Diabete di tipo 2, il ruolo di tirzepatide, primo farmaco a “doppia” azione

Dalla ricerca metabolica di Eli Lilly, una nuova terapia che migliora il controllo glicemico e riduce i fattori di rischio cardiovascolare, supportando anche la perdita di peso

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Redazione

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Pubblicato: 21 Marzo 2025 09:12

Diabete di tipo 2. Aumento del peso, cattive abitudini, sedentarietà e tanti altri fattori negativi possono influire sul rischio di sviluppare la malattia, che negli ultimi trent’anni in Italia è più che raddoppiata. Oggi fa i conti con questa situazione circa il 7% della popolazione, con picchi che superano l’8% in Campania e Calabria. Per chi soffre di diabete di tipo 2 è fondamentale riconoscere la patologia e tenerla sotto controllo, anche per limitare il rischio di complicanze che pesano non solo sul singolo e sulla famiglia ma anche sulla sostenibilità del Servizio sanitario, visto che il diabete nelle sue diverse forme e con le varie problematiche associate rappresenta poco meno del 10% della spesa totale. Gestire al meglio la persona con diabete è difficile per le criticità organizzative e strutturali del percorso di cura e le barriere multifattoriali ritardano la diagnosi e l’accesso tempestivo a opzioni terapeutiche innovative.  Così solo una persona su due con diabete di tipo 2 raggiunge il target prefissato di 6,5-7% dell’emoglobina glicata (HbA1c), parametro di riferimento che indica se il diabete nel tempo è ben compensato. Una risposta concreta alle esigenze dei pazienti e degli specialisti arriva dall’innovazione terapeutica: AIFA ha approvato la rimborsabilità di tirzepatide, il primo e, fino ad oggi, unico farmaco di una nuova classe terapeutica agonista recettoriale di GIP e GLP-1; il farmaco, inserito in Nota 100, può essere prescritto dagli specialisti e dai medici di medicina generale.

Perché è importante la doppia attività

Gli agonisti del GIP e del GLP-1 rappresentano una nuova classe di farmaci innovativi per il trattamento del diabete di tipo 2 ed offrono un approccio più completo ed efficace rispetto ai singoli agonisti del GLP-1.

Il GLP-1 stimola la secrezione insulinica in modo glucosio-dipendente, inibisce la secrezione di glucagone, rallenta lo svuotamento gastrico e riduce l’appetito. Il GIP amplifica la secrezione insulinica e può migliorare la sensibilità all’insulina nel tessuto adiposo e muscolare. La combinazione GLP-1 e GIP crea un effetto potenziato, migliorando il controllo glicemico e il metabolismo in modo più efficace rispetto ai farmaci che agiscono solo sul GLP-1. Rispetto ai soli agonisti GLP-1, gli agonisti GLP-1/GIP riducono in modo più efficace l’emoglobina glicata e stabilizzano i livelli glicemici, Migliorano il tempo nell’intervallo target (TIR) riducendo sia le iperglicemie postprandiali sia il rischio di ipoglicemia.  I doppi agonisti GLP-1/GIP hanno un effetto maggiore sulla perdita di peso. Gli agonisti del GLP-1 sono già noti per favorire la perdita di peso, grazie alla loro azione su sazietà e rallentamento dello svuotamento gastrico.  L’aggiunta dell’agonismo GIP sembra potenziare ulteriormente la riduzione del peso, migliorando il metabolismo lipidico e favorendo un bilancio energetico più efficiente.  Sono, inoltre caratterizzati da una maggiore tollerabilità rispetto ai soli GLP-1. Il GIP sembra migliorare la tollerabilità del GLP-1, riducendo gli effetti collaterali gastrointestinali (nausea, vomito) spesso associati a questa classe di farmaci. Questo potrebbe aumentare l’aderenza alla terapia e il benessere del paziente. Gli agonisti GIP e GLP-1 rappresentano una nuova frontiera terapeutica nel diabete di tipo 2, offrendo un migliore controllo glicemico, un effetto più marcato sulla perdita di peso, e una maggiore tollerabilità rispetto ai soli agonisti GLP-1.

Come agisce il farmaco

Da alcuni anni le prospettive terapeutiche del diabete sono aumentate, grazie allo sviluppo di farmaci capaci di agire stimolando il sistema incretinico, ovvero quell’insieme di ormoni, tra cui GIP e GLP-1, capaci di stimolare la secrezione di insulina in condizioni di iperglicemia e migliorare la sensibilità ad essa. Tirzepatide è il primo, e ad oggi l’unico, trattamento facente parte di una nuova classe terapeutica che attiva sia i recettori ormonali GIP (polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente) sia quelli del GLP-1 (peptide glucagone-simile-1). Legando entrambi i recettori, tirzepatide aumenta la secrezione di insulina a livello pancreatico, la sensibilità insulinica e riduce l’assunzione di cibo. Ma ciò che differenzia tirzepatide è l’agonismo recettoriale GIP, che agisce su meccanismi correlati al peso mediante azioni benefiche a livello del tessuto adiposo e riducendo l’introito calorico. Inoltre, l’agonismo del GIP riduce il senso di nausea contrastando così l’azione favorente la nausea prodotta dall’agonismo del GLP-1. Il programma SURPASS ha valutato l’efficacia e la sicurezza di tirzepatide 5mg, 10mg e 15 mg come monoterapia e come aggiunta a diversi farmaci standard per il diabete di tipo 2. Nel complesso, i 5 studi registrativi globali del programma SURPASS hanno dimostrato una riduzione significativa dell’emoglobina glicata e del peso.1,2,3,4,5,6. Inoltre, il farmaco ha determinato riduzione della pressione arteriosa e dei trigliceridi. Tirzepatide rappresenta una nuova opzione terapeutica, da assumere  una volta a settimana grazie ad una penna monouso preriempita di facile utilizzo sottocutaneo, che consente di ottenere riduzioni di HbA1c, con un miglioramento del controllo glicemico associato ad una riduzione del rischio di complicanze, e di peso grazie all’azione combinata del GIP e del GLP-1, con il risultato di migliorare gli esiti clinici dei pazienti attraverso un trattamento semplice, sicuro e costo-efficace (un’analisi separata condotta negli Stati Uniti  ha rilevato che ogni riduzione dell’1% dell’HbA1c è associata a una riduzione del 7% dei costi legati al diabete tipo 2). I risultati degli studi del programma SURPASS hanno evidenziato il buon profilo di sicurezza e tollerabilità di tirzepatide, non gravato da rischio di ipoglicemia né da particolari effetti collaterali significativi.

La sfida per il controllo del diabete

Il diabete “dilaga” ovunque, in particolare il tipo 2 che in Italia negli ultimi trent’anni è più che raddoppiato e oggi si assesta mediamente attorno al 7% della popolazione generale, con picchi sopra l’8% in Calabria e Campania. I dati rilevati dalle principali Società scientifiche e monitorati da ISS e programma ARNO, registrano 4 milioni almeno di italiani con diabete diagnosticato, oltre il 90% con diabete di tipo 2, mentre almeno un altro milione vive con la patologia, ma non ne è conoscenza per mancata diagnosi. Le prospettive non sono migliori: la prevalenza nel 2040 subirà un aumento al 9-10%, i numeri saliranno a più di 7 milioni fra 15 anni.  A preoccupare è la gestione del diabete di tipo 2, difficile e costosa: l’assistenza sanitaria diabetologica deve subire un’evoluzione. È noto che la malattia diabetica riduce l’aspettativa di vita, a causa delle complicanze soprattutto croniche che si sviluppano negli anni quando manca un adeguato e continuo controllo glicemico. “Le principali conseguenze del diabete di tipo 2 sono quelle croniche, dovute al prolungato mantenimento negli anni di elevati valori della glicemia e della tossicità legata agli zuccheri nel sangue. – spiega Gianluca Aimaretti, Presidente SIE – Società Italiana di Endocrinologia, Professore Ordinario di Endocrinologia Università del Piemonte Orientale e Direttore Dipartimento di Medicina Traslazionale – Le principali riguardano il rene, l’occhio, il sistema nervoso centrale e periferico, micro e macro-circolo, con danni importanti che nel tempo aumentano il rischio di infarto, ictus, e problemi anche a livello epatico, della sfera genitale e del cavo orale. È necessario diagnosticare il più precocemente possibile la malattia diabetica per intervenire con adeguati trattamenti, solo così è possibile rallentare o in qualche caso prevenire le complicanze che talvolta insorgono quando ancora il paziente non sa di essere diabetico e non ha disturbi. Inoltre, gli studi dimostrano che le complicanze possono portare negli anni a gravi disabilità e ridurre l’aspettativa di vita in media di 6-7 anni”.

Come aiutare al meglio la persona con diabete

Nonostante un approccio terapeutico integrato con dieta, attività fisica e farmaci, quasi 1 paziente su 2 non raggiunge tutti e tre gli obiettivi attualmente raccomandati dalle più recenti linee guida internazionali, ovvero controllo della glicemia, della pressione arteriosa e del colesterolo. Inoltre, l’85% dei diabetici di tipo 2 è sovrappeso od obeso, e non riesce a ridurre il peso corporeo, nonostante gli sforzi. “Investire in salute facilitando l’accesso all’innovazione è cruciale per le persone con diabete di tipo 2. – dichiara Raffaella Buzzetti, Presidente SID – Società Italiana di Diabetologia – L’accesso a terapie innovative può migliorare significativamente gli esiti clinici e la qualità della vita; inoltre, può ridurre il carico clinico e sociale: il diabete di tipo 2 è una malattia cronica con un impatto significativo sulla qualità della vita e sulla società. L’accesso a terapie innovative permette un miglior controllo della glicemia, riducendo il rischio di complicanze come malattie cardiovascolari, insufficienza renale e neuropatie e ciò si traduce in minori ospedalizzazioni e in un miglioramento della qualità di vita. L’innovazione può condurre a migliorare l’aderenza terapeutica: le nuove terapie offrono benefici in termini di tollerabilità ed efficacia, hanno minori effetti collaterali e modalità di somministrazioni più semplici con migliori risultati clinici che motivano a seguire il trattamento con maggiore costanza”. L’importante, in ogni caso, è che la persona con diabete di tipo 2 sia seguita in una “rete” di assistenza che consenta di controllare la cronicità. Come ricorda Andrea Frasoldati, Presidente AME – Associazione Medici Endocrinologi e Direttore Struttura Complessa di Endocrinologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova IRCCS, ASL di Reggio Emilia la chiave “è la gestione integrata, in cui è strategico il lavoro in team multidisciplinare, costituito da endocrinologi e diabetologi, ma anche da molte altre figure professionali quali il medico di medicina generale, figura professionale fondamentale perché conosce meglio il paziente e la realtà famigliare e sociale in cui vive e lavora. Il diabetologo e l’endocrinologo sono le due figure di riferimento cui fanno da corollario indispensabile il dietista, il nefrologo, il cardiologo, l’oculista, il neurologo, il chirurgo vascolare, l’ortopedico, lo psicologo fino all’infermiere dedicato. La presenza di questi specialisti è decisiva nell’assicurare al paziente e alla malattia un management adeguato con le migliori terapie, una diagnosi precoce e un trattamento ottimale in grado di prevenire o rallentare la progressione delle complicanze. Ma una gestione integrata prevede un sistema organizzato per rispondere ai bisogni dei pazienti e la mancanza di uno scambio tra le diverse figure specialistiche può rendere difficile al paziente l’accesso e l’aderenza alle cure”.

Il ruolo del medico di medicina generale, in questo complesso scenario, diventa cruciale. “Nell’interesse del paziente, l’approccio alla malattia diabetica deve essere il più olistico possibile, e solo il medico di medicina generale può realizzare a pieno questo approccio – spiega Walter Marrocco, Responsabile Scientifico FIMMG – Federazione Italiana Medici di Medicina Generale. Inoltre, il diabete, come patologia cronica, richiede una sorveglianza che perduri nel tempo, e questo solo il medico di medicina generale può garantirlo. Il diabete rappresenta una crescente emergenza sanitaria in Italia, con una prevalenza in aumento e un impatto significativo sulla salute pubblica: è quindi fondamentale promuovere strategie efficaci di prevenzione, diagnosi precoce e gestione della malattia per ridurre le complicanze e migliorare la qualità della vita delle persone affette. In tale contesto e con questi obiettivi la medicina generale diventa essenziale per poterla affrontare e gestire compiutamente”.

L’impegno di Lilly

Lilly è impegnata nell’area metabolica da oltre 100 anni, a partire dalla prima insulina commerciale al mondo. Oggi amplia la sua innovazione con una molecola, tirzepatide, che potrebbe rivoluzionare la gestione del diabete di tipo 2. L’Azienda lavora a stretto contatto con decisori pubblici e comunità scientifica per rendere disponibile l’innovazione terapeutica alle persone con diabete. “Lilly è da sempre protagonista nella lotta al diabete, una delle principali sfide di salute pubblica, grazie a un impegno costante nella ricerca e nello sviluppo di terapie innovative – commenta Federico Villa, Associate Vice President Corporate Affairs & Patient Access Lilly Italy Hub – Oggi, questo impegno si rinnova con tirzepatide, una terapia innovativa per il diabete di tipo 2, frutto di decenni di ricerca metabolica. Tirzepatide non solo migliora il controllo glicemico e riduce i fattori di rischio cardiovascolare ma supporta anche la perdita di peso, un fattore chiave nella gestione della malattia, rispondendo a un bisogno clinico ancora insoddisfatto. Come azienda ci siamo impegnati molto per far sì che tirzepatide potesse essere disponibile per tutti i pazienti che ne avessero bisogno in ogni regione, andando anche a rispondere al problema delle carenze che ha caratterizzato questa classe di farmaci negli ultimi anni”.

Con il contributo di Eli Lilly Italia