MIP-C, la nuova malattia collegata al Covid potenzialmente mortale

Un team di ricerca internazionale ha scoperto una nuova malattia collegata al Covid molto simile alla dermatomiosite anti-MDA5 positiva: può essere mortale.

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Pubblicato: 14 Maggio 2024 21:44

Un gruppo internazionale di ricercatori ha scoperto una nuova malattia potenzialmente mortale collegata al Covid. La MIP-C (autoimmunità MDA5 e polmonite interstiziale contemporanea con Covid-19), questo il nome della nuova malattia, risulta essere affine a un’altra rara malattia autoimmune, la dermatomiosite anti-MDA5 positiva, che solitamente viene diagnosticata a persone originarie dell’estremo oriente, si legga Cina e Giappone. Il numero anomalo di nuovi casi registrati in Regno Unito, nello Yorkshire per l’esattezza, ha spinto gli scienziati ad analizzare i dati clinici e a trarne le conclusioni dette in precedenza.

MIP-C, la nuova malattia associata al Covid

Lo studio che ha portato all’emersione della MIP-C è stato eseguito da un team di ricerca internazionale guidato dagli scienziati dei Dipartimenti di Medicina e Medicina Cellulare e Molecolare dell’Università della California e del Dipartimento di Reumatologia dell’Università di Leeds. Nel gruppo di lavoro anche esperti del Leeds Teaching Hospitals NHS Trust, del Mid Yorkshire Teaching NHS Trust e di altri istituti. Ad avviare lo studio è stato il professor Dennis McGonagle dell’ateneo inglese insieme al collega Pradipta Ghosh, insospettiti dal misterioso incremento di casi di dermatomiosite anti-MDA5 positiva nel 2021, ovvero il secondo anno della pandemia da Covid.

La scoperta della MIP-C

La dermatomiosite anti-MDA5 è una malattia rara autoimmune, infiammatoria e cronica in grado di generare conseguenze soprattutto su pelle, muscoli e polmoni, fino a sfociare in una malattia polmonare interstiziale a rapida progressione e potenzialmente mortale. Tale condizione clinica è causata da anticorpi (più propriamente autoanticorpi) che attaccano un enzima denominato MDA5 (Melanoma Differentiation-Associated protein 5), un recettore sensibile all’RNA che è in grado di rilevare il coronavirus SARS-CoV-2 e altri virus a RNA. Il collegamento dei ricercatori tra Covid e l’aumento dei casi di dermatomiosite anti-MDA5 positiva è stato dunque immediato per i ricercatori, con gli studi e gli esami successivi che hanno confermato il sospettato legame.

I dati dello studio

Entrando più nello specifico, i casi di dermatomiosite anti-MDA5 positiva sono passati dallo 0,4 per cento del 2019 al 2,1 per cento del 2020 e al 4,8 per cento del 2021. Nel 2022, invece, la soglia è scesa all’1,7 per cento. I pazienti analizzati dal team di ricerca del professor McGonagle avevano, in 25 casi su 60, delle cicatrici sui polmoni, oltre che sintomi reumatologici quali artrite, dolori muscolari ed estese eruzioni cutanee. Non tutti questi pazienti, tuttavia, avevano contratto il Covid.

L’applicazione di un modello computazionale di analisi dei big data, denominato BoNE (Boolean Network Explorer), ha permesso agli scienziati di scoprire che i pazienti con elevati livelli di reazione autoimmunitaria verso l’enzima MDA5 avevano anche alti livelli di interleuchina-15, ovvero una proteina proinfiammatoria (citochina) che è associata a una malattia polmonare interstiziale progressiva / fibrosi polmonare. L’aspetto più inquietante è legato al tasso di mortalità della malattia: sui 60 casi presi in esame 8 sono stati i decessi.

Le conclusioni: c’è un legame tra Covid e nuova malattia

In base agli studi effettuati, pubblicati sull’autorevole rivista scientifica rivista scientifica eBIOMedicine, gli scienziati ritengono che aver contratto il SARS-CoV-2, anche in forma lieve, possa indurre nel paziente una diversa forma di dermatomiosite anti-MDA5 positiva. Questa è stata ribattezza MIP-C (si legge mipsy). La differenza della nuova forma di malattia rispetto a quella che era già nota sta nel “nel tasso di progressione, nella mortalità e nel comportamento”. Così come sostenuto dagli studiosi, la malattia si sarebbe diffusa anche fuori dal Regno Unito, ma al momento non ci sarebbero dati in merito.