Trovate microplastiche nelle arterie umane, raddoppiano i rischi di infarto e ictus

Un nuovo studio italiano ha collegato questa presenza ad un rischio di infarto, ictus e morte prematura più elevato

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Le micro e le nanoplastiche sono ormai ampiamente diffuse, non solo nell’ambiente circostante ma anche all’interno del nostro corpo. Questi contaminanti sono stati individuati in vari organi e tessuti, inclusi la placenta, il latte materno, il fegato, i polmoni e anche i tessuti cardiaci. Ma recentemente, uno studio condotto in Italia ha rivelato la presenza di micro e nanoplastiche all’interno delle placche aterosclerotiche, ovvero nelle accumulazioni di grasso nelle arterie coronariche.

L’equipe italiana

I risultati di questo studio, pubblicati sul New England Journal of Medicine, indicano che le placche aterosclerotiche contaminate sono più infiammate del normale, rendendole più vulnerabili alla rottura. Ciò si traduce in un rischio di infarto, ictus e mortalità almeno due volte più elevato rispetto alle placche aterosclerotiche non contaminante da plastica.

Lo studio è il risultato di un’ampia collaborazione, guidata dai ricercatori dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, che coinvolge numerosi enti di ricerca, tra cui l’Harvard Medical School di Boston, l’IRCSS Multimedica di Milano e le università di Ancona, della Sapienza di Roma e di Salerno, insieme all’IRCSS INRCA di Ancona. Questa collaborazione ha evidenziato che le placche aterosclerotiche spesso contengono micro e nanoplastiche derivanti da polietilene (PE) o polivinilcloruro (PVC), due dei composti plastici più diffusi al mondo, utilizzati per una vasta gamma di prodotti che spaziano dai contenitori ai rivestimenti, dalle pellicole plastificate ai materiali edilizi.

I risultati dello studio

Lo studio è stato condotto su 257 pazienti di età superiore ai 65 anni, sottoposti a un’endoarterectomia per stenosi carotidea asintomatica. Durante questa procedura chirurgica, sono state rimosse placche aterosclerotiche e analizzate al microscopio elettronico per individuare la presenza di micro e nanoplastiche, cioè particelle plastiche con un diametro inferiore rispettivamente a 5 millimetri o a 1 micron (0,001 millimetri).

Secondo Giuseppe Paolisso, coordinatore dello studio e professore di Medicina Interna all’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, l’analisi ha rilevato la presenza di particelle di polietilene in livelli misurabili (circa 20 microgrammi per milligrammo di placca) nel 58,4% dei pazienti e di particelle di policloruro di vinile, in media 5 microgrammi per milligrammo di placca, nel 12,5%. Le microplastiche si trovano così ormai dappertutto, anche nel nostro organismo.

Inoltre, tutti i partecipanti sono stati seguiti per circa 34 mesi, durante i quali si è osservato che coloro che presentavano placche “contaminate” da plastiche avevano un rischio di infarto, ictus o mortalità per tutte le cause almeno raddoppiato rispetto a coloro che non avevano placche aterosclerotiche contenenti micro e nanoplastiche, indipendentemente da altri fattori di rischio cardio-cerebrovascolari. Sono poi stati osservati aumenti significativi di marcatori dell’infiammazione localmente in presenza di micro e nanoplastiche. Non è la prima volta che vengono trovate microplastiche nell’organismo, dato che uno studio recente le aveva individuate anche nei polmoni.

Come le plastiche intaccano l’organismo

Nello studio, i ricercatori hanno anche illustrato il meccanismo alla base dei danni cardiaci causati dalla plastica. Raffaele Marfella, ideatore dello studio e professore di Medicina Interna all’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, spiega che l’effetto pro-infiammatorio potrebbe essere uno dei motivi per cui le micro e nanoplastiche aumentano l’instabilità delle placche, aumentando il rischio di rottura e di conseguenza di trombosi, che possono portare ad infarti o ictus.

Marfella continua spiegando che dati raccolti sia in vitro che negli animali da esperimento hanno già evidenziato che le micro e nanoplastiche possono favorire lo stress ossidativo e l’infiammazione nelle cellule dell’endotelio vascolare. Aggiunge inoltre che queste particelle possono alterare il ritmo cardiaco e contribuire allo sviluppo di fibrosi e disfunzioni cardiache. Questi risultati, secondo Marfella, rappresentano la prima evidenza di una correlazione diretta tra la presenza di micro e nanoplastiche e un aumentato rischio di malattie cardiovascolari nell’uomo.