Chiara Ferragni parte al contrattacco facendo ricorso contro la multa inflittagli dall’Agcm sul caso beneficenza col pandoro Balocco. L’influencer, infatti, come aveva già preannunciato due mesi fa, ha deciso di impugnare la sanzione ricorrendo al Tar perché, stando a quanto riferito dai suoi legali, la multa sarebbe “sproporzionata rispetto alla gravità e alla durata della condotta”.
Ferragni ha quindi presentato ricorso, con 34 pagine di memoria che cercano di ricostruire la natura del partnerariato con Balocco. Al centro del ricorso al Tar del Lazio il tentativo di spiegare il perché, a sua detta e dei legali, dell’operazione commerciale non legata tra vendita e donazione per finanziare la ricerca sull’osteosarcoma e sul sarcoma di Ewing dell’ospedale Regina Margherita di Torino.
Ferragni ricorre al Tar del Lazio
Lo aveva detto e alla fine lo ha fatto. Chiara Ferragni non ci sta e a due mesi dalle pesanti accuse di truffa aggravata con tanto di multa comminatale dall’Antitrust sul caso pandoro, l’influencer presenta ricorso. Lo fa con 34 pagine di memoria depositate al Tar del Lazio che hanno l’obiettivo di ricostruire, passo dopo passo, la natura del legame con Balocco, che ha presentato ricorso contro la sanzione a sua volta.
Il team legale di Ferragni, infatti, definisce la sanzione comminata “del tutto sproporzionata rispetto alla gravità e alla durata della condotta”, in quanto la donazione al Regina Margherita avrebbe dovuta essere a capo della sola Balocco e per “un importo consistente”. Donazione che, secondo contratto, doveva essere di “almeno” 50 mila euro, senza però mettere in relazione le vendite con la cifra poi effettivamente da versare.
Non era nemmeno escluso che l’importo finale potesse anche superare la soglia minima prefissata, ma non era stata decisa una quota certa. Ma la collaborazione con Balocco si sarebbe dimostrata un vero e proprio flop. Le vendite, infatti, non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati dalle due aziende poi coinvolte nel pandoro-gate.
I pandori venduti
Le vendite non sono andate come si sperava e la donazione non ha superato quanto previsto, ma la multa (da un milione, ndr) sarebbe sproporzionata anche perché le giacenze di magazzino destinate al macero sono state per oltre 144 mila euro. Operazione commerciale dunque da flop, che il team di legali che lavorano per Chiara Ferragni ha definito di successo solo perché i consumatori hanno acquistato il pandoro perché “griffati” dall’influencer.
Sarebbe stato infatti proprio il marchio Ferragni a rendere appetibile il pandoro Balocco, quel “Pink Christmas” finito nell’occhio del ciclone. Acquisti che, specificano i legali, sono principalmente motivati dall’apposizione del brand sul prodotto reso “glamour” e in “edizione limitata”.
Balocco ricorre, il Codacons non ci sta
E come detto, anche Balocco ha deciso di avanzare ricorso contro il provvedimento dell’Agcm. L’azienda, infatti, ha fatto sapere di aver impugnato il provvedimento “in quanto ritenuto ingiusto”. La società, si legge nel comunicato diramato, “è determinata a dimostrare anche dinanzi al Tar del Lazio di avere operato correttamente e confida nel fatto che il provvedimento verrà annullato“.
Ma appresa la notizia dei ricorsi di Ferragni e Balocco, il Codacons ha immediatamente preso posizione. Il Coordinamento delle associazioni, infatti, ha diffuso una nota affermando che interverrà a sua volta “dinanzi al Tar del Lazio contro il ricorso promosso da Chiara Ferragni volto ad ottenere l’annullamento della sanzione elevata dall’Antitrust per il caso del pandoro Balocco”.
L’associazione, infatti, “non solo contesta a tutto campo le assurde tesi difensive dell’influencer, ma in sede di ricorso chiederà ai giudici del Tar di condannare la Ferragni a risarcire tutti gli acquirenti del pandoro Pink Christmas”.