Processo Prisma, per la Juve cambia tutto: cosa succede ora

L’inchiesta della magistratura ordinaria - che vede i bianconeri indagati per aggiotaggio informatico - subisce un cambio di rotta inaspettato

Foto di Federico Casanova

Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Almeno sul campo da gioco, la stagione calcistica della Juventus è iniziata. Magari non nel migliore dei modi, visto il pareggio rimediato alla seconda giornata contro il Bologna (risultato che ha provocato i primi malumori tra i tifosi, molti dei quali del tutto scontenti per una campagna acquisti che ha visto arrivare il solo Timothy Weah). In definitiva però, al momento di fermarsi per lasciare spazio alle partite delle nazionali, in casa bianconera non ci sono grandi motivi per lamentarsi, visti i 7 punti su 9 nelle prime tre giornate e la ritrovata condizione – fisica e mentale – di due elementi cardine come Chiesa e Vlahovic.

A differenza di quanto successo nel rettangolo verde, c’è invece un altro ambito in cui la sfida che attende la Vecchia Signora non riesce a prendere il via. Stiamo parlando di quello giudiziario: in tribunale infatti il processo Prisma – che dal 2021 tiene accesi i fari della magistratura sui conti della società – ha subito uno stop tanto inaspettato (in particolare per la pubblica accusa), quanto auspicato dagli avvocati del club torinese. Il problema è che ora, a distanza di oltre due anni dall’apertura del fascicolo, bisognerà ricominciare tutto da capo, da un’altra parte.

Processo Prisma, la Cassazione cambia il destino della Juve

“La Corte suddetta dichiara l’incompetenza del Tribunale di Torino e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il Tribunale di Roma“. Con questa formula assai stringata ma alquanto categorica, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha modificato le sorti dell’inchiesta che vede la Juventus accusata – tra gli altri reati contestati in sede civile – di aggiotaggio informativo, il più grave dei reati che pendono sulla testa dei dirigenti bianconeri (tutti, nel frattempo, dimissionari dai rispettivi incarichi).

Per conoscere le motivazioni che hanno spinto i giudici a spostare il filone dal capoluogo piemontese alla Capitale occorrerà attendere 60 giorni, ossia il termine di tempo massimo entro cui gli ermellini dovranno comunicare il perché di questa decisione. Ad ogni modo, tutto lascia pensare che sia stata accolta la richiesta dei legali della difesa (un pool guidato dall’avvocato Maurizio Bellacosa), con la tesi che il “data server” che elaborò il documento incriminato abbia la propria sede proprio a Roma. Se l’illecito, dunque, è partito da lì, non c’è motivo di svolgere udienze e acquisire prove a Torino.

Juve, processo Prisma: cosa rischiano Agnelli, Nedved e gli altri ex dirigenti

Per chi non ricordasse come sono andate le cose fino ad oggi, è bene sapere che nel processo Prisma sono indagati alcuni dei volti storici della squadra, almeno per quanto riguarda l’ultimo decennio. C’è l’ex presidente Andrea Agnelli, il suo vice dell’epoca (nonché amico intimo) Pavel Nedved, l’ex responsabile dell’area sportiva,  alcuni manager e altre figure di spicco (per un totale di 7 individui) che avevano in carico la gestione finanziaria, nonché il capo dell’ufficio legale e procuratore legale rappresentante del club. Indagata anche la società, che risponde degli addebiti come persona giuridica.

Cresce dunque l’attesa per capire come andrà avanti questa complicata faccenda, ricordando che per aggiotaggio informatico – secondo quanto stabilito dal codice di diritto penale, nello specifico all’articolo n°501 – si rischiano ben tre anni di reclusione, con la relativa sanzione pecuniaria che può variare da un minimo di 516 euro fino ad un massimo di 25mila euro. I presunti bilanci truccati, dunque, rischiano di pesare non tanto sulle casse della società, quanto sulle finanze dei singoli indagati.