Ai dipendenti pubblici spettano 34 anni di arretrati: sentenza storica

Dal 1990 a oggi, i dipendenti pubblici ottengono una vittoria notevole contro lo Stato italiano: pioggia di arretrati in arrivo ed ecco perché

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Ha fatto molto discutere, e non poteva essere altrimenti, una sentenza della Corte Costituzionale. Si tratta della numero 4/2024, per essere precisi, il cui impatto promette d’essere enorme. Il motivo è presto spiegato. In breve la decisione della Corte procede a ripristinare un incremento di stipendio connesso all’anzianità per i dipendenti pubblici. Occorre valutare la situazione nel dettaglio, ovviamente, al fine di comprendere quali siano i casi in cui alcuni stipendi possano essere interessati da più di 30 anni di arretrati.

Il contratto di lavoro del 1990

Una situazione che spinge la memoria indietro di 34 anni, fino allo scorso secolo. Precisamente lo sguardo è rivolto al 1990, quando la società era radicalmente differente e l’euro non era nella vita di nessun cittadino europeo.

Allora il rapporto di pubblico impiego era regolato dal diritto pubblico. I contratti siglati erano il frutto di accordi stipulati tra le organizzazioni sindacali e l’autorità politica, in assenza dell’istituzione dell’ARAN, ovvero l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, nata nel 1993.

Ma cosa prevedeva il contratto di lavoro del 1990? L’ultimo regolato dal diritto privato poneva in evidenza il blocco dell’anzianità per tutti i dipendenti della Funzione Pubblica. Stando ai commi 4 e 5 dell’art. 9, però, tali importi venivano riconosci in base all’anzianità maturata entro la soglia del 31 dicembre 1990.

Di seguito uno sguardo di insieme dei vari importi connessi a qualifiche e anzianità:

  • I, II e III qualifica, con anzianità di 5 anni: 300.000 lire;
  • I, II e III qualifica, con anzianità di 10 anni: 600.000 lire;
  • I, II e III qualifica, con anzianità di 20 anni: 1.200.000 lire;
  • IV, V e VI qualifica, con anzianità di 5 anni: 400.000 lire;
  • IV, V e VI qualifica, con anzianità di 10 anni: 800.000 lire;
  • IV, V e VI qualifica, con anzianità di 20 anni: 1.600.000 lire;
  • VII, VIII e IX qualifica, con anzianità di 5 anni: 500.000 lire;
  • VII, VIII e IX qualifica, con anzianità di 10 anni: 1.000.000 lire;
  • VII, VIII e IX qualifica, con anzianità di 20 anni: 2.000.000 lire.

Cosa può accadere

Incassato il blocco dell’anzianità, i lavoratori di comparti come Agenzia delle Entrate, Ministeri, Tribunali, Enti locali e non solo non hanno più visto riconosciuti gli emolumenti economici automatici.

Un blocco dello stipendio subito, in attesa della riforma che condurrà, poi, alla privatizzazione dei contratti pubblici. Le maggiorazioni indicate in precedenza non vennero corrisposte, qualora maturate dopo il 1991.

A partire dal 3 febbraio 1993, con il Decreto Legislativo n.29, il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici risulta privatizzato. Ciò vuol dire che la sua regolazione dipende dalle norme del Codice Civile. Una trasformazione considerevole, che conduce ovviamente a un cambio anche per quanto riguarda i ricorsi. Questi passano dalla magistratura amministrativa a quella civile.

La nuova riforma ha offerto a molti dipendenti la chance di ricorrere al giudice ordinario. Riconosciuto il diritto a percepire la maggiorazione della Retribuzione Individuale di Anzianità, anche quando la stessa fosse maturata successivamente all’1° gennaio 1990.

Il numero di ricorsi è stato notevole, come prevedibile, il che ha spinto il Governo a intervenire con la legge finanziaria per l’anno 2001. Escluso di fatto il diritto alla corresponsione della maggiorazione R.I.A., in relazione al triennio 1991-1993. Un diritto riservato unicamente a coloro che vantavano i requisiti necessari entro il 1990.

Una norma unilaterale, a vantaggio esclusivo del Governo. Il tutto è stato però messo in discussione dalla Consulta, che pone l’accento sul principio della irretroattività della legge. Il legislatore, con la norma in questione, ha determinato i giudizi pendenti a favore dello Stato. Ciò al fine di evitare dolorosi esborsi, che avrebbero avuto un impezzo netto sul deficit del bilancio italiano.

Alla luce di tali sviluppi, resta da valutare se ci sia la possibilità di un ricorso al giudice ordinario. Ciò riguarda chi non ha mai aperto un contenzioso. Non è da escludere, però, che la Corte proceda a rimettere in discussione unicamente i ricorsi già avviati in passato, respiti dall’autorità giudiziaria.

Non esiste prescrizione in questi casi e, dunque, chi ha fatto ricorso ormai più di 30 anni fa, potrebbe ricevere una liquidazione fino a un massimo di 30 anni di arretrati. I contributi pensionistici dovrebbero essere allocati nell’anno di competenza e non di cassa. Tutto ciò si traduce in una retribuzione maggiorata, con contributi più alti e, di conseguenza, una pensione più elevata.