Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha annunciato di aver presentato al Consiglio energia dell’Ue, la riunione di tutti i ministri dell’energia e dell’ambiente, una mozione informativa per chiedere la ripresa del processo di abolizione del cambio dell’ora stagionale. L’attuale calendario del cambio dell’ora infatti scade nel 2026.
L’abolizione dell’ora legale era stata approvata dal Parlamento europeo già nel 2019, ma la pandemia da Covid-19 aveva rimandato la discussione. Per riprenderlo sarebbe necessaria l’approvazione del Consiglio, ma i Paesi membri sono divisi su come applicare l’abolizione.
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La proposta della Spagna sul cambio dell’ora
L’annuncio dell’iniziativa spagnola è arrivato su X (Twitter), dal profilo ufficiale di Sánchez, attraverso un video. Il primo ministro ha detto che cambiare l’ora due volte all’anno “non ha più senso” e che questo ha un impatto “negativo sulla vita e sulla salute delle persone”. Per questa ragione, ha presentato la mozione al Consiglio energia.
La mossa di Sánchez può contare sul supporto, già espresso, della vicepresidente della Commissione Ue, Teresa Ribera, spagnola, ex ministra del governo Sánchez, nonché la persona più potente dopo la presidente Ursula von der Leyen. L’idea inoltre non è nuova. Già nel 2019, l’Ue aveva iniziato il processo di abolizione del cambio dell’ora.
Il Parlamento europeo aveva approvato una normativa che il Consiglio, la riunione dei capi di Stato e di governo, avrebbe dovuto approvare. La pandemia da Covid-19 ha però messo in pausa la discussione, che non è mai stata ripresa.
Cosa diceva la normativa europea approvata nel 2019
La norma approvata dai deputati nel 2019 prevedeva che a marzo 2021 ci sarebbe stato l’ultimo cambio dell’ora. Da quel momento, i vari Paesi avrebbero potuto decidere se passare permanentemente all’ora solare o a quella legale. La proposta si basava su un sondaggio del 2018, nel quale su 4,6 milioni di cittadini europei, l’84% si era detto favorevole all’abolizione.
Come spiegato dallo stesso Parlamento europeo, era stata proprio la Cee, antenato dell’Ue, a uniformare la regolamentazione del cambio dell’ora in tutti i Paesi membri:
L’Ue ha unificato per la prima volta le disposizioni relative all’ora legale nel 1980, al fine di garantire un approccio armonizzato al cambio dell’ora nel mercato unico. Prima di allora, infatti, le pratiche nazionali relative all’ora legale e agli orari erano divergenti. L’attuale direttiva sull’ora legale impone agli Stati membri dell’UE di passare all’ora legale l’ultima domenica di marzo e di tornare all’ora solare l’ultima domenica di ottobre.
Perché sarà complesso abolire il cambio dell’ora
Anche se la proposta spagnola fosse attuata e Commissione e Consiglio cominciassero a trattare, arrivare a un accordo sarebbe molto complesso. Come visto, la normativa del Parlamento del 2019 lascia a ogni singolo Stato la libertà di scegliere se passare all’ora solare o a quella legale. Un passaggio disordinato però rischierebbe di creare caos all’interno dei già contro intuitivi fusi orari europei.

A oggi, l’Ue è divisa in tre fusi orari. Buona parte degli Stati membri ricade nel Cet, il Central European Time, Italia inclusa. Irlanda e Portogallo seguono l’orario di Greenwich, quello del Regno Unito, e sono quindi un’ora indietro. Finlandia, Paesi baltici, Romania, Bulgaria, Grecia e Cipro sono invece un’ora avanti al Cet. Se ogni Paese scegliesse da solo, si rischierebbe di creare una mappa con fusi orari completamente diversi anche per Paesi a latitudini molto simili.
Questo complicherebbe quasi ogni operazione, istituzionale, economica, finanziaria e comunicativa tra gli Stati membri. Di conseguenza andrebbe trovato un accordo in Consiglio tra tutti gli Stati, in modo almeno da mantenere, se non da semplificare, la situazione attuale. Il voto richiede però anche una maggioranza qualificata, di almeno 15 Paesi su 27, oppure di un gruppo che rappresenti il 65% della popolazione europea.