Angelo Duro, indagine su una presunta evasione da 150.000 euro

La Procura di Roma indaga su una possibile evasione fiscale da 150.000 euro di Angelo Duro, esaminando il passaggio da regime forfettario a società per minimizzare il peso fiscale

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 6 Giugno 2025 11:02

La presunta evasione fiscale di Angelo Duro accende i riflettori su un nervo scoperto del sistema tributario italiano: la gestione dei redditi e il confine sottile tra ottimizzazione fiscale e abuso delle agevolazioni. Quando il contribuente è un volto noto, la questione assume sfumature che intrecciano diritto tributario, implicazioni legali e un inevitabile impatto reputazionale.

Angelo Duro, perché è partita l’indagine

L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, secondo quanto ricostruito dal quotidiano Repubblica, stanno valutando i contorni di un’indagine sulla presunta evasione fiscale di Angelo Duro, noto comico e personaggio televisivo. La Procura di Roma ipotizza un’omissione Irpef di circa 150.000 euro riferita all’anno fiscale 2023. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Stefano Pesci, è al momento a carico di ignoti e Duro non risulta formalmente indagato.

Stando alle ricostruzioni, l’attenzione si è concentrata su un meccanismo di passaggio dal regime forfettario a una società di capitali: il comico avrebbe goduto inizialmente delle agevolazioni previste per i forfettari e, superata la soglia massima di fatturato, avrebbe creato un’azienda per continuare a incassare compensi pagando l’Ires anziché l’Irpef. Secondo quanto emerge, la nuova società potrebbe non essere stata creata per avviare un’attività realmente autonoma, ma per ridurre l’impatto fiscale, consentendo un risparmio stimato di circa 150.000 euro.

Gli incassi stellari coincidono con il periodo di massimo successo professionale, una circostanza che non ha mancato di attirare l’attenzione della Guardia di Finanza, delegata dalla Procura per approfondire eventuali anomalie nei movimenti fiscali.

Ora la palla passerà ai magistrati, che dovranno stabilire se ci sia stata o meno un’intenzione di evadere o una gestione fiscale imprudente da parte dei commercialisti, eventualmente.

Le conseguenze fiscali e penali di una presunta evasione

La normativa fiscale italiana è dura nei confronti dell’evasione fiscale. L’articolo 5 del decreto legislativo n. 74/2000, quasi un manifesto della lotta al sommerso, prevede la reclusione da 2 a 6 anni per chi omette o falsifica dichiarazioni sui redditi, se l’imposta evasa supera i 50.000 euro.

A questo si aggiungono sanzioni pecuniarie che possono schizzare fino al 240% del tributo evaso, interessi di mora e altre “amare sorprese”.

Nel caso del regime forfettario, l’abuso comporta non solo la perdita delle agevolazioni (art. 1, comma 89, L. 190/2014), ma anche l’applicazione di sanzioni ordinarie sulla differenza d’imposta.

Il capitolo previdenziale non è da meno: l’Inps impone sanzioni civili che arrivano fino al 60% sui contributi evasi.

L’Agenzia delle Entrate ha intensificato l’attività di controllo fiscale tramite il piano di compliance: per il triennio 2025-2027 sono previste decine di milioni di comunicazioni preventive ai contribuenti per segnalare anomalie nelle dichiarazioni.

Nel documento di indirizzo del Mef si sottolinea che lo scopo è “favorire l’emersione delle basi imponibili” attraverso sofisticati sistemi di data analysis. Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza incrociano dati di fatture elettroniche, spese bancarie e redditi con quanto dichiarato dai contribuenti, inviando un avviso se vengono rilevate discrepanze. Nel caso di Duro, la presunta irregolarità sarebbe emersa proprio in un controllo amministrativo delegato alla Guardia di Finanza, quindi segnalata alla Procura per gli approfondimenti del caso.