Bimbo muore dopo aver mangiato formaggio fatto con latte crudo, cosa dice la legge e come leggere le etichette

Un bambino di 3 anni è morto a seguito di una rara malattia causata dall'aver mangiato formaggio fatto con latte crudo, la SEU: i casi in Italia e i rischi del consumo del latte non pastorizzato.

Foto di Riccardo Castrichini

Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Un bambino di 3 anni è morto alla fine di maggio 2024 dopo aver ingerito formaggio fatto con latte crudo contaminato da Escherichia coli e aver contratto la sindrome emolitico-uremica (SEU). La storia del piccolo Elia, questo il nome del bambino, è stata raccontata dal padre Marco, che ha chiesto che il caso di suo figlio resti l’unico di questo tipo, invocando nuove direttive nazionali in tema di etichette chiare sui latticini prodotti con latte crudo.

Bambino di 3 morto dopo aver ingerito latte crudo

La triste storia di Elia è iniziata quando è stato portato d’urgenza all’Ospedale Gaslini di Genova dopo aver mangiato del formaggio che la sua famiglia aveva acquistato da un’azienda casearia durante una vacanza in montagna. Questo formaggio era al latte crudo non pastorizzato e contaminato da qualche ceppo di Escherichia coli.

Il cibo in questione è stato ingerito da Elia nelle settimane prima di Pasqua, con i primi sintomi di dissenteria che si sono verificati dieci giorni dopo. Dopo aver trascorso 51 giorni in rianimazione, il bambino non ce l’ha fatta. Test medici hanno permesso di evidenziare che il bambino ha sviluppato una rara malattia, la sindrome emolitica-uremica (SEU).

L’eco mediatico scaturito dalla morte del bambino di 3 anni ha spinto l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma a spiegare cosa sia la SEU e a cosa è necessario prestare attenzione, specie con i bambini piccoli. “È una malattia che si presenta con insufficienza renale di gravità variabile, piastrine basse e anemia severa – dicono dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – Nella maggior parte dei casi, i sintomi compaiono dopo qualche giorno di diarrea senza sangue oppure mista a muco e sangue. Il bimbo di solito arriva al Pronto Soccorso perché i genitori notano che non fa la pipì, è pallido, debole e confuso”. A causare questa malattia, dicono dal nosocomio specializzato nella cura dei bambini, “è nella maggior parte dei casi un’infezione intestinale da Escherichia coli.

Quali regole per la produzione di latte

La domanda a questo punto è: cosa prevede la legge italiana in materia di regolamenti sul latte? A partire dal 19 aprile 2017, il nostro Paese ha introdotto l’obbligo di indicare in etichetta l’origine della materia prima per il latte e i prodotti lattiero-caseari, in attuazione del Regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Questa normativa si applica a tutte le tipologie di latte, non solo vaccino, ma anche di bufala, di asina, latte ovicaprino e di altra origine animale.

A livello europeo, il Regolamento (UE) n. 2018/775 sull’origine dell’ingrediente primario è entrato in vigore il 1° aprile 2020, andando a sostituire le precedenti normative nazionali come il Decreto Ministeriale Italiano del 9 dicembre 2016 sull’etichettatura di latte e prodotti lattiero-caseari.

La forte richiesta di avere maggiore trasparenza e tutela sull’origine dei prodotti alimentari è stata dimostrata anche dall’iniziativa dei cittadini europei “Eat Original! Unmask your food” che nel 2019 ha raccolto oltre un milione di firme per rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine su tutti i prodotti alimentari.

Cosa prevede la legge sull’etichettatura del latte

L’etichettatura dei prodotti lattiero-caseari deve riportare sempre, rigorosamente, alcune informazioni:

  • denominazione di vendita: per il latte fresco, ci deve essere la distinzione tra intero, parzialmente scremato e scremato, e l’indicazione del trattamento termico subito, ad esempio se si tratta di latte pastorizzato.
  • origine della materia prima: le diciture che possono essere utilizzate sono due:
    – “Paese di mungitura” per risalire all’origine degli allevamenti di origine
    – “Paese di condizionamento o di trasformazione”, cioè il nome del paese nel quale è stato condizionato o trasformato il latte.

Il latte crudo si può usare?

Attenzione però. Queste regole non vietano l’utilizzo di latte crudo nella produzione di formaggi in determinati casi. L’uso di latte crudo è consentito nella produzione di formaggi freschi purché il latte soddisfi specifici requisiti igienico-sanitari stabiliti dal Regolamento (CE) n. 853/2004. In questo caso, l’etichetta del formaggio dovrà riportare la dicitura “fabbricato con latte crudo”.

Ci sono poi alcune eccezioni che permettono l’utilizzo di latte crudo anche se non rispetta alcuni parametri microbiologici standard ammesso che il formaggio ottenuto sia sottoposto a un periodo minimo di stagionatura.

Se i produttori non si attengono alle regole, rischiano grosso. Il dl n. 231 del 15 dicembre 2017 fissa sanzioni pesantissime per i produttori che violano le norme sull’etichettatura e la trasparenza delle informazioni: le multe variano da un minimo di 500 euro a un massimo di 40mila euro per gravi inadempienze come l’omissione di indicazioni obbligatorie o la vendita oltre la data di scadenza.

Perché il latte va pastorizzato o bollito: i casi di SEU in Italia

Il latte crudo, infatti, può essere pericolosissimo, e potenzialmente letale. Il latte crudo, a fronte di un maggiore valore nutrizionale rispetto a quello pastorizzato, comporta dei rischi che, seppur contenuti, non possono non essere presi in considerazione. Così come riportato sul sito del ministero della Salute, “il latte crudo può contenere batteri nocivi, che possono essere causa, nell’uomo, di infezioni anche gravi. Batteri patogeni, che possono essere presenti nell’intestino dei bovini da latte, senza causare loro malattia, possono, infatti, contaminare accidentalmente il latte crudo e trasmettere l’infezione all’uomo”.

I rischi contenuti, specificano dal dicastero, “non devono essere trascurati, specialmente nei bambini, negli anziani e nelle persone immunodepresse. Si tratta di un pericolo che i trattamenti termici di pastorizzazione o la bollitura consentono di eliminare”.

Per quanto riguarda la SEU, i casi in Italia registrati tra il 1 gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022 sono stati 91. A dirlo è l’Istituto Superiore di Sanità che specifica anche come ben il 97,8 per cento dei casi (89) siano riferibili alla popolazione pediatrica (meno di 15 anni). E ancora, “nel 2022, i casi di SEU riportati al Registro sono stati 25,7 in più rispetto alla media annuale registrata nei 10 anni precedenti, con un aumento relativo pari al 39,4 per cento”.