effettuare un versamento fiscale, le banche avranno la possibilità di destinare un importo pari a due volte e mezza l’imposta a una riserva non distribuibile. Questa riserva verrà inclusa tra gli elementi del capitale primario di classe 1, contribuendo così a rafforzare il patrimonio delle banche. Questo è quanto si evince dalla bozza dell’emendamento del governo che modifica la norma sugli extraprofitti delle banche. L’emendamento dovrebbe essere depositato al Senato nelle prossime ore.

Inoltre, l’imposta sarà calcolata applicando un‘aliquota del 40% sull’ammontare del margine di interessi dell’esercizio 2023 che supera del 10% o più il margine registrato nell’esercizio 2021. Questo rappresenta una modifica rispetto alla versione precedente dell’imposta, che si basava su una differenza del 5% tra il bilancio del 2022 e quello del 2023.

Le novità del decreto

Secondo quanto riportato dai quotidiani Corriere della Sera e Messaggero, l’importo della tassa sugli extraprofitti bancari sarebbe stato fissato all’0,26% dell’attivo “medio ponderato”. Inoltre, questa tassa sarà versata all’erario solo nel caso in cui il patrimonio su cui è stata calcolata venga distribuito agli azionisti. Nonostante le modifiche apportate, il governo mira a raccogliere una somma compresa tra 2,5 e 2,7 miliardi di euro, che sarà destinata a finanziare misure per il mutuo prima casa. L’emendamento del governo al decreto legislativo Asset è stato inviato alla Ragioneria dello Stato per l’approvazione ufficiale.

La soglia dell’0,26% è superiore a quella inizialmente proposta nelle prime ipotesi degli emendamenti di Forza Italia, che variava tra l’0,15% e l’0,18% dell’attivo ponderato (una voce del bilancio che non include i titoli di stato). Tuttavia, il governo ha alzato questa soglia al fine di garantire un gettito fiscale più alto.