Equo compenso, Agcom vince: Meta e Google verso l’accordo con gli editori

Editori, rappresentanti dei social network e dei motori di ricerca dovranno decidere come spartirsi il ricavato pubblicitario del mercato editoriale

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Sull’equo compenso l’Agcom infine l’ha spuntata: gli editori di quotidiani e magazine online avranno diritto a guadagnare sui contenuti pubblicati e condivisi su Google, Facebook, Instagram e WhatsApp e servizi affini. Sul finire dello scorso anno il Tar del Lazio aveva bloccato tutto, ma ora il Consiglio di Stato ha dato ragione agli editori e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Equo compenso, Consiglio di Stato riapre la partita

Il regolamento dell’Authority sulla remunerazione da corrispondere ai proprietari dei diritti degli articoli torna adesso pienamente operativo. Il ricorso alla misura era stato invocato, fra l’altro, anche al fine di preservare la qualità dell’informazione e la sostenibilità economica delle imprese editoriali.

Si tratta di un passo in avanti nell’annoso braccio di ferro fra Unione europea e Big Tech: nel 2019 la direttiva dell’Ue sul copyright aveva introdotto il regolamento sulla base del quale editori e grandi operatori della rete avrebbero dovuto individuare l’entità dell’equo compenso da corrispondere per la diffusione degli articoli sulle varie piattaforme digitali. Contro tale direttiva aveva fatto ricorso Meta di Mark Zuckerberg. In Italia la pronuncia del Tar del Lazio aveva posto uno stop, ma ora l’esito del ricorso di fronte al Consiglio di Stato segna un punto a favore dei giornali.

Il collegio di consiglieri chiamati a decidere presso la sesta sezione di Palazzo Spada è stato composto dal presidente Roberto Caponigro e da Giovanni Pascuzzi, Marco Poppi, Giovanni Gallone e Thomas Mathà.

Il nodo dei ricavi pubblicitari

Secondo il regolamento dell’Agcom, che si rifà alla direttiva comunitaria, il previsto “equo compenso” per i prodotti editoriali da corrispondere agli editori va parametrato sulla base dei “ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web”.

Social e motori di ricerca da una parte ed editori dall’altra parte dovranno ora dare il via a una serie di incontri finalizzati a trovare un accordo su come spartirsi i ricavi del mercato editoriale, con una quota fino al 70% a beneficio di questi ultimi. Qualora le trattative non dovessero andare in porto, l’Autorità garante potrà intervenire per fissare i parametri dell’equo compenso.

Meta, però, non ci sta: secondo il colosso di Menlo Park il regolamento italiano sarebbe in conflitto con quella direttiva europea del 2019 che ha fatto da impulso alle discipline dei vari stati membri. In particolare, lamenta Meta, sarebbero stati violati principi fondamentali come quello che garantisce la libertà d’impresa.

Il rischio ora è che per compensare i mancati introiti alcuni importanti social network possano chiedere pagamenti agli utenti per tutta una serie di funzioni.

Plauso da editori e giornalisti

Soddisfazione esprime invece la Fieg (Federazione italiana editori giornali). Gli editori puntualizzano che se fosse stata confermata, la sospensione del regolamento dell’Agcom “avrebbe avuto come solo effetto quello di privare editori e piattaforme digitali della possibilità di avvalersi dell’apporto di un soggetto terzo competente, in grado di facilitare il raggiungimento di un accordo”.

La decisione dei giudici amministrativi “segna un punto a favore del sistema dell’informazione in Italia: il regolamento stilato dall’Agcom può e deve essere uno strumento utile a generare valore per l’intera filiera”, commenta Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana).