Truffa con il phishing: banca condannata a risarcire una cliente per 50mila euro

Raro caso di condanna da parte dell'arbitro finanziario di una banca per una truffa di phishing subita da una cliente

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Redazione

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Una donna veronese è stata risarcita dalla propria banca per una truffa con metodi di phishing. La decisione di imporre il risarcimento è stata dell’arbitro bancario finanziario, che ha sancito la responsabilità dell’istituto di credito nell’ambito della sicurezza informatica. Alla donna sono stati assegnati 50mila euro come compenso per i danni subiti.

La pronuncia dell’arbitro bancario finanziario, favorevole alla vittima di truffa, conferma inoltre la necessità di agire attivamente in casi si rimanga vittime di truffe online via mail o via cellulare. Anche davanti al rifiuto della propria banca di risarcire quanto perso, si può comunque ottenere un indennizzo.

Truffata con il phishing, la banca dovrà risarcirla

Una donna veronese sarà risarcita dalla propria banca dopo una truffa con metodi di phishing. In particolare, la signora era stata ingannata da alcuni criminali informatici tramite due stratagemmi: lo smishing e il vishing. Entrambi questi metodi hanno lo stesso principio delle truffe via mail. I malintenzionati si fingono un’istituzione, in questo caso una banca, e chiedono alla vittima credenziali di accesso ad account dai quali possono rubare dati o, nei casi peggiori come quello di Verona, soldi.

Lo smishing e il vishing si differenziano dal phishing tradizionale perché avvengono rispettivamente via SMS e via chiamata vocale. Si tratta di metodi di truffa sempre più diffusi e spesso gli utenti ricevono telefonate o messaggi da persone che si spacciano per grandi aziende di consegne, compagnie telefoniche o per la propria banca.

Anche una donna di Verona è caduta in una di queste truffe e, dopo che la sua banca si è rifiutata di risarcirle i danni, ha fatto ricorso all’arbitro bancario finanziario. Si tratta di un sistema di risoluzione dei conflitti tra utenti e operatori finanziari extragiudiziale, che quindi evita il ricorso alla giustizia ordinaria. Aiutata da Adiconsum Verona, la signora è riuscita a vedere riconosciuta la sua tesi, cioè che la banca sia parzialmente responsabile del danno da lei subito attraverso la truffa.

L’istituto di credito è stato infatti riconosciuto responsabile di non averi implementato le necessarie difese di sicurezza informatica contro questo tipo di reati. Per questa ragione alla donna è stato riconosciuto un risarcimento di 50mila euro.

Cosa fare se si è vittime di phishing bancario

Le truffe di phishing sono sempre più comuni e quelle dirette alle proprie credenziali bancarie sono tra le più pericolose. La decisione dell’arbitro bancario finanziario di Verona è peraltro uno dei rari casi in cui la viene riconosciuta la responsabilità di una banca in questi casi di truffa.

Anche una sentenza del 2023 della Corte dei Cassazione infatti aveva sancito che queste truffe rappresentino una negligenza da parte dell’utente e che quindi la banca non possa essere ritenuta responsabile. Il caso di Verona però vede come vittima una donna che, secondo quanto riportato dal ‘Corriere del Veneto’, lavora nell’ambito della consulenza. Una persona quindi molto pratica di operazioni bancarie.

In generale, anche dopo questa decisione, la difesa migliore contro il phishing rimane l’estrema attenzione a qualsiasi messaggio che provenga apparentemente dalla propria banca. Al minimo sospetto è consigliabile contattare la propria filiale per avere conferma dell’autenticità di quanto ricevuto.

L’avvocato Carlo Battistella di Adiconsum Verona, l’associazione che ha aiutato la donna veronese a ottenere in risarcimento, consiglia inoltre di: “reagire con determinazione quando si è vittime di phishing. Non ci si deve arrendere di fronte al semplice diniego della banca coinvolta. È fondamentale indagare a fondo sulle responsabilità delle parti coinvolte e ottenere il giusto risarcimento”.