L’arrivo del 2023, tra le tante novità, ne ha portato anche nella gestione della pandemia Covid, alla luce delle maxi ondate registrate in Cina e ai contagi registrati in Italia a causa delle nuove varianti del virus. Con una circolare diramata a fine 2022, il Ministero della Salute ha reso più leggere le procedure per la quarantena dei positivi (ne abbiamo parlato anche qui).
Il Governo raccomanda comunque i cittadini di far vincere il “buon senso”, senza abbassare la guardia sui rischi del contagio (soprattutto per quanto riguarda la variante Kraken).
Le nuove regole sulla quarantena: dopo quanti giorni si può uscire
Il Governo ha rimosso l’obbligo di sottoporsi a tampone alla fine dei cinque giorni di isolamento, ma solo per chi è sempre stato asintomatico e per chi non presenta sintomi da almeno 48 ore. Resterà invece l’obbligo di indossare la mascherina FFP2 fino al decimo giorno dalla comparsa dei sintomi o dal tampone positivo. Prevista invece l’autosorveglianza per i cosiddetti contatti stretti.
Nel 2023 sarà dunque possibile uscire di casa già dopo cinque giorni dal primo test positivo per i casi che sono sempre stati asintomatici, senza il bisogno di un tampone negativo di conferma. I sintomatici possono invece lasciare l’isolamento dopo due giorni dalla scomparsa di ogni sintomo. La situazione cambia per gli immunodepressi, i quali dovranno invece effettuare un test Covid (intanto in Cina a ruba farmaco “italiano”).
Il ministero della Salute prevede tuttavia anche “deroghe” speciali. Per gli asintomatici l’isolamento potrebbe finire anche prima dei cinque giorni stabiliti, in presenza però di un tampone negativo. La circolare contiene infine alcune raccomandazioni, la prima delle quali è “di evitare persone ad alto rischio” e ambienti affollati.
Per quanto tempo si resta contagiosi?
Le nuove regole sulla quarantena riguardano l’aspetto legale e istituzionale della gestione della pandemia da Covid. Dal punto di vista strettamente sociale e sanitario, il rispetto dell’isolamento di cinque giorni non indica ovviamente l’assenza di pericolo. L’Esecutivo ha cercato di venire incontro alle esigenze dei cittadini di non restare “fuori dal mondo” per troppo tempo, senza però venir meno al diritto alla salute. Il limite di cinque giorni si basa comunque su una considerazione scientifica.
Secondo uno studio condotto dall’Imperial College di Londra, la durata media della contagiosità sarebbe stimabile proprio di cinque giorni. Gli scienziati hanno osservato che su 57 persone con Covid lieve prese in esame, due terzi dei casi erano ancora contagiosi cinque giorni dopo l’inizio dei sintomi e un quarto del campione era addirittura ancora “virulento” dopo sette giorni. Solo una persona su cinque invece risultava contagiosa addirittura prima dell’insorgenza dei sintomi. Ovviamente le tempistiche e il livello di contagiosità possono variare da paziente a paziente. Da qui la forte raccomandazione da parte del Ministero ai cittadini di continuare a indossare una FFP2 anche se si è usciti dall’isolamento (arriva l’ok al risarcimento per i morti di Covid: come funziona e a chi spetta).
Gli studi sul virus
Secondo un altro studio, preso in considerazione dai Centers for disease control and prevention negli Usa, quasi una persona su tre (il 31% del campione) rimane contagiosa anche cinque giorni dopo il primo tampone positivo. La percentuale scende al 22% a partire dal sesto giorno, al 16% il settimo e al 5% dopo dieci giorni.
Come è evidente, il livello di attenzione sulla contagiosità va ben oltre i limiti previsti dalla legge. Anche allo scadere dei cinque giorni si può infettare ed essere infettati. Sottoporsi comunque a tampone e indossare i dispositivi di protezione individuale può fare la reale differenza.